Per il premier turco Ahmet Davutoglu “non ha più senso sedere allo stesso tavolo” con chi insiste per mantenere un “approccio insolente”. E così il Partito filo-curdo democratico dei popoli (Hdp) non sarà incluso tra gli appuntamenti del primo ministro previsti questa settimana con i leader delle principali formazioni politiche, per discutere della riforma costituzionale voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan.
Una decisione, quella del premier, a seguito delle dure critiche portate dall’Hdp ad Ankara, sulla gestione della situazione di emergenza nelle regioni del Sudest, dove sono in corso da settimane scontri tra il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e le forze di sicurezza turche. E proprio mentre il Congresso dei popoli democratici (DTK, definita la piattaforma più ampia della società civile curda e di cui lo stesso Hdp fa parte) lanciava un appello per la formazione di “regioni democratiche autonome” senza escludere la formazione di uno “Stato Curdo” nelle regioni sudorientali della Turchia, a maggioranza curda. Due decisioni che segnano una nuova fase della crisi in atto tra il movimento politico curdo e il governo guidato dal Partito conservatore-islamista della giustizia e dello sviluppo (Akp), dove le conseguenze immaginabili della crisi indicano uno scenario in cui la politica nazionale e internazionale turca risultano – ancora una volta – inevitabilmente intrecciati.
AUTOGOVERNO E SCONTRI SUL FRONTE INTERNO – La pratica dell’ “autogoverno” delle assemblee popolari ha avuto inizio in alcune circoscrizioni sudorientali del Paese come Silopi, Cizre e Nusaybin a partire dall’estate scorsa, con la ripresa degli scontri tra il Pkk e l’esercito turco, dopo la fine del cessate il fuoco durato oltre due anni, seguito al “congelamento” delle trattative di pace tra il movimento politico curdo ed Ankara.
Giovani delle stesse circoscrizioni, membri del Movimento patriota giovanile (Ydg-H, definita quale ala giovanile del Pkk), hanno nel frattempo messo in atto una lotta armata, per protestare gli arresti e le prevaricazioni denunciate dal movimento curdo. In risposta alle barricate e alle trincee scavate dai giovani militanti, le autorità hanno lanciato un’offensiva militare, dichiarando nelle circoscrizioni interessate il coprifuoco per oltre 50 volte.
(Askanews)