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7 aziende su 10 chiedono prestiti per pagare le tasse

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sportello-bancario-400x215di ARTURO DOILO

Per onorare gli impegni col fisco, gli imprenditori continuano a bussare allo sportello: cinque aziende su otto chiedono prestiti in banca per pagare le tasse. Secondo un sondaggio del Centro studi di Unimpresa, condotto fra le 122.000 imprese associate sulla base dei dati raccolti al 30 giugno 2014, oltre il 62% delle micro, piccole e medie imprese italiane e’ stato costretto – nel primo semestre di quest’anno – a ricorrere a un finanziamento per onorare le scadenze fiscali, pari a 76.200 pmi associate a Unimpresa (il 62,5% del totale). Oltre all’imposizione tributaria che colpisce gli immobili (Imu e Tasi in particolare), spiega Unimpresa, è l’Irap l’altra tassa che mette in difficoltà gli imprenditori italiani, tenuto conto che l’imposta regionale sulle attività produttive si paga anche quando i bilanci sono in perdite dunque in assenza di utili. Tre, in particolare, i comparti dell’economia del Paese letteralmente “strozzati” dal tributo immobiliare.

Secondo il sondaggio Unimpresa, gli ostacoli maggiori sono stati riscontrati per le categorie che basano più di altre la loro attività imprenditoriale proprio sugli immobili. E dunque si tratta degli operatori turistici (con i proprietari di alberghi in cima alla classifica), delle piccole industrie e delle fabbriche (per i capannoni) e del comparto della grande distribuzione organizzata (per i cosiddetti supermercati). “Tutto ciò genera un triplo effetto negativo sui conti e sulle prospettive di crescita delle aziende” spiega il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Il primo – dice Longobardi – è l’apertura di linee di credito destinate a coprire le imposizioni fiscali invece di nuovi investimenti, il che limita la natura stessa dell’attività di impresa. Il secondo problema sorge, poi, alla chiusura degli esercizi commerciali, quando il valore degli immobili posti a garanzia dei “prestiti fiscali” va decurtato in proporzione al valore dell’ipoteca, con una consequenziale riduzione degli attivi di bilancio. Il terzo “guaio” e’ relativo a eventuali, altri finanziamenti per i quali l’impresa deve affrontare due ordini di problemi: meno garanzie da presentare in banca e un rating piu’ alto che fa inevitabilmente impennare i tassi di interesse”. Secondo Longobardi “questa è la prova che un sistema tributario troppo pesante si accanisce sulle imprese fino a portarle allo sfinimento, se non al fallimento. Attivare linee di credito per pagare le tasse e’ assurdo: vuol dire la fine del sistema economico. Di fatto l’impresa si trova morsa in una tenaglia, con fisco e credito che tagliano le gambe e chiudono le porte del futuro”. 

Sistema tributario troppo pesante? Qualche tempo fa, suscitarono clamore le parole di un tal Pizzetti, già garante della privacy, che affermò che – dopo l’approvazione delle manovre di Tremonti e Monti, quindi parliamo di anni fa – gli “italiani sono dei sudditi non dei liberi cittadini”. Ora, di fronte al 75% di tasse e al fatto che ci si indebita per pagarle la frode fiscale è da considerarsi un dovere morale, soprattutto quando i denari che ci vengono rapinati finiscono col mantenere squadriglie di parassiti e nullafacenti, nonché milioni di “gira-pollici” a tradimento, oltre ad una casta politica di farabutti.

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