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Uno “sguardo sociologico” sull’istituzione degli indipendentismi padano/veneti – 2

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L’istituzione degli indipendentismi padano-veneti e lo stato italiano

 

padaniamapNella tabella numero 2 sono stati indicati due contenuti: quello di unità dello Stato italiano e quello di indipendenza dallo Stato italiano. In essa la linea che separa i due discorsi è obliqua. Qui di seguito viene proposta una lettura del grafico.

TABELLA 2

Discorsi sull’indipendenza dallo Stato italiano e sull’unità dello Stato italiano

Unità dello Stato italiano ed indipendenza dallo Stato italiano sono contenuti concettualmente antitetici. Possono dar luogo a discussioni, proposte espresse in modo più o meno articolato ed argomentato, possono diventare esortazioni e definire regole ed ordini. Il grafico esprime la loro irrimediabile incompatibilità: i due concetti sono separati da una linea obliqua.

Tanto i discorsi favorevoli all’indipendenza dallo Stato italiano, quanto quelli favorevoli all’unità dello Stato italiano possono essere discussi, condivisi o non condivisi.

Il concetto di indipendenza richiede che l’area della discussione più l’area della non condivisione sia maggiore rispetto all’area della discussione più quella della condivisione. Ciò dipende dalla natura del discorso indipendentista, che riconosce alla non cooperazione un privilegio morale rispetto alla cooperazione accentrata. In parole più semplici, nel campo indipendentista gli argomenti che possono dividere sono maggiori di quelli che possono unire; fatto concretamente sperimentato da tutti i lettori del Miglioverde.eu.

Al contrario in ogni discorso favorevole all’unità dello Stato l’accordo è posto, per usare una metafora, alle spalle dei soggetti o se si preferisce in uno spazio profondo ed oscuro della mente:  è meno probabile che, nel corso di una discussione, emergano elementi tali da consentire a qualcuno di chiamarsi fuori, di rinunciare al dibattito, di cambiare idea; quindi, in nome dell’unità dello Stato nazione, della sua indissolubilità, è più facile ammettere deroghe ai propri principi di civiltà.

L’indipendentista è più incline, rispetto all’unionista, a trovare molte buone ragioni per non partecipare ad una azione collettiva accentrata, sia che si concretizzi attraverso un’istituzione privata, sia in seno all’istituzione pubblica.

Stato italiano

L’adesione allo Stato italiano, come a qualsiasi istituzione pubblica, è obbligatoria. La non cooperazione equivale all’adozione di un comportamento illegale. Se ci si limitasse a considerare la non cooperazione come una forma di adesione passiva, non si renderebbe conto del fatto che ogni istituzione è una composizione di regole sul come fare una determinata cosa. Rispetto alle prescrizioni, un comportamento può assumere due soli valori: quello della conformità o quello della violazione.

Certamente non tutte le azioni degli individui sono riconducibili a situazioni di cooperazione accentrata ed obbligatoria o di non cooperazione illegale. Esistono ambiti del comportamento non regolati dalla legge che rientrano nello spazio della cooperazione decentrata. Qui l’agente non deve conformare il suo agire a prescrizioni giuridiche ma sceglie ed agisce liberamente.

Si noti che il funzionamento dello stato dipende allo stesso modo dalla cooperazione accentrata e da quella decentrata. Una istituzione pubblica, composta da uffici e gerarchie, non avrebbe alcun senso se le persone fossero private delle relazioni simmetriche che compongono gran parte della loro vita. Da queste dipendono tutte le azioni risultanti da rapporti negoziali dove, tuttavia, lo spazio di libertà concesso ai negoziatori, e quindi anche il loro potere negoziale, è circoscritto dalle norme di legge.

