EURONEWS: Una folla di indipendentisti ha celebrato la Giornata nazionale della Catalogna lungo le strade di Barcellona, in concomitanza con l’avvio della campagna per il voto regionale.
Tra mezzo milione di persone e quasi un milione e mezzo, secondo diversi bilanci ufficiali, nel giorno della Diada hanno ribadito la volontà di un proprio Stato, come hanno chiesto lo scorso anno in un referendum simbolico. Raül Romeva è candidato della coalizione “Insieme per il sì”: “Vogliamo che il mondo ascolti una volta e per tutte e in modo molto chiaro qual è la volontà del popolo della Catalogna. Vogliamo anche che si rispetti il mandato democratico se questa è la volontà del popolo”.
Non ha sfilato il presidente catalano Artur Mas che guida coalizione “Insieme per il sì” e vuole trasformare le elezioni del parlamento catalano in un plebiscito sull’indipendenza dalla Spagna.
Lluís Rabell, candidato della coalizione di sinistra “Catalogna, sì, possiamo”, accusa Mas di strumentalizzare la festa: “Questa manifestazione viene di fatto trasformata nell’inizio della sua campagna elettorale. Ciò mette a disagio tanta gente che ha sempre difeso i diritti sociali e nazionali della Catalogna e che ha sempre partecipato alla Diada”.
Le elezioni del 27 settembre saranno osservate con molta attenzione da Madrid, spiega la nostra inviata Cristina Giner: “La campagna elettorale catalana si annuncia intensa. Le elezioni hanno un grande interesse strategico per i partiti nazionali: da un lato misureranno la forza del processo indipendentista, dall’altro saranno il termometro in vista delle politiche del 20 dicembre”.
IL MANIFESTO: Dal 2012, quella che ogni 11 settembre era poco più di una manifestazione istituzionale che celebrava la Diada, la festa catalana, si è trasformata grazie alle associazioni indipendentiste Anc (Associazione nazionale catalana) e Òmnium Cultural, in una celebrazione esplicitamente indipendentista. La Diada ricorda la storica sconfitta dei catalani che (assieme agli aragonesi) si erano alleati con la casa reale sbagliata durante la lunga guerra di successione, iniziata nel 1701, al trono di Madrid, finito nelle mani di Filippo V (di Borbone) invece che in quelle dell’arciduca Carlo III d’Austria. Barcellona cadde nel 1714 dopo un lungo assedio, e Filippo V si vendicò ritirando tutti i privilegi di cui godeva la Catalogna.
Molti catalani si sentono di nuovo in guerra, dopo la dura sentenza del Tribunale costituzionale che, su richiesta del Pp, nel 2010 limitò in parte gli effetti dello Statuto catalano entrato in vigore nel 2006 dopo anni di discussioni. E quello che era un sentimento secessionista radicato ma minoritario – intorno al 30% — è andato rafforzandosi nel discorso politico e nel corpo sociale dei catalani. L’obiettivo della massiccia e coreografica manifestazione di ieri era di rendere evidente quello che gli organizzatori considerano il sentimento maggioritario dei catalani: la creazione di una repubblica catalana. Ara és l’hora, «ora è l’ora», il suo motto. Gli organizzatori parlano di due milioni di persone; matematicamente sulla sola avinguda Meridiana non ce ne stanno più di 7-800mila.
I 5,2 km di questo lungo viale erano divisi in 10 tratti colorati (dedicati all’innovazione, alla cultura e istruzione, alla giustizia sociale, al mondo, all’uguaglianza, alla diversità, alla solidarietà, all’equilibrio territoriale, alla sostenibilità e alla democrazia), le cause – secondo gli organizzatori – che caratterizzeranno la Catalogna prossima ventura. Alle 17,14 una frecciona gialla ha iniziato a percorrere lo statico corteo per andare a incastrarsi in un palco pieno di schede elettorali ubicato nel Parco della Ciutadela, luogo simbolico della battaglia di Barcellona del 1714 nonché sede del parlamento catalano.
L’anno scorso la Diada si celebrò poche settimane prima dello storico referendum del 9 novembre sull’autodeterminazione dei catalani che il governo di Madrid bloccò in tutti i modi possibili e che finì per essere una celebrazione “informale”, ma che portò comunque più di due milioni di persone a esprimersi maggioritariamente a favore dell’indipendenza.
