Napoleone Bonaparte fu un indiscutibile genio militare; ma a parte questo aspetto, nei territori che furono della Serenissima Repubblica di Venezia egli è considerato «L’infame», perché con la menzogna e l’inganno fece cadere la millenaria repubblica, depredandone i tesori materiali e artistici, ed imponendo la leva militare. Migliaia furono i giovani soldati veneti che inglobati nella Grande Armée non tornarono dalla campagna di Russia del 1812.
Non deve quindi sorprendere che in Veneto ci siano “nostalgici” che travalicando l’odio per il “piccolo corso” arrivano a disprezzare anche le idee illuministe. S’intende che le critiche fanno bene, anche quando siamo convinti di aver ragione. Anche gli altri hanno diritto alla loro opinione. E tra questi “altri” ci sono coloro che avversano il liberismo, e scrivono testualmente qui.
«Da circa due secoli domina una sorta di “religione dello stato moderno”, che tutti dovremmo conoscere bene: si chiama “liberalismo”.
Questa è anche la religione dello stato italiano (come pure di tutti gli stati formatisi sui medesimi presupposti ideologici, dopo le rivoluzioni americana del 1776 e francese del 1789).
È la religione che ci accompagna dalla culla alla tomba. La religione che ci insegnano dall’asilo e dalla scuola elementare, fino alla laurea.
Prima della rivoluzione liberale, scatenatasi a fine ‘700 e tuttora in corso, il pensiero europeo era dominato dalla Dottrina e dalla Morale della Chiesa Cattolica. Gli Stati, in primis la Veneta Serenissima Repubblica, erano STATI CONFESSIONALI, dove Dio, visto come la fonte di ogni Bene, era collocato nel cuore dello Stato, come dispensatore della Sovranità, di cui godevano i popoli. La Sovranità era riflessa nella persona del Principe (da noi, detto il “Doge”). Insomma, era una società di non eguali: un’aristocrazia. Guidavano la società i migliori (i nobili), per cultura, educazione, capacità di sacrificio e portatori di alti ideali. La guidavano assieme al clero, responsabile della cultura e dell’educazione.
Dal ‘700 ad oggi il pensiero laicista anglosassone e francese ci ha convinti che avremmo cominciato una appassionante e progressiva scalata verso la “Società Perfetta” con la soppressione degli Stati Cristiani (dove – secondo gli “illuministi” – tiranneggiavano nobiltà e clero). Hanno imposto “l’Uomo Nuovo”, per il quale la religione è un penoso retaggio del passato, in quanto non esistono doveri nella vita se non di ricercare la propria felicità, senza vincoli morali.
Veniamo alla famosa “democrazia diretta”.
I vantaggi che la Svizzera ha su di noi li deve alla CONSERVAZIONE DEI SUOI PRESIDI DI CIVILTÀ TRADIZIONALI, non certo dall’aver fatto la rivoluzione liberale (che invece arriverà piano piano anche lì, cominciando ad erodere la loro società). Al netto della propaganda giornalistica, il segreto della Svizzera e degli altri paesi governati meglio del regime bananifero italiota è il BUON GOVERNO, che si regge sempre su una classe dirigente che si forma sui valori propri di una comunità storica. I dogmi universalistici, invece, sradicano i VALORI tradizionali, dissolvono lo Stato, mettono in mano i popoli agli organismi sovranazionali e alle strutture economiche apolidi, come la banche, l’Alta Finanza, le corporations, le multinazionali, ecc.
L’illusione un po’ infantile che tenere continue consultazioni referendarie su qualsiasi scelta politica sia il “sale della democrazia” è la premessa per consegnare tutto il potere politico alle élite che detengono i grandi capitali, cioè i mass media, che con crescente facilità riescono a convincere di tutto e del rovescio di tutto una massa spesso amorfa (dove le fasce di persone informate sono immancabilmente esigue minoranze).
È certo utile consultare la gente con i cosiddetti strumenti di democrazia diretta. Guardiamoci bene però dal trasformarli in una formuletta magica che risolverebbe tutti in problemi. Anzi, se per “democrazia diretta” si intende un’illusione ideologica, allora si sta imboccando la strada verso il “Grande Fratello”. Errore di cui non si avvede neanche il fanculista di turno, che al posto della fatica di scrivere un programma politico adatto ad affrontare i problemi concreti, spaccia l’illusione che la politica siano la sommatoria di rapide votazioni, espresse con un click sulla tastiera.»
