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L’indipendentismo di pinocchio e giamburrasca

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PINOCCHIOdi ENZO TRENTIN

Gli autentici federalisti sostengono che ci sono due vie per costituire l’ordine sociale: quella del positivismo e quella del giusnaturalismo. Se prendiamo atto dell’esistente siamo costretti a condividere il principio positivista che porta all’accentramento, alla rappresentanza, al monopolio della legge da parte di pochi (indivisione del potere di governo), alla democrazia solo rappresentativa, alla negazione della sovranità popolare, alla negazione del vincolo di mandato, alla finzione della personalità giuridica, alla violazione dei diritti naturali, alla libertà intesa come arbitrio ed abuso, all’eccesso delle differenze sociali, all’impossibilità di autogoverno dei cittadini, all’impossibilità di revoca del mandato, alla manipolazione della Costituzione da parte di criminali sociali riuniti in partiti, etc.

Poi c’è l’altra strada: quella del giusnaturalismo, che porta alla spontaneità delle legge (nel senso della divisione del potere di governo fra tutti i cittadini), all’autogoverno, alla vera democrazia, al federalismo, al rispetto del nesso di reciprocità fra contraenti (che sono i cittadini), alla vera sovranità popolare, all’eliminazione della personalità giuridica, all’inviolabilità dei diritti naturali, al giusto equilibrio fra autorità e libertà, a una maggiore uguaglianza, alla possibilità per i cittadini di stabilire il ruolo che il governo deve avere nei confronti di tutti, all’imperativo del vincolo di mandato, all’eliminazione della personalità giuridica, al rispetto rigido della Costituzione, alla revoca del mandato, al rispetto dei diritti naturali (ben definiti e costituzionalmente garantiti) dei cittadini, etc.

Dunque si tratta di avere la possibilità di scegliere fra l’esistente costruito sulle ipotesi giuridiche nate nel passato oscuro dell’ordine sociale basato sul dispotismo, sulla violenza e sull’arbitrio generati dal potere autoreferenziale, e la realtà delle nuove conoscenze rese possibili dalle scienze dell’uomo e della natura. Qui non c’entra la filosofia: c’entra il rispetto della volontà individuale (sovranità) come diritto naturale inviolabile, inalienabile e imprescrittibile di ogni associato in comunità, come fonte di comportamento sociale coerente con la legge di natura e con la coscienza, invece che con l’egoismo umano. Non a caso la Svizzera non è uno Stato, ma una federazione, pur con i suoi limiti, ma aperta al cambiamento, mentre l’Italia si mostra sempre più come un sistema chiuso alla possibilità di cambiamento.

Da queste premesse trae legittimità l’indipendentismo. Quello veneto tuttavia ci porta alla mente i due prototipi dell’italiano medio: Pinocchio il buono. Gian Burrasca il cattivo. Pinocchio è destinato a portare la cravatta. Gian Burrasca, da grande (se il buongiorno si vede dal mattino), diventerà un rivoluzionario, un bastian contrario per antonomasia. Nato dalla penna di Luigi Bertelli, in arte Vamba, Gian Burrasca viene al mondo, dopo Pinocchio. Per questioni anagrafiche, quindi, analizziamo prima quelli che sembrano gli indipendentisti Pinocchio.

Quelli che mostrano la propensione al naso più lungo sono senza dubbio coloro che predicano la via istituzionale all’indipendenza del Veneto. A prescindere dal loro pedigree politico (un lungo elenco dei loro salti con la pertica da un partito all’altro per conservare o agguantare una carega) il fatto che meno convince è che sembrano volere l’indipendenza certificata con tanto di carta bollata. Insomma, loro avrebbero anche una pila di scartoffie con le quali sostenere le argomentazioni per l’autodeterminazione, solo che nel diritto internazionale non hanno ancora trovato l’ente (che non esiste) cui consegnarle, e soprattutto dal quale ricevere l’imprimatur per il loro nuovo Stato. Intanto chiederanno il voto per sedere nel parlamentino regionale, poi si vedrà. L’importante è assidersi. Al momento pare si alleeranno con la Lega Nord. Non sembrano sfiorati dal fatto che Luca Zaia sta, nell’indipendentismo, sulla stessa lunghezza d’onda del catalano Artur Mas. Ovvero un indipendentismo assai tiepido. Insomma, ambedue sono gli “Zio Tom” dell’indipendentismo.

Alla stessa categoria di indipendentisti Pinocchio appartengono coloro che non ascoltano la Fata Turchina, la quale ricorda loro gli innumerevoli referendum consultivi espletati in numerosi Comuni che chiedevano solo di cambiare regione. In tutti questi esercizi di sovranità popolare la gente se ne voleva andare. È rimasta dov’era. Figuriamoci come potranno ottenere l’autodeterminazione di un nuovo soggetto internazionale. Non hanno altro programma politico-elettorale che l’indizione del referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto. Chiederanno il voto solo per questo. Ed in ogni caso anche costoro affermano che per quanto riguarda l’assetto istituzionale del nuovo soggetto indipendente, ne parleranno dopo a cose fatte. La storia delle furibonde lotte di potere scatenatesi dopo l’ottenimento dell’indipendenza in numerosi paesi non insegna nulla.