Quest’anno il president catalano Mas ha fatto in modo che coincida proprio con il primo giorno di campagna elettorale delle elezioni anticipate da lui convocate in cui 7 milioni e mezzo di catalani eleggeranno il nuovo Parlament, che Mas e i suoi alleati vorrebbero che fossero «plebiscitarie» (cioè fossero solo a favore o contro l’indipendenza). Da parte sua, Mas – nascosto al quarto posto di una lista unitaria («Assieme per il sì») che oltre al suo partito unisce il teoricamente principale partito d’opposizione, Esquerra Republicana, oltre alle menzionate Òmnium Cultural e Anc, assieme a vari ex parlamentari di sinistra – ha già vinto la sua scommessa.
Nel momento in cui il suo partito (Convergència Democràtica de Catalunya) è al centro di gravissimi casi di corruzione (le cui indagini si sono riattivate sospettosamente proprio in corrispondenza dell’appuntamento elettorale), lui non deve neppure comparire nei dibattiti elettorali, pur essendo il vero candidato, mentre il capolista Raül Romeva, ex eurodeputato rossoverde, non si prende certo la responsabilità di rispondere dei casi di corruzione del partito di Mas o dei suoi selvaggi tagli in sanità, educazione e servizi sociali. Gli ultimi sondaggi danno i due partiti che promettono un’improbabile indipendenza in 18 mesi (“Assieme per il sì” e la Cup, i movimentisti di estrema sinistra) intorno ai 67 seggi che segnano la maggioranza del parlamento catalano (di 135 seggi), ma molto lontani dalla maggioranza dei voti (intorno al 40%).
Il che è sorprendente: gli indipendentisti sono riusciti non solo a rimettere al centro dell’agenda politica in Spagna la questione catalana e, indirettamente, la questione costituzionale, forti anche del miope immobilismo del Pp, ma anche di trasformarlo in discorso politicamente egemonico. In modo tale che le posizioni sfumate (per esempio quelle federaliste, come i socialisti) o le opzioni politiche che si concentrano sull’asse sociale – è il caso della lista che unisce Podemos, rossoverdi di Icv e Izquierda Unida (“Catalogna sì, si può”) – sono destinati alla marginalità nel dibattito. Il 27 settembre vedremo per chi sarà vincente la scommessa soberanista di Mas. (di Luca Tancredi Barone)
LA REPUBBLICA: Centinaia di migliaia di indipendentisti catalani manifestano in piazza a Barcellona per la giornata nazionale della Catalogna che quest’anno coincide con l’inizio della campagna per le elezioni regionali del 27 settembre che potrebbero essere vinte dai secessionisti. Una vera e propria catena umana si snoderà in una arteria del nord della città per la “Diada”, ossia la “giornata nazionale della Catalogna”. Al voto di fine mese, le due liste indipendentiste in lizza potrebbero ottenere la maggioranza assoluta al parlamento regionale, secondo i recenti sondaggi. Il futuro esecutivo potrebbe quindi avviare il processo di secessione di questa regione di 7 milioni e mezzo di abitanti, in virtù del piano auspicato da Artur Mas, il presidente catalano uscente.
IL MESSAGGERO (ANSA): Decine di migliaia di indipendentisti sono concentrati questo pomeriggio a Barcellona per chiedere la secessione della Catalogna in occasione della tradizionale Diada, la festa nazionale catalana. Una folla enorme, vestita di bianco, si è ammassata sulla Meridiana, la grande via che attraversa su 5,2 km la metropoli catalana, una una manifestazioni per il “Via Liuvre a la Republica Catalana” (Via Libera alla Repubblica Catalana).
RAINEWS: Oltre un milione di indipendentisti si sono concentrati a Barcellona per chiedere la secessione della Catalogna in occasione della tradizionale Diada, la festa nazionale catalana. Una folla enorme, vestita di bianco, si è ammassata sulla Meridiana, la grande via che attraversa su 5,2 km la metropoli catalana. La Diada coincide quest’anno con l’inizio ufficiale della campagna elettorale per le cruciali elezioni regionali del 27 settembre, che il presidente catalano uscente l’indipendentista Artur Mas vuole trasformare in un plebiscito per la secessione. Gli ultimi sondaggi indicano che gli indipendentisti potrebbero ottenere la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento di Barcellona.
