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Nella giornata di oggi il numero complessivo dei votanti alla consultazione alternativa svoltasi ieri in Catalogna è stato aggiornato a 2.305.000 contro i due milioni e mezzo che era stato stimato ieri sera. Il doppio “sì” – la Catalogna deve essere uno stato e anche indipendente – ha raggiunto l’81% dei voti espressi. Il 10,11% dei votanti si è detto favorevole invece a che la Catalogna sia uno stato ma non indipendente. Il 4,55% si è invece espresso per il no alla trasformazione della Catalogna in uno stato.
“Stiamo entrando in un’altra dimensione.” Migliaia di persone oggi sono mobilitate in Catalogna per consentire un processo di partecipazione senza precedenti e destinato a influire sul futuro politico della Catalogna. “Un grande giorno per la democrazia” dice orgoglioso il presidente catalano Artur Mas. Un totale di 6.695 tavoli elettorali disseminati in 1.317 seggi di partecipazione locale in 942 dei 947 comuni della Catalogna, 40.930 volontari, centinaia di osservatori internazionali, più di 600 giornalisti accreditati di cui un centinaio dei media stranieri dall’Iran fino agli Stati Uniti, ma nel silenzio quasi perfetto dei media italiani. Un processo partecipativo che segnerà un punto di svolta nella mobilitazione della società catalana e che apre nuovi scenari politici per il futuro. Fin dal mattino si sono formate code chilometriche ai seggi. E alle 13 è stato comunicato che avevano votato 1.142.910 persone sui poco più di 5 milioni aventi diritto. Invece alle 18, a due ore dalla chiusura delle urne, avrebbero votato quasi 2 milioni di cittadini.
Due i quesiti sulla scheda elettorale: “Vuoi che la Catalogna sia uno Stato? Se sì, vuoi che questo stato sia indipendente?”. Dopo le sentenze della Corte costituzionale, pressate dal governo di Madrid sempre più sotto assedio anche per gli episodi di corruzione, quello di oggi è processo partecipativo senza notifica ufficiale o atti amministrativi, senza effetto giuridico ed eseguito da volontari. Verrà eseguito sotto la spada di Damocle della sospensione preventiva emessa dalla Corte costituzionale e il procedimento aperto dalla Procura della Corte di Giustizia della Catalogna. La polizia catalana per ora ha ordinato di riferire sulla partecipazione locale e identificare le persone responsabili delle unità formate dai volontari. Questa azione è conseguente alle denunce presentate in tribunale da parte di gruppi che si oppongono alla consultazione, a partire dalla Società civile catalana, denunce depositate ieri pomeriggio. Altri enti seguiranno lo stesso percorso di oggi.
Con il dialogo politico fermo in un vicolo cieco, Artur Mas e Mariano Rajoy hanno combattuto per mesi la loro battaglia particolare. Dopo le elezioni anticipate del 2012, Artur Mas ha legato il suo progetto politico per lo svolgimento di un referendum per l’indipendenza della Catalogna. Tuttavia il percorso per indire un referendum vincolante è stato respinto nel mese di aprile al Congresso di Madrid e la convocazione di una consultazione coperta da una legge costituzionale catalana è stata sospesa il 29 settembre dal Tribunal costitucional. Dal 14 ottobre il governo di Mas ha così scelto la strada di organizzare un processo partecipativo (consultazione alternativa) senza precedenti in Catalogna e nel resto dello stato.
Scuole comunali, istituti pubblici e privati e locali, sotto il comando di una legione di volontari,da ieri sono divenuti punti di voto, nonostante la sospensione generica della Corte Costituzione, gli avvertimenti del governo centrale e del suo delegato in Catalogna, Maria Llanos de Luna, e il procedimento dell’Ufficio. Nonostante l’organizzazione ufficiale della consultazione sia stata trasferita agli organi della società civile, a cominciare dall’Assemblea Nazionale Catalana, il governo catalano avrà la responsabilità di fornire i dati e ufficializzare i risultati già da domani.
Mas non ha però voluto perdere il patrocinio dell’iniziativa. Dopo l’ultimo intervento del TC, il governo ha scelto di evitare di rivendicare a sé il 9N, distribuire il materiale necessario, senza annunci ufficiali e solo lui ieri è apparso in un’intervista a TV3 fatta dal Palau de la Generalitat. Lo scopo era quello di avvertire che qualsiasi azione da parte della magistratura sarebbe “un attacco diretto alla democrazia e alla libertà di espressione.” Tuttavia lui per primo è consapevole del valore simbolico straordinario che può avere la giornata di oggi, anche a livello internazionale, con l’immagine di persone in fila per votare nonostante il rifiuto del governo centrale. E stamattina, dopo aver votato, Mas ha voluto rivendicare che i responsabili politici del voto di oggi sono lui e il suo governo.
Da domani Mas avrà poi dei compiti precisi. Cominciando con l’invio a Rajoy di una lettera per cercare di ripristinare il dialogo sui 23 punti già annunciati scorso luglio, ma anche sul referendum. Non si aspetta molto, ma vuole mantenere questa strada aperta e difende un processo di negoziazione con il governo centrale per muoversi verso l’indipendenza.
Tuttavia la ricerca di un dialogo con Madrid rischia di rompere il fronte sovranista in Catalogna. Il leader di ERC, Oriol Junqueras sostiene infatti che “l’indipendenza non è negoziabile, va esercitata.” La rinuncia della consultazione originale è costata a Mas l’approvazione del patto di stabilità e la domanda per le elezioni entro tre mesi da parte degli alleati di maggioranza e della ANC. Con la garanzia quasi assicurato che la votazione odierna successo, Mas può ancora una volta mettere sul tavolo la sua proposta di tenere le elezioni anticipate solo se i partiti Proconsulta saranno in grado di formare una lista sola con un unico programma. E proprio il “cosa” e “come” ancora una volta separano i repubblicani CiU. Ma questi saranno problemi da domani. Oggi i catalani votano. E questo è ciò che conta.