In molti avete commentato, qui su facebook e in piazza, il nostro aver “personalizzato” il Gonfalone di San Marco. In tanti l’avete chiamato “errore”, recriminando il fatto che avessimo violato un simbolo sacro. Bene: vogliamo raccontarvi la storia del nostro Gonfalone e di quel passamontagna nero.
Era il 1998 ed eravamo in Messico. Non il Messico “ciudadano”, quello delle grandi metropoli. Eravamo nel Messico della Selva Lacandona, quello dimenticato, con la vegetazione a coprire i pensieri e le strade difficili da percorrere, con radici sconosciute che attanagliano i piedi, i pneuamtici, la tua voglia di proseguire il sentiero.
Eravamo lì per realizzare un progetto, grazie all’Associazione Ya Basta e al Comune di Venezia: si trattava di una turbina idrica che avrebbe permesso alla comunità autogestita di La Realidad di avere accesso alla corrente elettrica.
Eravamo in tre, tutti e tre veneziani, in mezzo alla Selva Lacandona, con in mano un modellino sgangherato in cartone della turbina che avremmo costruito e un gonfalone di San Marco. Perché avevamo con noi il Gonfalone? Può sembrare strano ma per noi era – ed è ancora – naturale: perché è comunità che ne aiuta un’altra, perché chi lotta per rivendicare indipendenza e autogoverno non va lasciato solo, perché noi siamo veneziani e ora siamo in Messico e tutto questo non è un caso. Sono mani che si stringono, sono sguardi nella stessa direzione e parole comuni.
Ad un certo punto – noi tre sempre fermi nella selva con modellino e Gonfalone – dal’intrico degli alberi compaiono delle persone e ci vengono incontro: la Comandancia Zapatista de La Realidad: in testa il Subcomandante Marcos. Con passamontagna, ovviamente. Ci guarda – noi tre – indica il Gonfalone e dice “Y esto que es?”, e noi “la bandiera di Venezia, San Marco!”.
Lui, così per scherzo, quasi ridendo, prende un pennarello e comincia a scarabocchiarci sopra, alla nostra bandiera.
“Asì es San Marcos!”. Con qualche riga di pennarello ecco comparire un passamontagna sulla testa del Leone.
Quello scarabocchio fatto nella Selva per noi vale tutto. Ci racconta di cosa vuol dire lottare per difendere un territorio. Ci parla di una terra che rivendica il diritto ad autogovernarsi. Ci descrive l’arco di un ponte: quello che abbiamo costruito noi andando là e quello che, forse più solido, ci hanno aiutato a costruire loro attraverso le loro parole, i loro gesti del vivere comune e i loro insegnamenti.
Quel passamontagna a coprire il volto del Leone è per noi il simbolo di un percorso che significa autonomia, autogoverno, territorio libero e allo stesso tempo accogliente, capace di riconoscere ricchezza nella diversità. E’ per noi il simbolo di chi non vede nel più debole una minaccia ma un alleato, di chi sa bene dove mirare quando rivendica dignità e diritti, di chi non si arrende a vedere la propria terra devastata in cambio di un tozzo di pane. Di chi lotta e gioisce della propria forza, di chi è libero e gioisce della propria libertà.
La bandiera di San Marco non è mai stata codificata. La trovate rappresentata con il leone su fondo bianco, poi blu. Poi il blu la rendeva poco visibile quando veniva issata sulle navi che solcano i nostri mari, si confondeva tra i flutti, e quindi è diventata rossa. La trovate con il Leone che regge una spada, a volte un libro, aperto o chiuso. E’ l’unica bandiera con la parola “Pax”, pace. E’ una bandiera che cambia, che vive e respira di quello di cui la comunità veneziana è composta. La nostra, il nostro San Marcos è Rebelde: libero, accogliente, aperto, antirazzista e antifascista, lotta per difendere il suo territorio; ed è nero.
Tratto da Laboratorioccupato Morion
A mio parere è un gesto sbagliato quello di volersi distinguere utilizzando e alterando l’unico elemento di unione nella fin troppo divisa galassia dell’indipendentismo veneto. Bastano e avanzano le bandiere storiche. Sbagliato poi diffondere una bandiera storica ‘scarabocchiata’ del leone marciano che incute paura in chi la vede, entrando poi in piazza San Marco con fare da estremisti/squadristi/black bloc più da destra-fascista che da sinistra-pacifista (probabilmente c’è sotto una strategia d’azione volta a dissuadere le persone moderate dal partecipare ai raduni indipendentisti). Sbagliato far passare per benevolo un gesto un po’ sprezzante e irriverente compiuto dal subcomandante a cui io mi sarei opposto o offeso per principio.
Viva la Nostra bandiera! di noi Veneti, liberi e Indipendenti!…e Veneti nel mondo, a costruire rapporti e Pace! con entusiasmo la portiamo nel cuore e dovunque andiamo, e per questo siamo benvoluti…
E’ solo in questo stato chiamato Italia che ci dileggiano… per invidia, per timore di perder privilegi… o forse perché, bombardati da falsità, non capiscono!