BLITZQUOTIDIANO: Uno tsunami di migliaia di indipendentisti si è riversato venerdì pomeriggio in piazza a Barcellona per la Diada, la tradizionale festa catalana. La festa nazionale della Catalogna coincide quest’anno con l’avvio della campagna per le regionali del 27 settembre, trasformate dal presidente uscente il nazionalista Artur Mas in un plebiscito sulla secessione, dopo che il governo di Madrid ha impedito la tenuta di un referendum alla scozzese perché anticostituzionale. Se gli indipendentisti avranno la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento di Barcellona, Mas ha promesso che darà il via alla disconnessione dalla Spagna, con l’obiettivo di arrivare all’indipendenza entro 18 mesi. Gli ultimi sondaggi danno i secessionisti vincenti in seggi, anche se di stretta misura, senza però la maggioranza assoluta dei voti. Le due liste secessioniste, Junts pel Si, di Cdc e Erc, e quella della Cup otterrebbero 68-69 seggi su 135, ma solo il 44% delle schede. Mas ha detto oggi che la maggioranza assoluta in deputati basterà per dare il via alla secessione, nonostante la durissima opposizione del premier spagnolo Mariano Rajoy, che minaccia di commissariare la Catalogna. Gli indipendentisti si dicono decisi ad andare fino in fondo. Se vinceranno si aprirà con ogni probabilità la crisi politica e istituzionale più grave che la Spagna abbia dovuto affrontare dalla fine della dittatura franchista. La situazione verrà complicata dallo scioglimento delle camere spagnole in ottobre per le politiche del 20 dicembre dopo le quali sarà forse difficile formare un nuovo governo. Il successo della manifestazione di oggi per la Via Liuvre a la Republica Catalana è una chiara dimostrazione di forza dei secessionisti rivolta al 25% circa degli elettori ancora indecisi ma anche alla comunità internazionale, che Mas vuole convincere del diritto all’autodeterminazione dei catalani. Lungo i 5 km della Meridiana la folla – oltre un milione per gli organizzatori – vestita di bianco, con in mano cartoni multicolori per formare un mosaico, è stata attraversata da una enorme punta di freccia gialla portata da 20 atleti, simbolo del cammino della Catalogna verso l’indipendenza. “Siamo a un passo dalla vittoria” ha detto alla folla davanti al Parlament il presidente dell’Assemblea Nazionale Catalana Jordi Sanchez: “stiamo facendo una rivoluzione senza paragoni in Europa. E lo faremo nelle urne, sorprendendo il mondo. Vogliamo il nostro stato. Non vogliamo continuare a fare parte un minuto di più del regno di Spagna”.
SU ALTRE TESTATE ONLINE, SOLO RIPRESE IN BREVE DELLE AGENZIA ANSA
Parlano i leader catalani indipendentisti
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La Diada 2015 nel reportage di Russia Today
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se vanno in piazza 30 autonomi per i diritti dei migranti, l’inclusione sociale, l’accoglienza dei profughi, il reddito di cittadinanza ne parlano i tg nazionali e tutta la stampa, 1,5 milioni di catalani che vogliono la secessione invece non esistono, zitti tutti, non se ne parla. Non c’è da arrabbiarsi, vuol solo dire che hanno paura!!!!!!
Possono fare tutte le manifestazioni che vogliono, possono sfilare in 1, 2, o 5 milioni, possono andare a votare tutti quanti per i partiti che cavalcano questo sentimento, ma la verità è che senza una guerra di secessione resteranno sempre e comunque parte integrante della Spagna.
Non ne sarei così sicuro
E invece sì. La Catalogna (come pure il Veneto) non è la Scozia. La Scozia è già uno stato, che si ritrova ad essere sostanzialmente confederato con altri tre stati, ed è inserita in un ordinamento che non le vieta di separarsi dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, mancando una costituzione per questa entità pluristatale e mancando perciò un principio di indivisibilità, anche perché si tratta, appunto, di stati, e non di semplici regioni. La Catalogna è soltanto un ufficio periferico dello stato centrale spagnolo, che per costituzione tutela la propria integrità territoriale vietando secessioni al proprio interno. Anche se questi partiti autoproclamatisi indipendentisti dovessero ottenere il 100% dei voti non ci sarebbe nessuna possibilità di arrivare ad una separazione dalla Spagna (almeno con metodi pacifici e democratici).
in jugoslavia, a parità di ordinamento, c’è chi se ne è andato senza colpo ferire (Macedonia, Montenegro), chi dopo brevissime scaramucce (Slovenia) e chi dopo massacri immensi (Croazia e Bosnia).
Nessuna parità di ordinamento con Spagna e Italia. Tutte repubbliche confederate con possibilità di secessione prevista dalla costituzione. Tutti quegli stati lì esistevano già come stati confederati.