Durante l’epoca moderna, in Europa, lo Stato ha avuto tutti i mezzi a sua disposizione per espandere la sua burocrazia in tutti gli strati della società. Lì è cresciuto un cancro che ha infettato tutti i gangli vitali della società. La burocrazia e lo Stato-nazione non possono esistere l’uno senza l’altro. Se lo Stato-nazione è l’ossatura portante, è certamente anche la gabbia della società naturale. La burocrazia assicura il funzionamento del sistema, assicura le basi della produzione di beni e garantisce i profitti per gli attori economici rilevanti sia nello Stato-nazione real-socialista che in quello business-friendly. Lo Stato-nazione addomestica la società ed aliena la comunità dalle sue fondazioni naturali. Ogni analisi intesa a localizzare e risolvere i problemi sociali deve tener conto di questi nessi.
Lo Stato-nazione nella sua forma originale ha avuto come scopo la monopolizzazione di tutti i processi. La diversità e la pluralità sono state combattute, un tipo di approccio che ha condotto all’assimilazione ed al genocidio. Non sfrutta solo l’idea e il potenziale del lavoro della società, colonizza le teste delle persone in nome dell’unità. Assimila anche tutti i tipi di idee spirituali ed intellettuali e le culture per poter conservare la sua stessa esistenza. Mira a creare una singola cultura nazionale, una singola identità nazionale ed una singola comunità religiosa unificata. Così rinforza una cittadinanza omogenea. La nozione di cittadino è stata creata come risultato di una ricerca per questa omogeneità. La cittadinanza della modernità non definisce altro che la transizione fatta dalla schiavitù privata alla schiavitù di Stato. La società omogenica nazionale è la prima delle società più artificiali che siano mai state create ed è il risultato di un “progetto di ingegneria sociale”.
Una delle caratteristiche fondamentali di ogni Stato-nazione è un certo senso di coscienza nazionale, un senso di appartenenza; valori condivisi senza riguardo alla loro astrattezza; e più importante di tutti, un impegno collettivo a perpetuare la nazione stessa, percepita come organicamente connessa allo Stato. Senza questi ingredienti, non vi sarà mai uno Stato-nazione stabile. L’ascesa, nello stivale, della partitocrazia incontrollata ed incontrollabile, riflette come nessun altro segno la storia di un Paese poveramente costruito. I politicanti di ogni risma hanno fatto fuggire il genio fuori della bottiglia. La partitocrazia distrugge le radici della cultura civica e minaccia lo sviluppo e il funzionamento di una società civile, che è la spina dorsale di ogni sistema democratico. In modo inevitabile, ciò porta a un aumento di battaglie senza fine per la distribuzione del potere fra coloro che hanno e coloro che non hanno nulla.
Questi scopi sono di solito accompagnati dall’uso della forza o da incentivi finanziari e sono spesso sfociati nell’annientamento fisico di minoranze, culture o lingue, oppure nell’assimilazione forzata. La storia dello Stato italiano degli ultimi 150 anni circa è piena di esempi che illustrano i tentativi violenti per creare una nazione che corrisponda all’immaginaria realtà di un vero Stato-nazione. Così lo Stato-nazione non riguarda la gente comune; esso è di fatto il nemico dei popoli. Senza il riconoscimento da parte degli altri Stati-nazione nessuno di loro potrebbe sopravvivere. Nel passato, la storia degli Stati si è identificata con la storia dei suoi governanti, ed ha conferito loro qualità quasi divine. Questa pratica è cambiata con il sorgere dello Stato-nazione. Ora l’intero Stato è stato idealizzato ed elevato ad un livello divino.