Il caso del referendum sull’indipendenza del Veneto è esemplare perché esprime una contraddizione se la vicenda viene interpretata seguendo ipotetiche ed indimostrabili intenzioni da parte delle istituzioni pubbliche e private; se invece la questione posta dalla deliberazione dell’amministrazione veneta viene letta secondo i criteri dell’individualismo metodologico si noterà con chiarezza che si è di fronte ad un semplice caso di concorrenza tra istituzioni, analoga a quella esaminata nell’esempio della dichiarazione di guerra. Gli individui che hanno deciso di votare con il fine di lasciar esprimere i Veneti in merito alla permanenza della regione nello stato italiano, hanno agito conformemente alle regole di una delle istituzioni di cui fanno parte: l’istituzione degli indipendentismi padano-veneti, che come si vedrà non corrisponde in tutto e per tutto al partito di cui i consiglieri veneti e il governatore fanno parte. Ciascuno di loro occupa un ufficio titolato a produrre atti vincolanti ed obbligatori per tutti gli aderenti all’istituzione stato italiano; nel caso in questione l’obbligo riguarda la modalità di espressione, non l’espressione in se stessa. Quindi, in virtù della procedura che ha concesso loro di risolvere i problemi di azione collettiva mediante accentramento delle decisioni, le persone che si sono espresse favorevolmente hanno disposto che lo stato italiano compia il primo passo nella cooperazione negoziale tra due istituzioni: appunto lo stato e l’istituzione degli indipendentismi padano-veneti. Da questo punto di vista una eventuale decisione contraria da parte dell’Italia si configurerebbe come un atto di non cooperazione.

Osservando le dinamiche dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti si può leggere con più accuratezza il meccanismo avviato da questa decisione.

L’istituzione degli indipendentismi padano-veneti

Prima di proseguire è opportuno spendere qualche parola sul significato del termine istituzione.

E’ possibile considerare la galassia degli indipendentismi padani alla stregua di una istituzione privata (una istituzione composta da associazioni minori). Poiché non si tratta, semplicemente, di utilizzare un termine al posto di un altro,  bisogna chiarire perché l’uso del termine istituzione appare appropriato a descrivere il fatto sociale in oggetto. In particolare si tratta di definire con precisione le norme, le sanzioni formali ed esplicite ed i premi che questa ipotetica istituzione è in grado realizzare.

Vale la pena ricordare che le istituzioni private possono essere più o meno tolleranti, più o meno rigorose e vincolanti le norme che emanano, più o meno importanti i premi distribuiti. Ogni Chiesa è una istituzione molto estesa, accogliente e piuttosto tollerante vero i suoi membri; non c’è persona al mondo a cui sia vietata la partecipazione alle importantissime riunioni rituali, durante le quali viene donato un premio che agli occhi di ogni credente assume un grandissimo valore: l’emblema del corpo di Cristo. Il sindacato è una istituzione che in Italia prende forma in tre o quattro grandi organizzazioni ed in numerose altre organizzazioni minori. Gli aderenti sono chiamati a pagare la quota di iscrizione e possono, volendo, criticare anche aspramente l’organizzazione di cui sono parte senza incorrere in sanzioni.

In sociologia si distinguono le istituzioni dalle organizzazioni; queste ultime sono definite come casi specifici di tipi generali, dove i tipi generali sono appunto le istituzioni. I singoli mercati sono specifiche organizzazioni dell’istituzione del libero mercato.

Tra i tanti gruppi sociali che si formano, che nascono e muoiono, le istituzioni si distinguono per la loro durata. Sono in genere costituite da uffici che ne garantiscono la permanenza nel corso delle generazioni; quando, per vari motivi, una persona lascia un ufficio questo viene occupato da un nuovo individuo. L’occupazione di un ufficio equivale alla concessione di un titolo ad esercitare una determinata funzione in seno all’organizzazione. Il titolo, quindi, viene riconosciuto, attraverso diverse procedure, all’ufficio e non alla persona.

