Più volte abbiamo scritto che la Grecia non abbandonerà l’eurozona. Certo, ora, dopo il no del referendum ai termini del salvataggio offerto dai creditori è naturale pensare che il divorzio dalla moneta unica sia l’esito più probabile. Tuttavia continuiamo a essere ottimisti (si fa per dire): la Grecia, non uscirà dall’Eurosistema. Riassumiamone i motivi.
1.Il debito della Grecia è legato ai derivati credit default swap (cds) il cui valore è un multiplo di quello del debito assicurato. Nel caso di formalizzazione di default banche e hedge fund dovrebbero liquidare agli assicurati premi di valore pari a questo multiplo. Si osservi che la Grecia è già in default nei confronti del FMI, ma quest’ultimo si è astenuto dal dichiararlo limitandosi, invece, a mettere in mora il paese. Non solo: ha pure affermato di essere pronto ad aiutare il popolo greco. Ora cos’è questa finzione? Quando un paese è in default è in default, punto e basta. Ma la dichiarazione ufficiale di default farebbe scattare il pagamento dei cds innescando in tutto il sistema del credito una reazione nucleare che farebbe saltare i bilanci non solo delle banche europee ma anche di quelle statunitensi. Lo ricordiamo ancora: la crisi del 2008 è stata innescata proprio dai cds. Sono una spada di Damocle su tutto il sistema finanziario che ormai è metastatizzato e nessuno sa come risolvere il problema. In secondo luogo, l’uscita della Grecia avrebbe come conseguenza immediata la definitiva contabilizzazione delle perdite dei creditori principali, FMI, BCE e ESM e l’azzeramento di questi crediti aggraverebbe la crisi di liquidità.
2. Se la Grecia abbandonasse l’euro gli assicurerebbe una vita più lunga rafforzandolo. I mercati, infatti, dopo un breve periodo di perturbazione, con un’eurozona libera da un peso così ingombrante, reagirebbero favorevolmente. I mercati hanno bisogno di certezze e finché il problema greco sarà in ballo resteranno instabili. Tuttavia il governo greco ha più volte affermato di non voler uscire «volontariamente». Allora non rimarrebbe che l’espulsione (una prospettiva ben peggiore per il popolo greco!). Chi si prenderà la responsabilità di espellerli? In questo caso il presidente della BCE Mario Draghi sarebbe il primo a perdere la faccia, lui che ha sempre sostenuto che l’euro è irreversibile e che non esistono piani b. Per Mario l’euro è il Sacro Graal. Come pronunciò solennemente a Helsinki nel novembre del 2014: «L’euro è, e deve essere, irrevocabile in tutti gli stati membri, non perché i Trattati lo dicono, ma perché senza l’euro non può esistere una vera singola moneta». Ora se la moneta europea è irrevocabile e non esistono politiche e procedure legali per uscirne, la Banca centrale non può rifiutare la liquidità alla banca centrale greca che è insolvente. Perché la Banca di Grecia non è un organismo indipendente ma è, secondo il disegno dell’euro «filiale» della BCE. Una moneta unica infatti non ha bisogno di tante banche centrali per ogni singolo stato perché altrimenti sarebbe un sistema di cambi fissi. Negando la liquidità alla Grecia Draghi firmerebbe la sua espulsione dal sistema ma confermerebbe ciò che ha sempre negato e cioè che Eurosistema è un sistema di cambi fissi mascherato da moneta unica dove gli euro in un conto tedesco o italiano non sono gli stessi euro in un conto greco. Sarebbe il preludio al dissolvimento dell’eurozona che ha sempre paventato. Il destino della Grecia è nelle mani di Draghi. Si prenderà la responsabilità di cacciarla, lui il teorico dell’euro? Del resto la BCE sta già stampando 60 trilioni al mese: che differenza farebbe qualche impulso elettronico in più per dare un pugno di milioncini a questo tormentato paese? Se vuole evitare un drammatico rialzo dei rendimenti dovrà aumentare gli acquisti in tutta l’eurozona, Grecia compresa.
3. Infine c’è la questione politica. l’Europa è circondata da un anello di fuoco geopolitico e l’uscita della Grecia dall’euro, o meglio, la sua espulsione significherebbe anche l’uscita da questo anello e quindi dalla NATO e ciò preluderebbe al dissolvimento anche di questo organismo che serve ormai agli Stati Uniti per comminare sanzioni alla Russia. Il problema, alla fine, non è soltanto greco e europeo è anche un problema per gli Stati Uniti. Anzi è un problema mondiale.
Per evitare tutte queste conseguenze il sistema bancario greco deve essere riavviato e per farlo è necessaria una macro delibera della BCE per ricapitalizzarlo. Ora la questione è questa. Il capitale del sistema bancario è la differenza tra le attività e le passività e può essere aumentato o aumentando le prime o diminuendo le seconde. Le attività sono rappresentate dai crediti ai greci e le passività, dai loro depositi. La BCE può lanciare la sagola di salvataggio fornendo liquidità ma non può aumentare le attività in termini reali. L’unico soggetto che può aumentare l’attivo bancario è il governo greco. E potrebbe farlo conferendo i beni dello stato al sistema bancario per collocarli nel mercato attraverso emissioni azionarie. In breve: con una maxi privatizzazione. Ma un governo collettivista non lo farà mai. Allora per aumentare il capitale bancario non rimane che la riduzione delle passività: alla fine si ricapitalizzerà il sistema con prelievi forzosi sui depositi dei greci. E in più si imporanno nuove tasse.
Conclusione: ancora una volta le misure di salvataggio concordate con i creditori serviranno solo a tirare a campare perché l’insolvenza della Grecia è strutturale. Non solo, l’insolvenza è strutturale anche per Portogallo, Spagna, Italia e Francia: ognuno di questi paesi ha debiti insostenibili associati alla mancanza di crescita per finanziarli. Il default greco è dunque l’ouverture di un disastro che si sta svolgendo lentamente sotto i nostri occhi. Si allargherà a tutti i paesi della periferia dell’unione, i quali seguiranno i tre atti della tragedia greca: prima il default, poi lo sforzo disperato di restare nell’euro, infine la presa di coscienza finale dell’irrevocabilità dell’uscita. Non sappiamo quando questo accadrà ma sarà l’occasione per riprendere in mano i propri destini.
L’insolvenza degli stati ultra-indebitati europei è ormai assiomatica.
E’ così, e basta.
Coco ha centrato il punto con la solita chiarezza.
Si è giunti ben oltre il punto di non ritorno, mi pare.
E siccome l’unione europea è un accozzaglia di stati a governo sostanzialmente socialista , non se ne può uscire.
Sono strutturali e ideologiche le ragioni dell’insolvenza.
Sono politiche le cause efficienti dell’insolvenza.
Bce si 60 miliardi o trilioni? (oramai che differenza fa, chi ci fa caso, mille volte miliardi di nulla è sempre nulla)