In Emilia-Romagna ha votato poco più del 37% degli aventi diritto. In un paese come l’Italia che, quanto a tasso di democrazia, vanta somiglianze con la Bielorussia e la Corea del Nord, il dato è rilevante, diciamo incoraggiante.
Non cambierà nulla ugualmente perché, c’è da credere, che quelli che hanno votato siano gli antichi devoti comunisti di sempre. E’ comunque il primo segnale di rivolta contro il sistema dei partiti: un ottimo segnale che speriamo venga ripetuto alle prossime elezioni politiche.
In Italia si sono svolte spesso elezioni farsa. La formula era spesso quella del plebiscito, del consenso più ampio decretato per paura o servilismo. Lo stesso ampio suffragio raccolto alle ultime elezioni da Renzi si va già ridimensionando davanti al vuoto di idee dimostrato dal fiorentino. Qualcosa del vecchio costume autoritario è rimasto nel nostro ordinamento. Solo in Italia, fino a qualche tempo fa, il voto era obbligatorio e chi non aveva votato doveva risponderne al sindaco. Quella norma è fortunatamente caduta. Oggi,per esortare l’elettore a recarsi al seggio, si dice che il voto è un diritto e un dovere. Bisognerebbe aggiungere che non è nemmeno un obbligo.
Nelle autentiche democrazie liberali il voto è libero; l’elettore può decidere di andare a votare o astenersi. Nessuno glie ne chiederà conto. Negli Stati Uniti un’altissima percentuale di cittadini non va a votare. Nessuno pensa che la democrazia sia in pericolo. In Italia si ha bisogno dell’alibi del voto per legittimare le malefatte del potere. Le elezioni non sono una normale consultazione elettorale,come avviene in tutte le democrazie liberali: sono un’ordalia,un responso divino, una questione di vita o di morte, come una partita di calcio in Brasile.
Il 40% riscosso alle ultime elezioni da Renzi (tra l’altro salito al potere senza investitura popolare) ricorda piuttosto le elezioni tribali del Sudamerica. Ma qualcosa è cambiato e il voto in Emilia-Romagna e in Calabria lo dimostra. C’è sempre più gente che rifiuta di andare alle urne, visto che la maggior parte delle volte non serve a nulla. La sfiducia nei partiti sarebbe al 91%;e oggi come oggi il partito dell’astensione è calcolato al 60-70 per cento.
Chi vota lo fa per interesse, per ringraziare il partito al potere per un favore ricevuto,per un posto di lavoro, per una raccomandazione. In Emilia-Romagna gli ex comunisti comandano dal dopoguerra e distribuiscono favori ai clienti per assicurarsi il monopolio del potere. In Italia c’è sempre stato un vincolo di complicità tra eletto ed elettore. Quante volte si vota un partito, non per convinzione, ma con la segreta speranza di ricavarne un beneficio!
L’elettore è colpevole quanto l’eletto, essendo convinto che rubare, arricchirsi, faccia parte del mandato ricevuto. Pensate abbiano influito sul voto gli scandali alla regione Emilia-Romagna? Nemmeno per sogno. Quelli che hanno votato l’hanno fatto quasi tutti per il Pd. Altrove un politico che ruba fa scalpore e va in galera. Da noi si accampano ragioni e il politico inquisito, che trova sempre un difensore d’ufficio, spesso nello stesso partito di appartenenza, spiega senza affanno la sua condotta e resta a piede libero. Il cinismo, accoppiato all’indifferenza, resta il tratto antropologico del popolo, che non è ne meglio né peggio dei politici.
La politica ha prodotto l’antipolitica; ma anche l’antipolitica pare abbia fatto il proprio tempo se è vero come sembra che il movimento Cinque stelle, con la politica da baraccone di Grillo,è dato per scomparso, o quasi, in Emilia-Romagna, e come l’Uomo Qualunque di Giannini, che era Giannini, destinato a sgonfiarsi e sparire. Renzi, il duro di San Frediano, è destinato a fare la stessa fine. E’ nell’allegoria del baratro che vediamo la sola salvezza.
Ho inaugurato con le scorse europee una stagione di non voto che durerà a lungo.
Con me i miei familiari, tutti convinti.
Spero che non sia troppo tardi.
Ho anche fiducia che la gente comune realizzi che il voto non è altro che un pro-forma utile solo alla classe politica per fotterci tutti e comprimere le nostre libertà in nome della loro marcia ed addomesticata democrazia.
Molti complimenti a Bracalini che scrive in modo esemplare e chiaro.