Ognuno legge il mondo con gli occhi del suo sapere, del suo sentire. Anche Marcel Proust affermava qualcosa di sensato laddove scriveva: «Ciascuno chiama idee chiare quelle che hanno lo stesso grado di confusione delle sue.» Ci sia lecito dichiarare che noi siamo idealmente legati agli illuministi. Nell’interpretazione del tipo di ordinamento su esposto ravvediamo lo stesso fonfamentalismo della tradizione islamica dove non esiste il concetto di uguaglianza di tutti gli esseri umani, né di conseguenza di quello di dignità di ogni vita umana. Lo dimostra il fatto che molti paesi islamici non hanno accettato la dichiarazione dei diritti dell’uomo dell’Onu del 1948 o l’hanno fatto con la riserva di escludere le norme che contravvenivano alla legge coranica, cioè in pratica a tutte.
Gli illuministi (osteggiati dall’estensore della nota su riportata) criticavano le religioni rivelate e volevano abolire i privilegi ingiustificati della nobiltà e della Chiesa. Gli Illuministi rifiutarono i dogmi, i pregiudizi e il fanatismo, ispirandosi al principio di tolleranza, combatterono le credenze religiose consolidate, i riti, le superstizioni ed ebbero una visione laica della vita e dello Stato. Alcuni di essi furono atei e materialisti, mentre altri credevano in un Essere supremo, razionale, autore dell’universo, che ogni uomo può conoscere mediante la ragione, osservando l’ordine naturale.
Con l’Illuminismo, da un lato si mise in discussione il potere politico esercitato dalle autorità religiose (il potere temporale del Papa) e il potere religioso esercitato dalle autorità civili (quello dei sovrani che si consideravano re per diritto divino). Secondo gli illuministi la sfera religiosa e quella politica dovevano essere nettamente separate. Dall’altro lato si criticavano i principi stessi della religione cristiana e delle altre religioni, in base alla loro evidente irrazionalità: essi potevano essere considerati validi come leggende o come simboli, ma non come verità.
Voltaire, nelle Lettere filosofiche (1733) si scaglia contro il fanatismo e l’intolleranza religiosa in Francia, identificata con il cristianesimo e con la Chiesa. Secondo questo illuminista, nel mondo sono presenti sia il male che il bene, e bisogna cercare di migliorarlo, per quel che possiamo. Questa visione di Voltaire si basa su una concezione deistica: Dio esiste, ma non prende parte alle vicende storiche dell’uomo, e la sua esistenza non è un dato di fede, ma di ragione. Il bene e il male dell’uomo esprimono ciò che è utile o dannoso per la società. Dalla storia emerge il progresso dell’umanità, cioè il progressivo rischiararsi della ragione attraverso i suoi continui tentativi di liberarsi dai pregiudizi e dalla superstizione.
Nelle terre che furono della «Serenissima», oggi troviamo chi è a favore del costituzionalismo e chi, prefigurando di ridarle vita dov’era e com’era, propende per il diritto consuetudinario della stessa, sia pure aggiornato. Proviamo allora a fare una speculazione intellettuale, ovvero il ricercare e indagare in quanto attività teoretica.
Ci sono costituzioni rigide e flessibili. Quella italiana è rigida, perché ai fini della sua revisione, è prevista una procedura aggravata rispetto al procedimento legislativo ordinario, nonché, da un organo chiamato a sindacare l’eventuale violazione della Costituzione stessa da parte del legislatore ordinario (Corte costituzionale).
Per costituzioni flessibili, invece, si intendono tutte quelle che non prevedono procedimenti peculiari per la loro revisione, come nel caso delle Costituzione Svizzera. Nella CH la Costituzione è “facilmente” modificabile nel tempo ed è dunque “progressiva”, similmente a quanto avviene per il cosiddetto diritto consuetudinario. Questa affermazione non va, tuttavia, assolutizzata, in quanto sussistono delle evidenti eccezioni.
