Nella famosa località turistica internazionale si stanno creando le condizioni per un pericoloso scontro politico tra il governo centrale di Dodoba (la capitale della Tanzania) e il governo semi autonomo di Zanzibar. Il conflitto latente è concentrato sulla domanda di secessione fatta da Seif Sharif Hamad, segretario del partito di Zanzibar Civic United Front e primo vice presidente dello Zanzibar. Richiesta resa pubblica una settimana fa. Hamad motiva la necessità di secessione dalla federazione accusando il governo centrale di destinare un misero 4,5% del budget nazionale per lo sviluppo dell’isola contrariamente agli accordi presi che prevedono il 11,5% a disposizione di Zanzibar. Questa sarebbe l’ultima della lunga serie di discriminazioni economiche, politiche e sociali che la popolazione dell’isola sarebbe vittima secondo Hamad. L’appello alla secessione contrasta gli sforzi in atto per aumentare i poteri di autonomia di Zanzibar inserendoli nella stesura della nuova Costituzione.
Dopo la rivoluzione che rovesciò la dinastia araba al potere con il beneplacito della Gran Bretagna, Zanzibar ottenne l’indipendenza nel 1963. Il 26 aprile 1964 si unì alla Tanganika (ex colonia prima tedesca poi inglese) per formare la Repubblica Unita della Tanzania. Entrambi i paesi hanno un proprio governo e parlamento che convergono nel governo centrale. Il Revolutionary Government of Zanzibar è il partito storico al potere in Zanzibar, mentre il Civic United Front sta prendendo forti consensi popolari giocando la carta indipedentistica. Zanzibar, abitata da una popolazione a maggioranza musulmana, è un’isola strategica in quanto vaso di comunicazione tra Africa, Medio Oriente e Asia. L’espansione del commercio arabato e dell’Islam in Africa Orientale partì proprio da Zanzibar. L’isola gode di uno statuto di semi autonomia molto simile alle nostre regioni a statuto speciale.
La dichiarazione fatta a distanza di tre mesi dalle elezioni amministrative e presidenziali previste per ottobre 2015, ha creato forti preoccupazioni all’interno del governo centrale. Secondo alcuni esperti politici militari della regione i dichiarati intenti di secessione posso portare la Tanzania in una direzione estremamente delicata e pericolosa con rischi di deriva terroristica. Una nostra fonte contattata per l’occasione conferma questi rischi. “Il sentimento indipendentistico fomentato da gruppi politici e religiosi, se non saggiamente gestito dal governo centrale si può tramutare in un movimento secessionista capace di passare dalle rivendicazioni politiche alla lotta armata” afferma l’esperto ugandese di contro terrorismo coperto da anonimato. “Un movimento indipedentistico dello Zanzibar non avrebbe alcuna possibilità di sconfiggere l’esercito regolare, quindi deve puntare sul terrorismo. La prima fase è già in atto. I partiti secessionisti stanno già trasformando la rivendicazione politica in una rivendicazione religiosa. Stanno diffondendo tra la popolazione che i diritti dei mussulmani vengono ignorati dal governo centrale a maggioranza cristiana”.
Islamizzare il problema rafforzerebbe le spinte secessionistiche ed attirerebbe fondi dalla Arabia Saudita soprattutto se viene promesso di instaurare una Repubblica Islamica. Il rischio che organizzazioni terroristiche quali Al-Qaeda e ISIL possano infiltrarsi nel processo secessionistico e prendere le redini della lotta armata è altissimo. Questi gruppi sono favoriti in quanto una efficace lotta di indipendenza deve essere perpetuata utilizzando atti terroristici. Nell’isola contro i turisti stranieri per attirare l’attenzione mondiale e in Tankanika contro la popolazione per creare un clima di terrore e costringere il governo centrale a concedere l’indipendenza. Dal 2010 si registra la presenza nell’isola di cellule terroristiche affiliata a Al-Qaeda. La più pericolosa è il movimento religioso Uamsho (il Risveglio) autore di diversi attentati contro turisti stranieri. Le attività terroristiche di Boko Haram nell’Africa Occidentale, di Al-Shabaab in Somalia e del ISIL in Libia trasformano il rischio di terrorismo collegato all’indipendenza dello Zanzibar in un incubo a livello continentale ed internazionale.
Secondo l’esperto ugandese di contro terrorismo il governo centrale deve agire immediatamente con un piano d’azione complesso e multisettoriale. Accellerare l’approvazione di maggior poteri di autonomia per l’isola, corrempere i leader secessionisti assicurando maggior poteri e benefici personali, assicurarsi l’appoggio degli Imam di Zanzibar al fine che non si trasformino in una gran cassa del terrorismo mussulmano, intercettare ed annientare al più presto le cellule terroristiche presenti a Zanzibar.
Al momento i propositi di secessioni rimangono confinati sul terreno politico ma a breve termine la Tanzania potrebbe essere sconvolta da una guerra civile con connotati religiosi e terroristici dove Al-Qaeda e ISIL potrebbero prendere facilmente il sopravvento e guidare la lotta armata. L’Unione Africana e la East African Community osservano attentamente gli sviluppi. In special modo il Kenya, vittima dal 2012 del terrorismo e con forti spinte secessioniste della comunità mussulmana lungo la costa: Malindi, Mombasa.