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La lotta per l’indipendenza: carta, web, piazza. e sacrificio

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di ALESSANDRO MORANDINI

Spain Catalonia IndependenceL’istituzione degli indipendentismi padano-veneti offre allo sguardo impaziente del navigatore un numero interessante di siti, perlopiù veneti. Per quanto ne so io, ma ammetto di non aver condotto alcuna ricerca in proposito, l’universo cartaceo non presenta analoga quantità e variabilità, almeno nell’ambito delle riviste periodiche, più costose e meno pratiche. Al contrario la produzione libraria già da anni contribuisce in misura più che sufficiente al consolidamento dell’istituzione. Ho introdotto questo articolo con un accenno ai media dove prevale la parola scritta, quindi il discorso,  per criticare un atteggiamento; la cui diffusione riduce la portata delle ambizioni degli indipendentismi padano-veneti, nel senso della riduzione della comprensione delle opportunità che l’istituzione può, in quanto tale, realizzare. Cerco di spiegarmi meglio.

Anche se si tende a pensare il contrario, sappiamo che il web non è un veicolo adeguato alla produzione di azioni collettive che possano produrre immediate conseguenze politiche. La concretizzazione delle tanto celebrate primavere, dei sit-in di protesta, delle manifestazioni di piazza, salvo rarissime e particolari occasioni, non è mai stata resa possibile dalla comunicazione via web. Certo, tutto il sistema della rete rende più veloce lo scambio dei messaggi; ma dalle parole digitate su una tastiera, dai post su facebook, dai messaggini sul cellulare, dai plebisciti digitali, alle persone che spendono e rischiano risorse sociali ed economiche per importanti battaglie politiche e civili (e la battaglia indipendentista è, tra tutte queste, la più importante del XXI secolo) il passo è lungo, anzi c’è di mezzo il mare. Il mare è quello dell’organizzazione, almeno di un minimo di organizzazione. Il semplice suono di questa parola fomenta sospetti nel nobile animo di tanti sinceri libertari, di tanti amici libertini e di non pochi indipendentisti (tre categorie di persone che possono anche lavorare molto bene insieme). Penso si tratti di una reazione dettata dalla nostra più grande sciagura, quella di essere nati nel posto giusto, la Padania, al momento sbagliato, dopo l’unità d’Italia. E’ normale che il termine organizzazione in Italia suoni male, evochi scenari soffocanti, repressivi; ma la nostra esperienza nell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti è lì a ricordarci il contrario, cioè che ci possono essere organizzazioni leggere e spesso anche efficienti.

Si è visto che il tratto qualificante dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti è quello di essere relativamente caotica, quantomeno formalmente poco gerarchizzata. Forse questo è uno dei motivi per i quali ancora oggi un solo partito politico, la Lega Nord, continua ad avere una specie di esclusiva sul messaggio indipendentista, spesso banalizzandolo, impoverendolo o in qualche caso ridicolizzandolo (ma capita un po’ a tutti i popoli); ma comunque rappresentandolo ampiamente nelle istituzioni dello stato italiano. Non è detto che le cose vadano ancora a lungo in questo modo. Benché i sondaggi registrino una crescita costante della Lega Nord, bisogna mettere in conto, già da ora, l’effetto che lo scioglimento di alcune importanti ambiguità avrà sul partito fondato da Umberto Bossi; chiarimento reso necessario dall’agenda politica e, come ebbi occasione di scrivere il giorno dopo l’operazione plebiscito veneto messa in atto da Busato, dal fatto che tutte le iniziative venete, indipendentemente dal loro valore particolare, hanno portato in quella regione (e conseguentemente in tutta la Padania) l’istituzione degli indipendentismi padano-veneti ad un punto di non ritorno.  A rischiare, oggi, non è l’istituzione in quanto tale; sono gli “uffici”, i ruoli che nel corso del tempo sono andati consolidandosi. E con essi la composita classe dirigente che occupa quei ruoli di riferimento per il mondo indipendentista.