C’è una parte d’Europa in cui vige una regola fondamentale: pur non essendo obbligatorio esserne membri, per poter partecipare di un certo gruppo sociale bisogna dichiarare pubblicamente di orientare le proprie azioni politiche verso l’orizzonte dell’indipendenza dallo stato italiano. Se vero che il gruppo sociale in questione include tutti coloro che desiderano l’indipendenza della Padania o di una parte di essa, è altrettanto chiaro che per potere essere riconosciuti come membri è indispensabile, perlomeno, dichiarare pubblicamente la propria simpatia per l’orizzonte dell’indipendenza dall’Italia. Per poter essere parte di questo gruppo sociale si possono far tante cose diverse; ognuna di queste azioni deve essere riconoscibile come orientata verso il suddetto scopo. Importanti e decisive le parole che precisano i comportamenti prescritti dalla norma: orientare, dichiarare pubblicamente, orizzonte, indipendenza. La regola non dice nulla relativamente ai risultati ottenuti e concede ampie opportunità rispetto alle modalità di partecipazione ed alle tecniche ritenute più idonee al raggiungimento dello scopo: si può essere, come nel caso di ogni Chiesa, più o meno integralisti, più o meno di sinistra o di destra, più o meno peccatori etc. L’indipendenza di una delle regioni padane o di tutte insieme è un premio secolare e, tutto sommato, di ben piccola portata rispetto a quello cosmico offerto dalle religioni.

Le organizzazioni che operano con il fine di procurare l’indipendenza dallo stato italiano al territorio padano o ad una parte di esso sono numerose.

Si potrebbe obiettare che ciò che si è ipotizzato essere una istituzione non riesce in realtà ad esprimere una gerarchia operante attraverso uffici, capace di distribuire premi e sanzioni. Obiezione valida se si intende attribuire agli indipendentismi padani il carattere di organizzazione. Ma si è visto che il termine istituzione indica un tipo generale di una specifica organizzazione. Il vero argomento di discussione è se l’operatività delle regole definisca una norma sociale o una istituzione sociale.

Una attenta osservazione consente di rilevare la presenza di una regola relativa al rapporto che ogni persona deve dichiarare di avere con lo stato italiano se vuole essere, almeno nel gruppo sociale di cui stiamo parlando, apprezzata o biasimata. Ciò significa che vige una norma sociale favorevole all’indipendentismo.

Ma l’ipotesi dell’istituzionalizzazione degli indipendentismi padano-veneti fa riferimento ad un crescente complesso di ruoli riconosciuti e dotati di potere nell’ambito di questo diffuso e sentito bisogno di indipendenza dall’Italia. Se un’istituzione c’è se ne avverte l’effetto nella vita sociale. La realizzazione di un crescente numero di iniziative legate allo stesso scopo è conseguente all’efficacia di una istituzione, che forma le organizzazioni sociali e ne delinea i comportamenti sanzionabili e quelli da premiare.

Penso si possa ormai affermare che entro i limiti propri di una istituzione privata, nel nord Italia si è sviluppato un sistema formale ed esplicito di premi e punizioni che, rispetto alle generiche regole sopra indicate, risulta abbastanza efficace. Tale sistema non può certo vantare una struttura gerarchica che attribuisce ad ogni ufficio un compito specifico. In quanto sistema emergente esso tende ad edificare, più che veri e propri uffici dotati di competenze definite, ruoli che conquistano i titoli validi, perché riconosciuti nel mondo degli indipendentismi padani, alla distribuzione di premi e punizioni, fino all’esclusione dall’area dell’indipendentismo. L’istituzione degli indipendentismi padano-veneti da luogo a diverse organizzazioni partitiche, a diverse iniziative politiche, così come l’istituzione del sindacato dei lavoratori ha prodotto in Italia numerose e diverse sigle sindacali.

Cooperazione non vuol dire, necessariamente, coordinamento. Il fatto che nel mondo padano-veneto l’accentramento delle decisioni costituisca un’eccezione alla regola della cooperazione decentrata  tra organizzazioni più o meno grandi, non rappresenta un argomento a sostegno di chi, in realtà, rifiuta di considerare gli indipendentismi padani come vincolati agli effetti di un ampia attività negoziale inter-associativa. Semmai è solo la prova che nell’attività dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti l’area della cooperazione decentrata non può che essere, dati i concetti espressi nel discorso che sostiene l’istituzione medesima, molto più estesa di quella occupata dalla cooperazione accentrata.

