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Secessionisti: la fama dura poco, l’infamia un pochetto di più

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italianidi ENZO TRENTIN

Da qualche decennio sono presenti, in Italia, alcuni personaggi che definire politici appare improprio. Questo naturalmente se per politico s’intende un soggetto che progetta e realizza soluzioni a problemi odierni che influenzano positivamente anche le future generazioni. Chi si comporta in tal modo è anche definito statista. Nulla a che vedere con individui che occupano la scena politica con un’attività compulsiva mirante all’ottenimento di visibilità mediatica peraltro priva di concrete e reali soluzioni.

Da una recente pubblicazione edita da un movimento indipendentista veneto, stracciamo qualche passo quale premessa alle nostre esposizioni. Eccone uno: «Mai nessun movimento politico, sino ad ora, ti ha invece coinvolto nella nascita di un nuovo Stato. Tutti ti hanno sempre detto che è impossibile e anche tu, forse, in fondo credi che sia così. Noi di […] invece vogliamo realizzare con te una nuova Repubblica Veneta Indipendente. Siamo in grado di dimostrarti che l’Indipendenza è più semplice da raggiungere dell’autonomia.»

Tralasceremo, una volta tanto, di ripetere il nostro leitmotiv che rileva, anche in questo caso, la volontà di coinvolgere il lettore nella nascita di un nuovo Stato, senza peraltro dirgli in quale nuova entità istituzionale lo si vuole condurre, né tanto meno chiedere all’interlocutore in quale nuova realtà vorrebbe vivere. Insomma, ci troviamo di fronte all’ennesima operazione propagandistica (alla ricerca della fama), non certo ad un’operazione di marketing politico, ovvero, la ricerca di un complesso di tecniche intese a porre servizi a disposizione dell’utente in un dato ambito istituzionale nel tempo, luogo e modo più adatti, ai costi più bassi per il cittadino, e nello stesso tempo ricompensare il promotore politico.

Il documento prosegue con l’esortazione: «La chiave per uscire dalla tua prigione ce l’hai solo tu! Usala! E sbrigati! Mentre tu lavori come uno schiavo, c’è sempre il tuo carceriere che pensa a cosa raccontarti per continuare a sfruttarti.» Poi arrivano le promesse, come per esempio: «In un Veneto indipendente le pensioni minime saranno di 1.000 e saranno pagabili in contanti presso tutti gli uffici postali e bancari del Veneto. […] In un Veneto indipendente non ci sarà alcuna tassa sulla prima casa. […] Un’azienda oggi in Italia paga fino al 68,7% di tasse, un’azienda nel Veneto indipendente pagherà max 30% di tasse. […] In Italia l’IVA è al 22% Nel Veneto indipendente l’IVA sarà max 15%. […] I dipendenti pubblici nel Veneto sono in numero inferiore a quelli della virtuosa Germania. […] In un Veneto indipendente lo stipendio base minimo netto sarà di 1.500. […] Il credito pubblico Veneto è di +30 miliardi di euro all’anno (residuo fiscale al netto dell’evasione fiscale). Ogni anno Roma spende così questi 30 miliardi: 20 miliardi circa per pagare spese che non sono venete e sprechi dello stato italiano. 10 miliardi circa per pagare gli interessi sul debito pubblico Italiano che ovviamente il Veneto non ha mai contribuito a fare.»

Fermiamoci per un momento a riflettere. Innanzi tutto per avere quei 30 miliardi di residuo bisognerebbe mantenere la stessa intollerabile pressione fiscale. E, soprattutto, per avere una diminuzione della pressione fiscale bisognerebbe avere delle chiare previsioni di spesa; ovvero quali sarebbero i servizi che i cittadini potrebbero avere? Appare intuibile che ad uguali servizi corrisponderebbero uguali oneri. Ed il personale della pubblica amministrazione rimarrebbe lo stesso o diminuirebbe, e dove? O costerebbe meno, e quanto? Gli indipendentisti che hanno prodotto il documento citato non lo dicono. Al contrario sembra che, poiché i dipendenti pubblici in Veneto sono in numero inferiore a quello della virtuosa Germania, su questo versante non ci sarà alcuna innovazione.

