di PAOLO L. BERNARDINI
- Come quando una garzetta, immobile
- S’alza rapida e in pochi istanti è in volo
- Giunse al mondo la Città più nobile
- Che congiunse le Acque con il Suolo.
- Fu un giorno di Marzo, di Primavera
- Candiano, Faletro, su quel rivo, alto
- Pregarono Iddio, dall’alba alla sera
- Tra il silenzio, la laguna e nient’altro.
- Non case, non vie, ma piatti vascelli
- Costruirono per primi, di certo…
- E fu poi grazie a loro, rapidi, e belli
- Che nacque Venezia sopra un deserto.
- Erede lei fu d’un Impero ormai morto
- Che dominò su quel mare infinito:
- Ma ora nel segno del Cristo risorto
- Ma ora nel nome di un nuovo mito.
- Forse volava, nel cielo, lontano
- Tra aironi e cicogne un’aquila sola:
- La vide distratto, forse, ilCandiano:
- Forse ancor oggi quell’aquila vola.
- Mentre una giovane nuda e veloce
- Usciva dall’acque a cercar riparo
- Là i fiumi gentili cercan la foce
- Poi mille navi la gioia del varo.
- Le stelle eran certo bene disposte
- In quel giorno sacro al Nostro Signore
- E le fondamenta furono poste
- Fu nel breve volgere di poche ore.
- Così fu Venezia, serena e cristiana
- Di marzo come le cose più care
- E già vedeva la gloria lontana:
- Ma fu senza fasti, pompe, fanfare.
- Accesero un fuoco, la notte, a Rialto
- E mille stelle risposero in cielo
- E c’era la terra, le acque, e nient’altro
- E il cielo e le acque fecero un velo.
- E sognarono, io credo, i Fondatori
- Sotto a quell’esile, soffice manto
- Non già i trionfi,e le guerre e poi i tesori
- Ma forse la Pace, e questa soltanto.
- Mentre lontano giocava un leoncino
- Con la sua mamma, un infante gioioso
- Ancora ignorava quel suo destino
- Divenir segno d’un regno glorioso…
- E mentre lontano il corpo d’un Santo
- Ancora giaceva tra indifferenti
- Ancora era polvere, ossa soltanto:
- Diverrà guida per tutte le genti.