Qualora i dirigenti leghisti, per esempio, scegliessero di attenuare lo scontro con lo stato italiano trasformando la natura stessa della Lega Nord, potrebbero trovare un’ancora di salvezza nella nazionalismo italiano di destra (cedimento piuttosto frequente), ma il partito perderebbe la sua identità e con essa il sostegno, la simpatia ed il voto potenziale di chi desidera in cuor suo l’indipendenza dall’Italia. Stiamo parlando di milioni di persone, alle quali non sfuggono le tensioni indipendentiste europee. Milioni di persone che più di altre patiscono gli effetti dell’impoverimento diffuso.

Ed ecco il perché è importante che noi, qui nel Miglioverde.eu, iniziamo a riflettere di media e di organizzazione senza lasciarci trasportare da facili sconforti.

Guardiamo al Veneto e vediamo che le cose non stanno, sotto nessun punto di vista, come in Catalogna. Pensiamo alla Lombardia e ci sembra lontana secoli dalla Scozia. Consideriamo la Padania e temiamo di aver perso trent’anni. Per non dire di Piemonte, Emilia, Friuli. Paragonarci con altre realtà europee non è di per se stesso un esercizio inutile. Però non ci si può limitare a questo. Stiamo parlando di secessioni dallo stato-nazione, obiettivi che, quando vengono seriamente messi in atto, recuperano risorse non rilevabili dalle banali indagini statistiche. Perché altra cosa è essere astrattamente a favore o d’accordo con l’indipendentismo padano-veneto, altra cosa è veder arrestate persone oneste per la loro idea, veder chiuse fabbriche per l’ostinazione del potere statale, veder umiliate famiglie per bene in nome dell’unità d’Italia, vedere giovani e meno giovani malmenati dalla polizia a causa di una bandiera che in Veneto è amata solo da chi ottiene da essa potere e prestigio. Mi concedo enfasi retorica per sottolineare il fatto che la guerra tra l’istituzione degli indipendentismi padano-veneti e lo stato italiano non può essere, almeno da noi che lo sappiamo, valutata con il metro dei denari esborsati dalla collettività per un referendum ancora in alto mare, o giudicando le approssimazioni e superficialità di un plebiscito virtuale. Bisogna cioè pensare al fatto che le circostanze cambiano i comportamenti.

E quindi ritorno, per finire, da dove ho iniziato: il web, la carta e l’organizzazione. Scordiamoci di combattere la nostra battaglia seduti di fronte ad una tastiera. Questo è solo uno strumento di comunicazione. Il variegato, policentrico, confuso mondo degli indipendentismi padano-veneti ha una sua dimensione istituzionale. Si deve prendere in considerazione questa capacità, nel senso di contenitore, se si desiderano utilizzare tutte le opportunità della lotta politica. Se già troviamo nella carta dei libri scritti una materia più solida dell’evanescenza del web, se già recuperiamo nella carta dei libri scritti quella concretezza che ci sfugge dagli schermi, se già le idee hanno fatto presa sulla nostra sensibilità, dobbiamo solo concederci il lusso di organizzarci bene, pretendere questo lavoro da chi lo sa fare bene. Leggere, comunicare e combattere. Carta, computer e piazza.

Pretendiamo dai nostri leader veneti che si mettano abilmente d’accordo negoziando, trattando, discutendo per venirne sempre a una, non per non concludere mai nulla! Pretendiamo di avere la vera forza di un popolo, la forza dei guerrieri di un popolo! Pretendiamo dai nostri leader veneti che dimostrino, con le loro decisioni e la loro capacità di cooperare, di non essere italiani!

Oggi non possiamo sapere con precisione quali saranno le prossime decisive scelte del partito più importante dell’istituzione degli indipendentismi padano-veneti; oggi non sappiamo se la Lega Nord rinuncerà definitivamente alla lotta contro lo stato italiano o avrà il coraggio di avviare la più gloriosa stagione europea dell’indipendentismo, certamente paragonabile a quella scozzese, anzi potenzialmente più importante e per questo esemplare. Oggi però già sappiamo che in ogni caso la lotta, Lega o non Lega, dipenderà dalla nostra determinazione, dalla nostra buona organizzazione, dalla nostra intelligenza, dalla nostra disponibilità a compiere importanti sacrifici.

 

 

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