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Evasione fiscale, quell’idea liberale che legittima il collettivismo

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elogio_fiscaledi MAURO GARGAGLIONE

«La rinuncia, da parte della Svizzera, del segreto bancario (…) è l’ultimo dei paradossi della storica degenerazione dei fini. Non si tratta, evidentemente – ci mancherebbe! -, di rimpiangere l’Antico regime, né, tanto meno, di fare l’elogio dell’evasione fiscale come manifestazione del diritto di proprietà.»

Così scrive Piero Ostellino (su il Giornale del 26 febbraio scorso) imputando ad un’eccessiva pressione fiscale l’agonia della democrazia.
Io invece penso che l’evasione fiscale sia esattamente la manifestazione del diritto di proprietà, il quale è un diritto completo, non un diritto fratto due, o lo 0,78 di un diritto.

E poi, chi dovrebbe decidere se lo 0,78 del diritto di proprietà va bene e lo 0,38 non è accettabile? Ah giusto, le tasse devono essere “ragionevoli”. Ragionevoli per chi, di grazia? Ma come si fa a impostare una visione dell’esistenza basata sul relativismo dei diritti individuali, come quello della proprietà privata acquisita senza il ricorso alla violenza?

E’ molto più coerente essere collettivista al cento per cento allora, e stabilire che l’individuo non ha un valore in sé ma lo è “relativamente” allo stato, e che è lo stato l’ente deputato a stabilire la quantità di libertà di cui una persona deve godere. 

Non può esistere una completa società di libero scambio e di libero mercato laddove la maggioranza delle persone è intimamente convinta che la piena e assoluta proprietà privata sia un concetto troppo estremo e che debba essere sottoposto a leggi dello Stato.

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