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44° segnale della ripresa: aumentano i divari generazionali

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di LUIGI CORTINOVIS

Li ricordate gli slogan dei vari governi che si sono succeduti vero? Tipo: “Penseremo ai giovani e al loro futuro”; “Più soldi in busta paga”; “Far crescere i salari”. Intanto, oggi è complicato trovare un posto di lavoro, nel mentre si aggiungono incentivi economici nelle leggi e aumenta la disoccupazione fra i giovani, che emigrano o smettono di cercare una sistemazione lavorativa.

In un rapporto pubblicato l’anno scorso dalla società di consulenza McKinsey arrivava alla conclusione che “il 65-70% dei nuclei familiari dei Paesi avanzati” tra il 2005 e il 2014 ha visto i propri redditi restare al palo o calare rispetto a quelli delle generazioni precedenti. Se il capofamiglia è under 35 sul conto arriva il 36% in meno. Prima della crisi, nel 2007, quasi il 39% dei nuclei con capofamiglia sotto i 35 anni erano classificati nel 40% della popolazione con i redditi più alti. Ora la percentuale è scesa di sei punti, mentre è aumentata dal 24% a oltre il 29% la percentuale di famiglie di giovani che si piazzano nel 20% degli italiani con gli introiti più bassi. Le cifre? Stando alle ultime rilevazioni, in media le famiglie degli under 35 vedono arrivare sul conto corrente ogni anno poco più di 26mila euro netti, contro gli oltre 35.400 dei 55-64enni: il 36% in meno.

Nel Nord Ovest, dove il terziario è più forte e trovare un posto un po’ più facile, le cifre medie sono maggiori ma il divario risulta ancora più ampio: 30.400 euro per i nuclei dei giovani, 40.300 per quelli dei loro genitori. Il risultato è che nel 2016 più di una famiglia di giovani ogni 10 è finita sotto la linea di povertà assoluta, vale a dire che non poteva permettersi il minimo necessario per una vita dignitosa. Tra gli over 64 la percentuale ha invece conosciuto un calo costante, fino ad attestarsi al 3,9%. Se nulla cambierà il divario, secondo la Fondazione Bruno Visentini, non farà che aumentare: il rapporto “Il divario generazionale tra conflitti e solidarietà” prevede che la forbice si allargherà sempre di più fino a impedire l’emancipazione economica di un’intera generazione dai genitori.

In compenso tra il 2011 e il 2016 aumentati solo i posti malpagati, che per le statistiche però fanno alzare il numero di occupati. Una particolarità italiana, rispetto al resto d’Europa, è che sono aumentati i lavoratori stranieri: su poco meno di 500mila nuovi posti a basso salario creati tra il 2011 e il secondo trimestre 2016, circa 300mila sono stati occupati da persone di origine extra europea e altri 100mila da immigrati arrivati da altri Stati Ue. Ogni commento è superfluo, anche se lo avevamo previsto

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