Sollevare l’obiezione del conflitto d’interessi del ministro di un governo che emette un provvedimento coercitivo per salvare la banca il cui vice presidente è/era il padre di quel ministro vuol dire non aver capito la natura del problema del conflitto d’interessi.
Il conflitto d’interessi rilevante in questo caso (come in quello di qualunque altro provvedimento parlamentare, governativo o più in generale statale) non è quello di una particolare persona, ma a monte quello dell’istituzione e, in ultima istanza, quello del parlamento. Da un lato questo ha infatti il potere di approvare provvedimenti particolari in funzione di obiettivi specifici (p. es. il decreto ‘salvabanche’); dall’altro ha il potere di difendere regole generali di comportamento individuale che dovrebbero valere per tutti allo stesso modo e la cui difesa non avviene in funzione di scopi specifici (p. es. il divieto del furto).
In altri termini, il conflitto d’interessi di quel ministro non è altro che una delle infinite espressioni del conflitto d’interessi del parlamento che, da un lato, detiene il potere politico (che in una società libera non potrebbe esistere) e, dall’altro, detiene il potere legislativo.
Questo conflitto d’interessi strutturale, che i fan della ‘democrazia’ totalitaria non vedono e che è prodotto dalla confusione fra ‘legge’ fiat (il provvedimento particolare) e Legge (la regola generale di comportamento individuale), è quello che rende il potere politico di chi oggi controlla lo stato illimitato: «Quello che è successo con l’apparente vittoria dell’ideale democratico è stato che il potere di scoprire le leggi e il potere approvare provvedimenti particolari sono stati messi nelle mani delle stesse assemblee. L’effetto di questo è stato necessariamente che la maggioranza parlamentare di governo è diventata libera di darsi qualsiasi legge l’aiutasse meglio a raggiungere i particolari scopi del momento. Ma necessariamente ciò ha significato la fine del principio del governo sotto la legge. […] mettere entrambi i poteri nelle mani della stessa assemblea (o delle stesse assemblee) ha significato di fatto il ritorno al governo illimitato». (F.A. von Hayek).
Il problema non è che il governo abbia salvato la banca del padre della Boschi, ma che lo abbia potuto fare legalmente e, a monte, che abbia potuto imporre legalmente il corso forzoso, la banca centrale e il suo monopolio del denaro.
Il salvataggio legale come lo intendono i politici sta nell’ addebitare ai cittadini le truffe e gli errori commessi da chi di dovere posto al controllo della Nazione. Il cittadino é sempre responsabile nelle scelte dei rappresentanti capaci o incapaci, onesti o disonesti, posti alla guida del Paese.