Dinamiche nell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti

Le istituzioni pubbliche, intervenendo nelle trattative, hanno la possibilità di mutare i rapporti di forza tra i negoziatori. Caso esemplare è il rapporto tra le organizzazioni degli industriali e dei lavoratori. Una norma che detta i limiti del diritto allo sciopero concede una forza contrattuale maggiore agli industriali; la legge contro i licenziamenti individuali senza giusta causa facilita il reclutamento di militanti nei sindacati dei lavoratori.

Nell’interazione negoziale tra le organizzazioni degli indipendentismi padano-veneti questo elemento perturbante si manifesta attraverso le opportunità di accesso nelle istituzioni pubbliche che la Lega Nord può vantare rispetto ad altre organizzazioni. Questo fatto, rispetto alle dinamiche  dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti offre alla Lega Nord un ruolo specifico e privilegiato. La Lega Nord può vantare, relativamente alla messa in cantiere di azioni politiche orientate all’indipendenza di una qualsiasi regione o area padana e italiana, una posizione che nessun altra organizzazione è oggi in grado di avvicinare.

Per quanto le organizzazioni minori o gli indipendentisti più radicali possano giudicare negativamente l’operato ventennale della Lega Nord (e in linea di massima si può dire che abbiano buone ragioni per farlo), essi fanno parte in misura più o meno partecipe di una istituzione nella quale l’odiato partito occupa una competenza di rilievo relativamente alle opportunità offerte alla lotta democratica per l’indipendenza nell’area padano-veneta.

Solamente un movimento rivoluzionario seriamente determinato a raggiungere mediante l’uso della violenza e del terrore il proprio obiettivo può  essere considerato, forse, estraneo ed escluso dall’istituzione degli indipendentismi padano-veneti. Si deve mantenere il beneficio del dubbio perché nella realtà anche l’uso della violenza entra nel gioco della cooperazione decentrata tra soggetti collettivi ed individuali, facendo pendere la bilancia da una o dall’altra parte in funzione delle norme superiori che vincolano le azioni che i soggetti della negoziazione possono intraprendere.

Riducendo la lotta indipendentista ad una azione partitica che, in quanto tale, non può che svolgersi esclusivamente nel quadro delle istituzioni dello stato italiano, non si può che immaginare, giustamente, nell’unità del partito il mezzo indispensabile al successo della lotta. Trent’anni quasi di Lega Nord dovrebbero aver suggerito anche ai più attenti osservatori ed analisti che l’emersione di un partito egemone nel mondo indipendentista non incrementa necessariamente le opportunità di successo. Solo nel momento in cui l’indipendentismo padano-veneto assume caratteristiche istituzionali (la tesi qui esposta è che questa dimensione sia già da tempo raggiunta), le cui conseguenze sono una combinazione di fatto di cooperazione accentrata ma informale e cooperazione decentrata; solo in quel momento il rapporto con l’istituzione pubblica nella quale l’istituzione privata opera si può evolvere nella direzione del negoziato, ovvero del rapporto simmetrico tra soggetti diversi che competono e cooperano.

Regno Unito, Ucraina, Italia.

Si può a questo punto approfondire il problema della competizione tra istituzioni indipendentiste e stato per come si è andato sviluppando in Europa.

L’attuale rapporto tra Regno Unito e Scozia è stato segnato dall’esito del recente referendum. Il risultato favorevole al Regno Unito sembrerebbe far pendere la bilancia dei rapporti di forza tra i due territori dalla parte di Londra.

La vicenda ha, nel senso comune, confermato l’unità dello stato britannico. Il valore del referendum era conseguenza delle prerogative di obbligatorietà tipiche di ogni istituzione pubblica.  Questo vantaggio è stato utilizzato, quindi, per compiere un passo che avrebbe potuto far venire meno la suddetta prerogativa. E’ opportuno che si focalizzi l’attenzione sul fatto che a quel primo passo ne sono seguiti e ne seguiranno altri. Ognuno di questi passi segna un percorso dove le norme giuridiche che dispongono un tavolo negoziale tra la Scozia e la Gran Bretagna, sono il risultato di una iniziativa che presupponeva un rapporto tipicamente federale tra soggetti in relazione simmetrica.

