di FABRIZIO DAL COL
Con la fine del 2014 Renzi, il Pd, e tutto quell’agglomerato di partiti che oggi conforma la maggioranza e l’opposizione, alla luce di una situazione non più gestibile in cui è ormai scivolata l’Italia, si stanno riorganizzando per garantirsi la propria sopravvivenza. Per tentare di dare un senso a ciò che stanno facendo, se ne stanno inventando di tutti i colori : la maggioranza difende le sue riforme quasi fossero delle reliquie, una sorta di totem intoccabile, uniche in grado di cambiare veramente l’Italia, mentre l’opposizione recita il suo ruolo, solo che tale ruolo non è quello di opporsi, anzi, è quello di controllare che le suddette riforme vadano nella direzione giusta, che è quella di tutelare i partiti prima ancora dei cittadini.
Insomma, la maggioranza magnifica le riforme tutti i Santi giorni e per farlo sembra che abbia istituito una scuola quadri tra i parlamentari, infatti sono perennemente impegnati a ripetere gli slogan riformatori all’infinito, senza però mai spiegare i contenuti e i dispositivi legislativi degli stessi. Non c’è da scherzarci troppo però, perché sarebbe un’impresa titanica interpretare delle semplici linee guida. Alcune riforme avrebbero anche avuto effetto, come ad esempio gli 80 euro, se non fosse che sono poi diventati meno di 50 dopo che sono stati gravati dai soliti balzelli e tasse indirette.
Al governo hanno però la fortuna che il petrolio è in calo, quindi anche la benzina cala ( troppo poco ), e la “tempesta di cervelli” governativa invece di scomputare il benefit derivato dalla riduzione del petrolio per eliminare la clausola di salvaguardia sull’aumento delle accise a marzo, preferisce “investire” il “tesoretto” sul solito assistenzialismo. Così adesso possiamo essere già certi che anche l’aumento dell’iva al 25 % non è più una probabilità ma una certezza.
Passiamo alla madre di tutte le riforme : ovvero quella che ripetono all’unisono come la riduzione delle tasse di 18 Mld, ma fatti i debiti conti, tra Tasi e le altre gabelle sulle case, il canone Rai, i valori bollati, e fermiamoci qui, quei 18 mld sono già rientrati grazie alla maggiorazione delle tasse, quindi si sono alzate le tasse per ridurre le tasse.
La riforma della giustizia, questa emerita sconosciuta, che ancora non è stata nemmeno discussa, ha già avuto invece una modifica importante : ha subito un taglio sostanzioso dei fondi. Per non farci mancare nulla, passiamo alla lotta sulla burocrazia: entro il 13 di dicembre, ogni attività che somministra alimenti e bevande è tenuta a scrivere in una sorta di scontrino dal quale si devono evincere gli ingredienti che vengono somministrati. Un insulto al buon senso ? Certo che no, è un provvedimento che farà incassare allo Stato fior di sanzioni, quindi una marea di quattrini. Dunque, affermare tutti i giorni che va smantellata la burocrazia, quando invece nella realtà se ne produce ancora di più, sarebbe come dire che si ‘scoreggia nello spazio ’.
Riepilogando, chiamano riforme quegli sgorbi amministrativi e legislativi che un tempo nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di prendere nemmeno in considerazione. Non stanno progettando le giuste riforme, ovvero quei provvedimenti necessari a rivoluzionare l’intero Stato italiano, e si divertono pure a produrre quelle anti riforme utili solo a spolpare i risparmi degli italiani. Ma lorsignori, incuranti dei disastri, preferiscono invece continuare a magnificare le loro riforme quasi fossero un film favolistico, il titolo ? ‘Sono solo scoregge nello spazio’
Aggiungerei alle – sacrosante – osservazioni di Guaschino – che in Svizzera le tasse sul reddito (quel citato circa 20% – variabile da cantone a cantone) si dividono a loro volta in tre “quote” (variabili da Cantone a Cantone e da Comune a Comune): una quota (nettamente minore) va alla Confederazione (Stato Centrale) e il resto (diciamo per comodità e in media: l’80%) si divide piú o meno al 50/50 fra Ente locale (comune) e Cantone. In altri termini: fatto 100 il prelievo sul singolo contribuente – ad esempio milanese – 20 Euro andrebbero a Roma, 40 alla Regione Lombardia e 40 al comune di Milano. E lo stesso varrebbe per Roma, Napoli e Palermo. Riportata in questa entità geografica chiamata “Italia” la soluzione svizzera significherebbe un’immediata quanto inevitabile guerra civile.
Bravo Guaschino – spot on.
Le riforme in Italia non ci saranno mai perché comporterebbero tagli tali alla spesa pubblica, al malaffare politico, al potere dei partiti che nessuno li farà mai.
Come sappiamo c’è chi propone che il prossimo Stato indipendente parta copiando la Costituzione e leggi svizzere.
Supponiamo che qualcuno pensi di fare lo stesso per riformare l’Italia. Le 4 principali voci di spesa pubblica, che da sole assorbono il 50% della spesa, sono: interessi sul debito pubblico, dipendenti pubblici, pensioni, sanità.
In Svizzera la sanità è privata, come negli Stati Uniti si fa ricorso alle assicurazioni sanitarie, avete idea in Italia di quanto si rubi nella Sanità? Dei posti da primario concessi solo per benevolenza politica? Di quanto si arricchiscono le case farmaceutiche a spese nostre?
Stesso discorso per la previdenza. In Svizzera è privata, uno decide quanto versare e a quale età andare in pensione. In Italia la previdenza è costosa perché si regalano pensioni (voto di scambio) quindi abbiamo diverse categorie di beneficiari che hanno versato poco o nulla, le pensiono sociali, la baby pensioni, le pensioni d’oro ed infine le pensioni statali (ex Inpdap) per le quali lo Stato non ha mai versato nulla. Per ripianare il deficit previdenziali dei ferrovieri lo Stato italiano versa 4 miliardi all’anno, per i postini 1 miliardo e mezzo (e mi fermo qui).
I dipendenti pubblici in Svizzera sono 1 ogni 60 abitanti, in Italia uno ogni 17. Questo vuol dire che in caso di riforma i dipendenti pubblici scenderebbero ad un milione dagli attuali 3,5 milioni.
Infine il debito pubblico, che in realtà andrebbe chiamato “debito politico” in quanto servito non per la crescita, per lo sviluppo, la ricerca, le infrastrutture ma per colmare sprechi, errori, ecc. Annullarlo vorrebbe dire oltre a far fallire le più grandi banche (tutte controllate dai politici attraverso le fondazioni…) anche non poter fare nuovo debito per un pezzo e quindi aver il bilancio in pareggio e quindi non poter più levantinamente sovrastimare le entrare e sottostimare le uscite.
Infine la pressione fiscale svizzera (Iva massima all’8%, imposta sui redditi circa del 20%) oltre a far ripartire il settore privato (e non quello pubblico) obbligherebbe tutti gli enti statali (compresi comuni e Regioni) a gestire bene la cosa pubblica.
In poche parole la fine dello Stato come è sempre stato inteso in Italia dai politici.
Non lo faranno mai volontariamente, quindi l’unica soluzione è l’indipendenza.