Sempre nel novero della categoria di indipendentisti Pinocchio ci sono quelli che dovrebbero essere affiancati dai due Carabinieri descritti da Carlo Lorenzini, in arte Collodi, per aver organizzato plebisciti informatici e propagandato (o millantato?) affluenze di votanti stratosferiche. Sostanzialmente affermano: non guardate la lunghezza del nostro naso, abbiamo dato vita ad un autogoverno (l’ennesimo!) del popolo veneto o repubblica provvisoria che dir si voglia. Di più: abbiamo varato la Legge elettorale per l’elezione del Parlamento Provvisorio della Repubblica Veneta; fatto le elezioni ed insediato l’esecutivo. Questo non è riconosciuto da nessuno. Nemmeno dalla Repubblica di Abkhazia, che secondo il Veneto Serenissimo Governo ed altri indipendentisti, ha sempre manifestato particolari attenzioni, sensibilità e buona predisposizione all’area delle Venetie.

GIAMBURRASCAMentre Pinocchio è come appare: un libro aperto, ed è italianissimo; Gian Burrasca è antitaliano e secessionista. Ai suoi tempi, animato da spirito futurista, avrebbe partecipato all’impresa di Fiume. Oggi sicuramente prenderebbe a studiare la Carta del Carnaro, la adeguerebbe alle moderne esigenze e ne amplierebbe gli strumenti di democrazia diretta. Gian Burrasca si darebbe da fare per la realizzazione di un’assemblea costituente popolare, perché delle costituenti promosse dai partiti ha già avuto esperienza con la Costituzione italiana del 1948. E quella che promettono di realizzare Artur Mas (CiU) e Oriol Junqueras (ERC) in Catalunya gli puzza d’inciucio. Infatti i partiti iberici sono imbottiti di personaggi sotto inchiesta per corruzione ed altro né più né meno di quelli italici. Se faranno qualcosa, lo faranno pensando prima a se stessi.

Senza rivoluzione si ha la partitocrazia, non la democrazia. Senza il popolo che prende in mano il proprio destino e spezza le istituzioni che lo hanno ingabbiato, non si può parlare di democrazia. È una questione di legittimazione e di mandato: di chi è il potere e chi lo esercita in nome e per conto? I politici ora governano anche se alle elezioni ci va il 10% della popolazione. Anzi, governano anche più volentieri, perché significa che se il 90% non va a votare e non fa la rivoluzione, non c’è da temerlo! D’altra parte, anche andare al seggio per depositare nell’urna una scheda bianca significa legittimarli.

Gian Burrasca è secessionista, studia, s’informa e prepara l’indipendenza che non si chiede a qualcuno; ma si esercita attraverso azioni democratiche. E benché la democrazia sia una forma di governo a cui tendere, egli sa che essa non un punto di arrivo poiché la sua qualità dipende dall’attività e consapevolezza della partecipazione dei cittadini che si organizzano per promuovere e far valere i loro specifici interessi ai vari livelli decisionali. Tuttavia questo attivismo non è costante ma ciclico e irregolare. La partecipazione è più alta a seguito di eventi significativi. Questi eventi, attualmente, sono rappresentati dalla crisi internazionale, che non è solo economica, è anche istituzionale: l’UE è omogeneizzante ed in crisi economica, istituzionale e di credibilità. La Svizzera esalta le differenze ed è all’apice del benessere sociale e democratico. Si devono pertanto rimettere in moto le energie della democrazia. E quindi passare per una nuova assemblea popolare costituente che riallinei la Costituzione materiale con la Costituzione formale. Si guardi all’arengo del 1906 dove l’iniziativa popolare segnò la fine del regime oligarchico radicato da secoli nella Repubblica di San Marino.

Senza questa rivoluzione si ha la partitocrazia, non la democrazia. Occorre un continuo livello di partecipazione attiva e consapevole da parte dei cittadini (civic engagement). La Democrazia non è una utopia ma un modello ideale al quale tendere. Ci si può più o meno avvicinare, ma non può essere conquistata una volta per tutte.

Mentre la Svizzera rimane la più grande e originale materializzazione democratica in Europa con un’esperienza di 167 anni, il resto di questo continente è palesemente governato da un sistema feudale che si regge soprattutto sulla manipolazione mentale attraverso la televisione ed i programmi scolastici governativi. Oggi con internet ed i sistemi mobili si cerca di migliorare per controllare sempre più strettamente le masse. Assistiamo a una ri-feudalizzazione del mondo.

Per questo è necessario emarginare i Pinocchio che, nelle traversie di quest’Italia del XXI secolo, si smarriscono; mentre Gian Burrasca è certamente un protagonista, e delle tempeste diviene la prefigurazione. Pinocchio, alla fine delle sue avventure, accetta di andare alla condizionante scuola di Stato senza fare storie e, per non deludere Geppetto e la Fata Turchina, diventerà il primo della classe. Gian Burrasca, discriminato da quello stesso Stato che lo vuole rieducare, prende in mano il proprio destino e spezza le istituzioni che lo hanno ingabbiato, le rade al suolo guidando una sommossa nonviolenta, invocando la rivoluzione e proclamando la secessione.

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1 COMMENT

  1. Bell’articolo. Quindi? Chi é Gianburrasca? A me sembra che Mas, come Salmond siano Sulla buona strada. A me sembra che a volte questo giornale remi contro certi gruppi che stanno facendo molto almeno per rendere consapevoli i Veneti che hanno diritto di decidere, organizzando riunioni in tutte le parti del Veneto anche 2 volte la settimana, e non solo sotto elezioni. E l’alternativa data? Lezioni dalla cattedra?

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