D’altro canto, riconoscendo ed organizzando la consultazione, il Regno Unito concedeva  l’opportunità di superare un problema di azione collettiva in una parte del territorio, riconoscendo la proposta di accentramento obbligatorio delle azioni promossa dall’istituzione privata indipendentista scozzese. L’eventuale vittoria dei si nel referendum non avrebbe semplicemente esteso le autonomie della Scozia, ma avrebbe amplificato la portata  dell’indipendentismo scozzese che da istituzione privata si sarebbe trasformata in istituzione pubblica; o, il che è lo stesso, avrebbe costretto l’istituzione britannica ad accettare l’obbligatorietà dell’istituzione indipendentista scozzese. E’ importante distinguere, cioè, la Scozia dall’istituzione dell’indipendentismo scozzese, anche se è probabile che, rispetto ai rapporti di forza reali tra Scozia e Regno Unito, l’incidenza dell’esito del referendum sia minore di quanto ci si immagini.

Anche in Ucraina si stanno affrontando problemi analoghi, con esiti tragicamente diversi. Lo sviluppo delle relazioni tra l’istituzione pubblica e quella privata è stato in questo caso interrotta dalla defezione dell’Ucraina, poiché dalla parte delle autoproclamate repubbliche dell’est è da sempre confermata la richiesta di un rapporto negoziale con l’autoproclamata e internazionalmente riconosciuta repubblica dell’Ucraina. Le persone titolate a prendere decisioni vincolanti per ogni individuo presente entro i confini del territorio soggetto alla giurisdizione ucraina non hanno risposto alle proposte di cooperazione degli indipendentisti dell’est. Essendo l’oggetto della trattativa, come in Scozia, l’obbligatorietà delle norme che regolano le istituzioni, la rinuncia ha determinato una situazione di non cooperazione e, perciò, svincolato tutti i soggetti interessati dal rispetto di norme sociali elementari e basilari, ovvero ha costretto i soggetti in campo a misurarsi sul piano della capacità concreta di terrorizzare, uccidere e convincere all’obbedienza mediante discorsi che progressivamente si sono limitati all’esortazione identitaria ed all’ordine militare.

Italia

In Italia si è compiuto un passo analogo a quello fatto in Ucraina. La richiesta di poter misurare i rapporti di forza tra l’istituzione pubblica italiana e quella degli indipendentismi padano-veneti mediante una consultazione organizzata dall’unico soggetto titolato ad attribuire un valore obbligatorio e vincolante per tutti i cittadini, ha provocato la defezione da parte del medesimo soggetto: lo stato italiano. Esso, per il momento, ha deciso di rinunciare alla competizione retorica. Più precisamente la titolare della decisione vincolante ha demandato alla magistratura il compito di valutare la costituzionalità della consultazione

Non è difficile rilevare che la pronuncia degli individui che occupano gli uffici della magistratura riguarda la natura del rapporto tra istituzione italiana ed istituzione degli indipendentismi padano-veneti. La sentenza definisce perciò il ruolo della forza, della capacità di terrorizzare uccidendo individui, nel rapporto negoziale tra le due istituzioni in competizione. Detto in altri termini stabilisce se la richiesta da parte dell’istituzione privata degli indipendentismi padano-veneti di cooperare compiendo un passo decisivo volto ad escludere l’uso del terrore immediato della morte quale risorsa valida, sia conforme alla natura dell’istituzione pubblica italiana. Un dilemma importante che tanto in Ucraina che in Gran Bretagna è stato risolto in poco tempo ed ha prodotto risposte diametralmente opposte.