Proviamo allora ad analizzare, a titolo esemplificativo, un solo comparto economico per verificare se almeno qualche cifra può reggere alla disamina. La provincia di Vicenza ha sempre avuto, dal dopoguerra ai giorni nostri, un importante comparto manifatturiero orafo. Sino all’inizio della grande crisi del 2007/2008 le aziende orafe erano circa 1.800. Nel 2014 sono circa 600; ma quelle che veramente lavorano sono circa 300, e lo fanno perché prevalentemente esportano i loro manufatti. La Fiera di Vicenza allestiva, unica al mondo, ben tre fiere dell’oreficeria all’anno, variamente articolate ed intitolate. Oggi questo Ente ha in calendario solo due nel comparto, vedi qui.

Vendite di gioielli e orologi: primato negativo a settembre. L’indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio ISTAT indica una generalizzata flessione dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,5% se raffrontato al Settembre 2013. [VEDI QUI]

Fanalino di coda nella classifica dei cali (Settembre 2014 vs Settembre 2013) è il settore gioielleria e orologeria (-2,1%) […]. Secondo Confcommercio «la stagnazione della spesa delle famiglie in termini reali, perdurante ormai da mesi, difficilmente può essere letta come il preludio di un’imminente ripresa. Nei primi nove mesi il calo dei consumi, al netto della componente relativa ai prezzi, è prossimo all’1,5%. In questa situazione occorrerebbero misure più incisive di quelle attuate fino ad oggi per ridare fiducia alle famiglie e stimolare i consumi». […] Secondo il presidente di Federpreziosi Giuseppe Aquilino: «la generale contrazione dei consumi che oramai tocca indistintamente tutti i beni al di là di quelli primari quali farmaceutica ed alimentari – che, per altro si mantengono su livelli di crescita quasi pari a zero – è un’ulteriore conferma non solo delle reali difficoltà economiche ma anche il generalizzato clima di incertezza e di sfiducia. A fronte di una perdurante immobilità delle politiche economico-finanziarie nel nostro Paese, che non fanno intravvedere serie prospettive di ripresa, non si può biasimare chi opta per il risparmio piuttosto che in acquisto di beni cosiddetti voluttuari

MONETE OROIl comparto orafo, a fronte di questi rudimentali dati, potrà fornire un eguale gettito fiscale? Ne dubitiamo. E poiché il ridimensionamento del settore orafo e riproducibile in quasi tutti gli altri settori (la recessione economica è un dato generalizzato come sopra documentato) tutte le previsioni dei nostri amici indipendentisti non valgono l’inchiostro con cui sono scritte.

Da aggiungere che, secondo il «Wall Street Italia» [VEDI QUI] la pressione fiscale per oltre la metà delle società italiane si attesta ben oltre il 50% e per il 10% di queste imprese è addirittura superiore al 100%. In questo caso i dati si incrociano con le statistiche nazionali che vedono proprio il 10% delle aziende italiane fallire ogni anno. Anche un esperimento condotto dall’ingegner Castoldi, presidente della BCS Group, all’interno della sua azienda, specializzata nella produzione di macchine agricole, conferma le percentuali di cui sopra. L’ing. Castoldi dichiara di pagare il 90% degli utili in tasse.

Ma i nostri indipendentisti non trovano di meglio che affidarsi a “fantasiosi” numeri e previsioni, mancando completamente di proposte atte ad uscire da questa spirale di disfacimento del tessuto economico. Avvezzi ai coups de théàtre ogni loro intervento è mirato non già alla soluzione dei problemi, bensì ad ottenere fama attraverso l’apparire (quando e come possono) sui vari mass-media. Tutti ricordano la fama dell’Umberto Bossi (il «guerriero» di Gemonio!) dei primi anni 1990 che combatteva, solo contro tutti, il regime partitocratico. Ora tutti ricordano un pochino di un più il fatto che come Ministro delle riforme Umberto Bossi non ha prodotto nulla, mentre è stato assai prodigo di favoritismi familistici e di bonapartismo.