Una Costituzione è l’insieme dei principi fondamentali che sono alla base dell’ordinamento giuridico di uno Stato, è quindi la legge fondamentale dello Stato. Negli stati contemporanei si presenta sotto forma di documento scritto in quanto costituisce l’ordinamento giuridico, il cui scopo è quello di proclamare i diritti inviolabili dei cittadini e di porre un limite ai poteri dello stato.
Fa eccezione (tra gli altri) la Gran Bretagna che non ha una Costituzione scritta, ma le regole costituzionali rappresentano norme consuetudinarie in quanto sono leggi emanate in periodi storici diversi. Tutto l’impianto consuetudinario della GB è fatto risalire alla Magna Charta Libertatum, un documento scritto in latino che il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra fu costretto a concedere ai baroni del Regno d’Inghilterra, propri feudatari diretti, presso Runnymede, il 15 giugno 1215. Esattamente 800 anni orsono.
Anche laddove non c’è Costituzione, dunque, lo scopo è quello di proclamare i diritti inviolabili dei cittadini e di porre un limite ai poteri dello stato. Tra i “freni” ci sono gli strumenti di democrazia diretta, principalmente i Referendum deliberativi (non consultivi, che sono un’aberrazione), l’iniziativa (di leggi e delibere), e la revoca (dei pubblici amministratori), hanno lo scopo esercitare i diritti inviolabili dei cittadini e di porre un limite ai poteri dello stato. Infatti:
1 – con i Referendum si possono abolire leggi non gradite alla maggioranza dei cittadini-elettori-contribuenti.
2 – con L’Iniziativa si possono proporre quelle leggi che i “rappresentanti” non vogliono o non possono emanare.
3 – con la Revoca si possono destituire quei pubblici amministratori che dovessero dimostrarsi inadeguati al ruolo o corrotti o corruttibili.
La principale funzione degli strumenti di democrazia diretta (non è la prima volta che lo scriviamo), non risiede nel loro utilizzo compulsivo, bensì nella loro funzione deterrente.
Infatti, la preoccupazione principale d’ogni “rappresentante” (Il Potere) è quella di mantenere la propria egemonia; mentre il potere anche nella Serenissima Repubblica di Venezia era diffuso in innumerevoli istituti che avevano esattamente lo scopo di porre un limite ai poteri dello stato.
La questione, dunque, non è Costituzione sì o no. Ma i contenuti sia di una Costituzione, sia di un Diritto consuetudinario. Il quesito semmai è: una volta che i tecnici, gli specialisti o quant’altri adeguati al compito, avranno stilato una bozza di nuova Costituzione, o avranno aggiornato l’antico diritto consuetudinario veneto; saranno i “rappresentanti” (ovvero Il Potere) ad approvarlo? Oppure sarà chiamato il Popolo Sovrano, ovvero l’insieme dei cittadini al quale è riconosciuto dall’ordinamento giuridico il potere supremo della sovranità?
Ricapitolando, nel variegato mondo indipendentista veneto, esistono anche coloro che (ripetiamo il testuale) vorrebbero una: «Veneta Serenissima Repubblica, dove Dio, visto come la fonte di ogni Bene, era collocato nel cuore dello Stato, come dispensatore della Sovranità. La Sovranità era riflessa nella persona del Principe (da noi, detto il “Doge”). Insomma, era una società di non eguali: un’aristocrazia.»
Chissà cosa pensano in proposito i nostri lettori?
La storia ha e sta dimostrando abbondantemente (o “a iosa” o mejo “sora ea broca” come ca dixea i osti de na olta) che il male minore è sempre stato la presenza e la creazione di una classe dirigente capace, responsabile e responsabilizzata. Diversamente si cade nella dittatura del potente di turno (che funziona solo se a tempo determinato e per obiettivi ben precisi) o nel caos della democrazia che nasconde la dittatura della burocrazia o delle mafie occulte ed irresponsabili (il “mostro senza nome e senza volto” evocato nell’Apocalisse).
Fino a che la formazione della persona si fa efficacemente solo nella famiglia e fin dai primi anni questa è la conclusione logica. Per credere nella democrazia come è concepita ai giorni nostri bisogna anche credere che lo stato possa utilmente sostituirsi alla famiglia in questo compito. Sparta ha tentato ma alla fine ha fallito.
Tertium non datur