Le risorse nella negoziazione tra l’istituzione degli indipendentismi padano-veneti e lo stato italiano

La dinamica negoziale tra due soggetti collettivi è complicata dalle procedure decisionali di ogni organizzazione: gli individui chiamati a decidere i passi da compiere devono rispondere delle proprie scelte all’istituzione oltre che a se stessi. Le persone che trattano per conto di una istituzione sono tenuti ad agire coerentemente al ruolo che occupano ed alle aspettative generali che l’occupazione di quel ruolo implica. In altre parole chi occupa un ruolo istituzionale, si tratti di una istituzione privata o di una pubblica, non può agire “di testa propria”; più precisamente,  conservando il linguaggio proprio dell’individualismo metodologico, la “testa propria” sarà portata a compiere scelte motivate dal ruolo assunto e dalle convinzioni individuali, fermo restando che le due possono anche coincidere.

Non è il caso di chi ha scelto di concedere ai Veneti l’opportunità di scegliere se restare nello stato italiano. Qui le motivazioni rispondono da una parte alla volontà di continuare ad  esercitare un ruolo di rilievo nell’istituzione italiana, dall’altra di appartenere all’istituzione degli indipendentismi padano-veneti. Dal punto di vista delle risorse negoziali, la scelta presa dai consiglieri regionali veneti e dal governatore Zaia indica, evidentemente, una preferenza. E’ possibile, ma non lo si può sapere con certezza, che la preferenza sia costruita intorno a credenze di notevole spessore intellettuale e civile; addirittura, come si può evincere dalla comparazione tra la dinamica ucraina e quella britannica, da orientamenti filosofici determinanti nel progresso delle umane sorti. Questo fatto rappresenta, nella bilancia dei rapporti di forza tra istituzioni dell’indipendentismo padano-veneto e lo stato italiano, un peso a favore del primo. Al contrario, nel campo opposto non si può immaginare altra forza motivazionale che una generica fedeltà allo stato italiano, sulla quale pesa sempre il sospetto di riconoscenza calcolata verso l’istituzione che offre le migliori opportunità economiche e di status.

Se dal punto di vista motivazionale dei dirigenti l’istituzione degli indipendentismi padano-veneti appare favorita, è chiaro che lo stato italiano possiede due risorse altrettanto importanti. Il rifiuto di cooperare offre all’istituzione pubblica la possibilità concreta di recuperare ordine sociale terrorizzando le persone mediante l’uso della forza militare. Procurare scompiglio nel campo avversario è una risorsa negoziale e, sostanzialmente, ogni trattativa è una lunga e puntuale catena   di ricatti. Oltrepassato un certo punto della sequenza, non facile da individuare, l’improbabilità di una soluzione positiva aumenta ad ogni passo compiuto da ognuno dei soggetti coinvolti nella trattativa, soprattutto se la negoziazione coinvolge istituzioni dotate di risorse diverse ed incomparabili: è ciò che è avvenuto in Ucraina.

E’ probabile che lo stato italiano valuti il decentramento delle decisioni tipico dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti una risorsa a proprio favore e stimi la partecipazione popolare rarefatta e poco incisiva. Una stima viziata dal fatto che fino a qualche anno fa le più importanti organizzazioni dell’istituzione degli indipendentisti padano-veneti non erano state costrette a spendere importanti risorse in credibilità. Oggi la situazione è diversa ed il rischio di “perdere la faccia” maggiore.

Infine bisogna considerare, pur sapendo che la presente disamina è ricca di lacune e, forse, merita approfondimenti, lo scorrere del tempo quale fondamentale risorsa nel teatro negoziale. Inutile evidenziare che lo scorrere del tempo è un vantaggio per lo stato italiano, che dispone di risorse di riserva importanti. Il capitale economico, la rigidità dell’organizzazione, le opportunità di successo politico e personale negate dall’istituzione degli indipendentismi padano-veneti, la distribuzione di premi in forma di uffici e potere consentono allo stato italiano di affrontare lo scorrere del tempo in modo più agevole.

