I livelli di povertà in Italia, rilevati dall’Istat nel suo nuovo report, sono stabili, anche se nel 2014, ben 7 milioni 815 mila individui (il 12,9% dell’intera popolazione) vive in povertà relativa, e 4 milioni e 102 mila individui (6,8% dell’intera popolazione) in povertà assoluta.
Insomma, ripresa, tasse abbassate, burocrazia ridotta, assunzioni in crescita… è lunga lista delle frottole che la “Banda Renzi” fa circolare grazie ai media compiacenti. Poi, come diciamo sempre in questa rubrica, c’è la realtà e ci sono commentatori stranieri che la pensano diversamente.
Roberto Orsi, uno dei cervelli emigrati a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo futuro del Belpaese tutt’altro che rosee parla di desertificazione economica in atto, caduta verticale della produzione, incapacità nella gestione demografica e immigratoria, che uniti al debito pubblico crescente ed al rapporto debito pil oltre il 3% fanno dell’Italia una bomba ad orolegeria. Per Orsi: “il termometro più indicativo della crisi italiana è lo smantellamento del sistema manufatturiero, vera peculiarità del made in Italy a tutti i livelli: Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse”. A tutto ciò, si unisca un sistema politico-giuridico che è roba da Venezuela e il gioco è fatto.
Una settimana fa, David McWilliams dell’Indipendent, dopo il salvataggio greco ha sentenziato: “Italia, Spagna e Portogallo rischiano di fare la stessa fine della Grecia. Si tratta di paesi dotati di enormi debiti crescita insufficiente e la disoccupazione alta. Di fatto, non possono competere con i tedeschi, non ne hanno la forza industriale, e, di conseguenza, le loro condizioni di vita sono a rischio”.
In conclusione, la povertà è stabile, ma ci sono tutte le condizioni per veder peggiorare la situazione.