Lo scenario è, al momento, paradossale. In Alto Adige viene data luce verde a un referendum per l’autodeterminazione. Gli aventi diritto vanno alle urne. E si esprimono per il ritorno della regione all’Austria. Quali reazioni ci sarebbero, oltreconfine, di fronte a un simile esito? Reazioni favorevolissime, un sonoro «Herzlich willkommen».
È questa la previsione accreditata da un sondaggio reso pubblico ieri a Vienna dal Südtiroler Heimatbund, movimento sudtirolese nato nel 1974 per accompagnare nel loro rientro nella società gli irredentisti finiti in carcere durante l’epoca del terrorismo, e poi trasformatosi in partitino politico, con un chiaro fine. Quello del ritorno dell’Alto Adige all’Austria. Un ritorno che, secondo la ricerca demoscopica commissionata dall’istituto “Spectra” di Linz, sarebbe visto di buon occhio dalla stragrande maggioranza degli austriaci, o meglio da un campione di mille persone rappresentativo della società d’oltralpe.
Campione che si è dimostrato informato (82% del totale) sul fatto che «dopo la Prima guerra mondiale il Sud Tirolo (Alto Adige ndr) è stato annesso all’Italia contro il volere della popolazione», si legge nel documento che riassume i risultati del rilevamento. Una percentuale analoga si è detta anche favorevole all’opzione del «riconoscimento della cittadinanza austriaca per i sudtirolesi nel quadro della doppia nazionalità». Ma a far riflettere sono altre due risposte. Partendo dal presupposto che «in Sud Tirolo viene manifestato costantemente il desiderio di esercitare il diritto all’autodeterminazione», si è chiesto agli intervistati in Austria se sarebbero pro o contro «un referendum attraverso cui il popolo del Sud Tirolo fosse chiamato a decidere rispetto alla propria cittadinanza». L’89% degli intervistati ha risposto di vedere positivamente un’iniziativa in tal senso. Nel 2014, un 72% di italiani (esclusi i residenti in Alto Adige) sentiti sullo stesso tema dall’istituto demoscopico “Demetra” di Mestre, si era espresso a favore del referendum. E sempre l’89% del campione austriaco ha assicurato che approverebbe, nell’eventuale consultazione, un pronunciamento della maggior parte degli altoatesini «a favore di una riunificazione con l‘Austria». Risultati che sono stati accolti con entusiasmo dalla ex “pasionaria” autonomista a riposo, Eva Klotz, che ha affermato che è evidente che «il popolo» austriaco «sostiene l’autodeterminazione» e chiesto «più coraggio» da parte dei politici per organizzare la consultazione. Ma quanto peso dal punto di vista politico può avere un sondaggio del genere? Praticamente zero, quasi fantapolitica, puntualizza il politologo Günther Pallaver, professore all’Università di Innsbruck. «Gli austriaci possono rispondere quello che vogliono» perché l’idea del referendum per il ritorno del Sud Tirolo sotto l’Austria è un’opzione del tutto «ipotetica». L’Austria «da sempre rispetta il trattato internazionale del 1946 tra Gruber e De Gasperi che sancisce che i confini non si toccano». E Vienna, nemmeno negli anni più duri del terrorismo, «ha mai chiesto l’autodeterminazione nel senso di secessione, ma solo e sempre autonomia». E le leadership politiche austriache rimangono «leali al patto sottoscritto».
Pallaver poi ricorda che anche in Italia ci sono stati sondaggi “secessionistici” simili a quelli lanciati dal Südtiroler Heimatbund, come in Veneto. Iniziative che, va sottolineato, proliferano soprattutto in tempi di crisi economica. È interessante, chiosa Pallaver, che «gli argomenti pro-secessione, basati un tempo su motivazioni etniche, oggi si siano fortemente spostati sul fronte economico», sull’immagine dei «sudtirolesi non profughi politici, ma profughi economici».
Di Stefano Giantin – TRATTO DA IL PICCOLO
Scusate, ma proprio un articolo di un giornale da sempre filo-italiota dovevate pubblicare?
Nela ribrica SCELTI PER VOI, segnaliamo articoli di ogni tipo di giornale, soprattutto se trattano argomenti favorevoli alla disgregazione italiana.