di ROMANO BRACALINI
Sono anni che il 25 aprile viene brandito come una clava contro “qualcuno”, ovvero contro il nemico di turno, che fino a ieri era Berlusconi. Resta da vedere contro chi marceranno oggi i manifestanti e con quali insegne. Così che il 25 aprile, che avrebbe dovuto simboleggiare la festa della libertà, è diventata sempre più una festa di parte e un ulteriore motivo di scontro. Guelfi e ghibellini, fascisti e antifascisti, comunisti e democristiani: è lo spirito di divisione che ci portiamo dietro da secoli. Non c’è mai stata una festa condivisa. Ogni regime riforma il calendario. Il fascismo abolì il 1° maggio e proclamò festa nazionale il 21 aprile, Natale di Roma; abolì il XX settembre, festa laica, e la sostituì con la festa religiosa dell’11 febbraio, dopo la Conciliazione tra Stato e Chiesa nel 1929.
Le grandi date, quelle che diventano sangue e carne di una nazione, non si possono imporre per decreto ma si riconoscono dall’emozione e da
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