Ecco, ancora, l’effimera fama dei protagonisti d’una dichiarazione d’indipendenza del Veneto fatta coram populo sulla pubblica piazza, salvo poi costruirsi un partito politico su misura per poter concorrere alle elezioni regionali della prossima primavera di quello Stato dal quale si erano dichiarati indipendenti. (Tsz!). Ecco, poi, una coalizione di micro partitini (ad personam, sia per il seguito, sia per i risultati elettorali sin qui ottenuti) che ha per scopo il: «sostenere unitariamente, con ogni mezzo pacifico, legale e democratico, il percorso verso l’indipendenza del Veneto, a partire dal sostegno alla legge referendaria approvata dal Consiglio regionale.» Per conseguire questo obiettivo quasi certamente affiancheranno gli “Zio Tom” della Lega Nord e loro alleati che stanno guardando al nazionalismo di Marine Le Pen e al bacino elettorale del meridione d’Italia. Tempo pochi mesi vedremo chi e quanti si  ricorderanno di votarli.

Intanto – ça va sans dire – l’Avvocato dello Stato: Gian Paolo Polizzi, nel suo ricorso alla Corte costituzionale (in udienza il prossimo 28 aprile) sembra dirci che non esiste una via legale e democratica all’indipendenza del Veneto, visto che tra l’altro sostiene: «La legge (16/2014 della Regione Veneto), che fa seguito a numerose altre consimili già dichiarate illegittime da codesta Corte, si pone come le precedenti in aperto contrasto con diverse disposizioni costituzionali e quindi ancora una volta si chiede a codesta Corte di sancirne l’illegittimità...» Il testo completo è reperibile qui.

E prosegue: «Secondo la giurisprudenza di codesta Corte il procedimento di revisione costituzionale può nascere anche dall’iniziativa della Regione interessata, com’è naturale che possa essere quando si tratta di tematiche che attengono proprio ai lavori poteri, ma non può essere inquinato da strumenti di pressione che ne alterino l’obiettività e la genuinità.» Quindi, par di capire che la sovranità del popolo di cui all’Articolo 1, comma 2, della Costituzione non è legittima. (Tsz!) Poiché «si pone in contrasto con l’art. 138, che ha attribuito “primariamente alla rappresentanza politico-parlamentare” la funzione di “propulsore dell’innovazione costituzionale”…» La fama dura poco, l’infamia di certe argomentazioni un pochino di più. Meglio, dunque, molto meglio la secessione!

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4 COMMENTS

  1. Davvero un bel modo di iniziare il nuovo anno.
    Questo articolo è uno schifo.
    Sembra fatto solo per distruggere tutto.
    Anche la speranza.
    Continui così signor Trentin. Lei è il genio che ci mancava per raggiungere l’indipendenza.

