La libertà va studiata, prima di praticarla. Uno scontro fra interessi è sempre figlio di un precedente scontro (o dibattito) fra idee. Affinché la libertà vinca, conoscere e studiare è determinante. Ecco, di seguito, alcuni suggerimenti.
“Scienza economica e metodo austriaco”(p. 116, € 10) di Hans-Hermann Hoppe , pubblicato dalla casa editrice San Giorgio
Lo studioso tedesco, allievo di Murray N. Rothbard, affronta in questo breve testo il problema del corretto metodo da utilizzare nello studio dell’economia. Il tema trattato richiede un certo impegno di lettura, che però è reso più facile dall’eccellente lavoro di traduzione svolto da Luigi Pirri. Hoppe difende il metodo aprioristico e deduttivo della Scuola Austriaca dell’Economia, che Ludwig von Mises chiama “prasseologia”, cioè logica dell’azione umana. Secondo gli economisti austriaci, infatti, il metodo induttivo e sperimentale proprio delle scienze fisiche non può essere esteso alle scienze umane, perché gli uomini non sono oggetti inanimati che rispondono in maniera sempre uguale agli eventi esterni, ma essere pensanti che agiscono liberamente.
Non è possibile trattare la società come un grande laboratorio in cui si fanno esperimenti controllati isolando alcune variabili. L’adozione del metodo induttivo sperimentale non porta da nessuna parte; potrebbe anzi condurre a conclusioni fuorvianti. Alcuni economisti seguaci del metodo positivista, ad esempio, sono arrivati ad affermare, sulla base di statistiche più o meno incomplete e male interpretate, che l’aumento del salario minimo legale può far aumentare, e non diminuire, l’occupazione; o che la tassazione di un bene può far crescere la sua domanda. Contro queste aberrazioni Hoppe ricorda che solo il metodo a priori della prasseologia, che parte da assiomi autoevidenti e procede per logiche deduzioni, può offrirci delle conoscenze certe dell’economia, come la legge della domanda e dell’offerta, la legge dell’utilità marginale decrescente, la legge dei vantaggi comparati nel commercio internazionale e così via.
“Cattaneo. Il sogno dell’Italia federale e dell’autonomia dei popoli” (p. 234, € 15,00) di Romano Bracalini, pubblicato dalla casa editrice San Giorgio
Bracalini ha scritto una biografia intellettuale di Carlo Cattaneo che dà spazio non solo agli importanti avvenimenti della sua vita, ma anche alle sue idee. Cattaneo proponeva per l’Italia un modello confederale analogo a quello dell’amata Svizzera, il paese nel quale vivrà in volontario esilio nell’ultima fase della sua vita. Purtroppo in Italia prevalse un’idea opposta di unità, realizzata non con il consenso dei popoli ma imposta con una guerra di conquista, seguita dall’instaurazione del più rigido centralismo. Cattaneo aveva previsto che l’unificazione per via militare avrebbe portato solo disgrazie alla penisola italiana, ma la realtà superò ogni più pessimistica previsione: prima il genocidio delle popolazioni meridionali che si erano rivoltate in massa contro la conquista piemontese, poi l’esplosione della fiscalità, la coscrizione obbligatoria, le continue guerre di aggressione, la diffusione della miseria, l’emigrazione di massa degli italiani all’estero, l’entrata sciagurata in due guerre mondiali.
Se oggi l’Italia non è un paese libero e prospero come la Svizzera, ma uno stato illiberale, burocratico, corrotto e fallito, la causa originaria va individuata nella sconfitta storica delle idee federaliste all’epoca del Risorgimento. Oggi però Carlo Cattaneo si sta prendendo una rivincita perché, come scrive Romano Bracalini, “Cavour, Mazzini, Garibaldi sembrano personaggi lontani, confinati nel loro tempo. La modernità di Carlo Cattaneo, viceversa, non cessa d’essere fonte di ispirazione e di forza ideale. Il suo pensiero è più attuale che mai; e c’è nel pubblico una maggiore richiesta di conoscenza dell’uomo e della sua opera”.
“La Repubblica dei mandarini. Viaggio nell’Italia della burocrazia, delle tasse e delle leggi inutili” (p. 199, € 14,00) di Paolo Bracalini (figlio di Romano Bracalini), pubblicato con l’editore Marsilio, una straordinaria inchiesta sui mali della burocrazia italiana.
L’ampia e raccapricciante casistica raccolta da Paolo Bracalini dimostra che l’Italia è diventata il paradiso dei burocrati e degli statali, e l’inferno dei lavoratori privati. La Repubblica dei mandarini è uno stato fondato, come l’India induista, su una divisione netta tra le caste. Un ceto politico-burocratico parassitario gode di tutele, stipendi e pensioni favolose ottenute estorcendo denaro, con insulti e minacce, al ceto sempre più sfruttato dei produttori privati, costretti al fallimento, al licenziamento, alla disoccupazione, all’emigrazione e al suicidio.
“L’Italia – spiega Paolo Bracalini – non è fallita soltanto perché abbiamo degli imprenditori, soprattutto quelli medio piccoli, che sono degli eroi solo per il fatto di riuscire a far quadrare i conti, avendo un socio occulto e parassitario, lo Stato, che gli inghiotte il 70% di quello che producono. E poi grazie alle famiglie italiane che hanno risparmiato e hanno pochi debiti, cioè hanno gestito i loro soldi bene. Chi invece ha i debiti e ha gestito i propri soldi in modo vergognoso ed è in bancarotta è lo Stato italiano, che ha sempre vissuto sulla pelle di chi lavora, producendo rendite e posti di lavoro parassitari e improduttivi. Ma il sistema non regge più, ora tocca allo Stato pagare, e a noi ricevere il maltolto. Altro che Agenzia delle entrate, in Italia serve l’Agenzia delle uscite: indagini a tappeto e punizioni pesanti per chi ha usato male i soldi pubblici”.
“I tweet dell’evasore” di Leonardo Facco, edito dal Movimento Libertario (p. 96, € 10,00).
Per evitare di rovinarsi il fegato, forse è meglio prenderla sul ridere. E’ questa la filosofia del nuovo libro di Facco.
Ecco alcuni di questi tweet fulminanti: “Meglio un uovo in nero oggi che una gallina tassata domani”; “Se lo Stato è il male, l’evasore è la cura”, “Pensa al tuo futuro e fatti una pensione: non pagare i contributi obbligatori“, ”La civiltà di un popolo è inversamente proporzionale al livello di tassazione”, “Io non ho la verità in tasca, ho solo la libertà in testa”.
Il libro è uscito in una tiratura limitata di cento copie, ognuna delle quali è autografata dall’autore con una dedica diversa. E’ dedicato a Giorgio Fidenato, un combattente indomito, ma pacifico e sorridente, la cui proprietà privata continua a subire attacchi da parte di squadracce violente che devastano le sue coltivazioni con la compiacenza delle autorità.