La Lega Nord e l’indipendentismo

L’autonomia ed il decentramento tipici dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti appaiono risorse negative solamente se riferite all’obiettivo di incrementare la forza della Lega Nord. Tale obiettivo equivale ad un ridimensionamento dell’istituzione, alla sua riduzione ad una organizzazione partitica che esercita nelle istituzioni italiane il suo potere di rappresentanza. E’ difficile immaginare che un’area europea come la Padania, un gigante nel campo degli indipendentismi europei, possa essere impoverito fino alla misura del partito politico. La Lega Nord è una organizzazione indispensabile nella misura in cui è parte di una istituzione più estesa, ricca e rappresentativa di un vivo desiderio e di un modo di esprimerlo e di realizzarlo. Bisogna ricordare che il desiderio di indipendenza della Padania o di una delle regione padane non comporta l’immediato e radicale coinvolgimento di tutta la popolazione che nutre il medesimo desiderio. L’intensità con cui questo si esprime è diversa ed il partito della Lega Nord ottiene i voti di coloro i quali gli attribuiscono, nella scala delle preferenze, un certo valore, evidentemente inferiore rispetto ad altri. La Lega Nord è un partito, mi si passi il termine desueto, borghese, anzi piccolo borghese. Le persone che appartengono a questo strato sociale hanno anche molto da perdere dalla lotta contro lo stato italiano, se questa prende la forma del conflitto, della non cooperazione. Il fatto che la Lega Nord continui a rappresentare, nella informale scala gerarchica dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti, l’ufficio più importante, dipende sia dalla configurazione del partito che dai suoi dirigenti, che conoscono la base sociale che offre i voti che la Lega, fino ad ora, può vantare. La Lega Nord non possiede quelle risorse motivazionali che possono manifestare i più piccoli movimenti indipendentisti veneti; risorse che, nella trattativa con lo stato italiano, aggiungono al piatto indipendentista un peso determinante e, perfino, la possibilità di identificare nell’indipendenza di tutta la Padania un traguardo raggiungibile.

La Lega Nord fa parte dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti. Il funzionamento dell’istituzione è dato dalla cooperazione formalmente decentrata dei suoi uffici, ovvero delle sue organizzazioni. Mi si permetterà di ricordare che ebbi modo di rilevare, quando la Lega contava meno del 4% dei consensi, che sarebbe presto cresciuta. Oggi si può dire che la Lega Nord sarà presto chiamata ad affrontare una crisi che potrebbe decimarne in breve periodo i consensi o determinarne definitivamente il ruolo di protagonista dell’indipendenza del Veneto e, poi, dell’intera Padania. Perché riconoscere che tra le persone che votano la Lega Nord sono poche quelle disposte a perdere molto nella lotta contro lo stato italiano, non significa escludere che le medesime persone non abbiano bisogno di continuare ad immaginare che l’indipendenza è un traguardo raggiungibile se non a brevissimo, almeno a breve termine. E’ molto probabile che una definitiva rinuncia della Lega Nord al traguardo dell’indipendenza della Padania o di una delle regioni padane (che verrebbero poi trascinate dal Veneto), comporti una decimazione dei suoi consensi, non recuperabili dalle altri organizzazioni indipendentiste. Viceversa la celebrazione del referendum veneto esprimerebbe, indipendentemente dai risultati, il buon funzionamento dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti e, contemporaneamente, dello stato italiano, in una dinamica competitiva utile al progresso civile dell’Europa.

Non è facile immaginare l’esito di una eventuale fine della forza politica che attualmente la Lega Nord continua ad esprimere. Ciò che si può dire è che l’istituzione degli indipendentismi padani ne risulterebbe destabilizzata. Poiché è probabile che il timore della sconfitta, della dissoluzione del partito, induca i dirigenti della Lega Nord a non rinunciare ai prossimi passi verso l’indipendenza del Veneto, e poiché lo stato italiano, di par suo dovrà utilizzare risorse che possono incutere timore e, contemporaneamente, indignazione, risentimento e odio, è possibile sin d’ora stimare l’eventuale destabilizzazione dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti, qualora in un secondo momento la Lega rinunciasse alla battaglia, un fatto potenzialmente destabilizzante anche per lo stato italiano.

(2 . fine)

 

 

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