Presupponendo che potremmo confrontare lo Stato-nazione ad un dio vivente, il nazionalismo potrebbe essere la religione corrispondente. In questo senso, il nazionalismo appare come una giustificazione quasi religiosa. La sua vera missione. Tuttavia, è il suo servizio verso il virtualmente divino Stato-nazione e la sua visione ideologica che pervade tutte le aree della società. Le arti, la scienza e la consapevolezza sociale: nessuna di queste è indipendente. Una vera illuminazione intellettuale pertanto necessita di una fondamentale analisi di questi elementi di modernità. Ecco perché non ha senso sostituire le vecchie catene con le nuove od anche accrescere la repressione. La richiesta di uno Stato-nazione separato risulta dagli interessi della classe dominante o dagli interessi della borghesia che non riflettono gli interessi del popolo, poiché un altro Stato-nazione sarebbe solo la creazione di ingiustizia ulteriore e ridurrebbe ancor più la libertà.
Un governo di tipo federale può essere chiamato ad una amministrazione politica non statale o una democrazia senza Stato. I processi decisori democratici non devono essere confusi con i processi conosciuti dalla pubblica amministrazione. Gli Stati sono fondati sul potere; le democrazie sono basate sul consenso collettivo. L’ufficio nello Stato è determinato per decreto, anche se può essere in parte legittimato dalle elezioni. Le democrazie usano le elezioni dirette. Lo Stato usa la coercizione come un mezzo legittimo. Le democrazie poggiano sulla partecipazione volontaria. Il federalismo democratico è aperto verso altri gruppi e fazioni politiche. È flessibile, multi-culturale, anti-monopolistico, ed orientato al consenso. Nel contesto di questo tipo di auto-amministrazione diventerà necessaria una economia alternativa, che aumenti le risorse della società invece che sfruttarle per sopperire giustamente alle molteplici necessità della società.
Che fare di tutte quelle esperienze (anche moderne) che non sono in linea con il modello statuale, e che hanno avuto e in qualche caso continuano ad avere una loro presenza sulla scena dei rapporti giuridico-politici? Pensiamo ad esempio agli ordini federali, che come hanno insegnato i maggiori studiosi del federalismo contemporaneo (da Miglio a Elazar) non sono ordini sovrani-gerarchici ma pattizi-orizzontali?
E per comprendere appieno due citazioni ci sembrano opportune, ed è su queste che proponiamo ad ognuno di riflettere:
1) «L’idea che le preferenze dei governati possano manifestarsi normalmente soltanto per il tramite dei rappresentanti, e che la volontà dei primi debba prendere necessariamente la forma di un’adesione (consenso) alle “verità” proposte dai candidati al potere, questa idea sta per uscire dalla storia. Perché si spezza il legame fra legittimazione del governante e ricognizione delle opinioni dei governati.» (G. Miglio, «Il nerbo e le briglie del potere», Ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 1988, p. 286.)
2) «La richiesta così frequente in questi anni di maggiore democrazia si esprime nella richiesta che la democrazia rappresentativa venga affiancata o addirittura sostituita dalla democrazia diretta. […] gli istituti di democrazia diretta nel senso proprio della parola sono due: l’assemblea dei cittadini deliberanti senza intermediari ed il referendum.» (Norberto Bobbio, «Il futuro della democrazia», Einaudi, Torino, 1984, p. 33).
Al contrario lo Stato-nazione, strutturalmente – per Hannah Arendt – ospita già al proprio interno una logica contraddittoria, fondata sulla tensione dei due elementi costitutivi: lo Stato, come «costruzione razional-legale» volta a garantire i diritti di tutti, e la nazione, che si regge sul presupposto di una comunità omogenea ed escludente fondata sulla condivisione di suolo, sangue e lingua, requisiti essenziali al riconoscimento della protezione legale da parte dello Stato che in tal modo si trasforma da strumento del diritto in strumento della nazione; «Il nazionalismo – spiega sempre la Arendt – era essenzialmente l’espressione di questo pervertimento dello Stato in uno strumento della nazione, l’identificazione del cittadino col membro di un gruppo nazionale».
Tutto ciò, nell’ottica di un Veneto indipendente, deve essere tenuto presente. I territori rivendicati da un costituendo territorio veneto indipendente non sono più abitati esclusivamente da genti venete, e per tale motivo – oltre a quelli su indicati – un’istituzione di tipo federale è meglio rispondente alle esigenze di ognuno.
(segue)