  2. Caro Trentin Lei scrive in un corretto i-tagliano ma lasci stare la matematica e la statistica,
    é ovvio che il residuo fiscale del Veneto (pari a 30 mld di € annui) è quello riferito all’attuale imposizione
    Ma le basti questo semplice esempio con un Veneto indipendente:
    con tasse (attuali) al 68% il residuo è di 30 Mld;
    ma se le tasse fossero portate al 30% il residuo sarebbe = a 13,25 Mld circa
    e con tasse al 20% il residuo sarebbe sempre interessante 8,8 Mld circa,
    inoltre se il Veneto dovesse avere il residuo fiscale come quello della Baviera (che si lamenta dei suoi 4 Mld di residuo fiscale) la tassazione sarebbe il 9%.
    Mentre per quanto riguarda le pensioni (dati ISTAT anno 2012) in Veneto vengono erogate 1.808.449 pensioni paria al 7,7% del totale delle pensioni erogate nella penisola italica per 1.292.746 di pensionati pari al 7,8% del totale dei pensionati italici, con un costo di a 21.230.753 € pari al 7,8% del costo totale. Di queste in Veneto 335.951 pensioni di invalidità, vecchiaia e superstite, hanno un’assegno medio pari a 453,28 €, quindi se fossero portate a 1.000 € il maggior esborso sarebbe di soli 183,67 milioni di € che salirebbe a 535,32 mil di € se fossero portate a 1.500€.
    Come vede resterebbero inoltre notevoli risorse per interventi sul territorio (ambiente, dissesto idrogeologico o per il sociale).
    Quindi per il Veneto essere indipendente, come già dimostrato da Carinzia e Ticino, innescherebbe un circolo virtuoso per l’attrazione di aziende e ridarebbe un gran bel fiato all’economia.
    Tali vantaggi poi sarebbero ancora maggiori se si applicasse il sistema politico Svizzero (per chi vuole approfondire https://www.ch.ch/it/sistema-politico-svizzero/) il quale prevede ad es. che un Consigliere Cantonale di Zurigo, equivalente ad un nostro onorevole, costi ai cittadini svizzeri non più di 20.000 Franchi…all’anno, equivalenti a circa 17.000 euro (1.400€ mese), ed abbia il treno in prima classe gratis per recarsi al Cantone, ma solo il lunedì giorno in cui si riunisce l’assemblea plenaria, mentre se si sposta a Zurigo dalla sua residenza per partecipare ad un dibattito, paga il treno come tutti gli altri.
    In conclusione circa la via legale per l’indipendenza le ricordo che l’i-taglia ha ratificato con la L. n. 881/1977 che vale come legge dello Stato che prevale sul diritto interno (Cass. pen. 21-3 1975) Il principio di autodeterminazione dei popoli, il quale sancisce il diritto di un popolo sottoposto a dominazione straniera ad ottenere l’indipendenza, associarsi a un altro stato o comunque a poter scegliere autonomamente il proprio regime politico. Tale principio costituisce una norma di diritto internazionale generale, cioè una norma che produce effetti giuridici (diritti e obblighi) per tutta la Comunità degli Stati. Inoltre, questo principio è anche una norma di ius cogens, cioè diritto inderogabile, un principio supremo e irrinunciabile del diritto internazionale, per cui non può essere derogato mediante convenzione internazionale.

    P.S.: se la Lombardia fosse Indipendente avrebbe il doppio dei vantaggi economici sopra descritti visto il suo residuo fiscale.

    Cordiali Saluti
    Guido

    per cui Pensionati in veneto

  3. É raro trovare un ragionamento tanto logico, coerente e conseguente.
    É molto tempo che anch’io aspetto dai vari Movimenti indipendentisti un “Programma”: uno straccio di “morte alternativa” a quella che hanno per noi programmato i “reggitori” della Cosa pubblica italiani.
    Una rinascita, se tele deve essere, che solleciti i cittadini a contribuire a “stendere” un “Programma” condiviso, come sembra sia stato fatto in Scozia da quel Partito che ha promosso l’ultimo referendum sull’indipendenza di quella Terra.
    Se si vuole evitare di essere sepolti “vivi” con quel cadavere che è oramai diventata l’Italia bisogna cominciare a pensare in maniera diversa da come si è fatto finora.
    É fama che i veneti , per Natura, abbiano una economia che rispecchia la loro capacità di agire in maniera autonoma ed intelligente e che per questo siano avanti a tutte le altre Regioni italiane; eché, forse al momento di decidere su un argomento di questa rilevanza siano diventati tutti dei deficienti da non saper, loro abili artieri ed intelligenti imprenditori saper suggerire, en passant, delle idee utili a superare il “momentaccio”?: “Che solo in questo aspetto Natura sia zoppa?”, come si chiedeva Qualcuno?.
    Con i “partiti” all’italiana non si salva il Veneto: bisogna ragionare al di fuori degli asfittici schemi italiani.
    L’alternativa è quella essere sommersi dalla marea di individui del Terzo Mondo portatori di quella miseria morale propedeutica di quella fisica che induce schiavitù, che è poi l’obbiettivo dei Governi attuali.

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