Il processo che sta portando all’indipendenza catalana è oggi forse l’unico processo politico in corso in Europa (e uno dei pochi in Occidente) che rende possibile un passo concreto nella direzione di maggiore libertà invece che in quella solita di sempre maggiore collettivismo. Uno degli aspetti secondo me più importanti di questo fenomeno è l’unità che lo caratterizza, la quale è ben rappresentata dalla lista unica con cui gli indipendentisti si presenteranno alle prossime elezioni regionali. Questa unità può essere due cose diverse e per molti aspetti opposte: può essere unità attorno al principio generale di autodeterminazione oppure può essere unità attorno all’obiettivo particolare dell’indipendenza della Catalogna dalla Spagna. A seconda che sia l’una o l’altra, l’indipendenza può essere l’inizio di un (difficile e inizialmente estremamente doloroso) processo di transizione dalla “democrazia” totalitaria alla società libera oppure l’inizio di una nuova fase politica caratterizzata dal proseguimento dello stesso modello totalitario precedente ma in scala ridotta. Per motivi diversi e in misura diversa, nel lungo termine entrambe le possibilità costituiscono un miglioramento rispetto alla situazione attuale. Tuttavia solo nel primo caso si avrebbe un passo avanti nella direzione della libertà e della prosperità sostenibile, nel senso che solo nei limiti in cui l’unità degli indipendentisti fosse attorno alla difesa coerente del principio di autodeterminazione il paradigma totalitario-collettivista verrebbe finalmente aggredito e le condizioni della crescita economica sostenibile potrebbero essere ristabilite.
Ora, qualcuno potrebbe obiettare che l’unità degli indipendentisti catalani è contemporaneamente entrambe le cose: unità attorno al principio generale di autodeterminazione e unità attorno all’obiettivo particolare dell’indipendenza politica dalla Spagna. È possibile che qualcuno creda a questa illusione solo fino al momento in cui si rimane nella dimensione degli slogan. Nel momento in cui si passa dagli slogan ai fatti (ed è probabile che questo momento coincida con quello della conquista della maggioranza indipendentista nel parlamento regionale il prossimo 27 settembre), occorrerà fare una scelta fra due paradigmi diversi e incompatibili fra loro: da una parte il paradigma in cui i princìpi generali riconosciuti prevalgono sugli obiettivi particolari (per quanto condivisi da una maggioranza questi possano essere) e, dall’altra, il paradigma opposto in cui sono determinati obiettivi particolari condivisi da una maggioranza a prevalere su princìpi generali riconosciuti. Fra questi due paradigmi non esistono vie di mezzo, non esistono compromessi. All’interno di ciascuno dei due paradigmi possono esserci sfumature particolari diverse e diversi modi e/o misure in cui una cosa prevale sull’altra, ma fra i due paradigmi si può scegliere o l’uno o l’altro, non tutti e due insieme.
Uno scenario possibile (e purtroppo altamente probabile) è che l’obiettivo particolare dell’indipendenza della Catalogna dalla Spagna (oppure quello precedente della maggioranza indipendentista nel parlamento regionale catalano che dovrebbe portare a termine il processo di indipendenza) sia un “obiettivo unico” a cui in questa fase è sacrificato ogni altro. Una volta raggiunto questo obiettivo, l’unità verrebbe abbandonata nel senso che verrebbe lasciato spazio al perseguimento di altri obiettivi particolari. Questi altri obiettivi particolari (e le differenze in relazione a essi fra le diverse persone) troverebbero una composizione all’interno del nuovo assetto istituzionale. Quest’ultimo, tuttavia, sarebbe un’espressione diversa e territorialmente più limitata dello stesso paradigma precedente da cui si è cercata l’indipendenza nel nome del principio di autodeterminazione. Rimarrebbero, seppur in modo diverso e/o con un diverso grado di efficienza, la “democrazia” intesa come regola della maggioranza (cioè la “democrazia” totalitaria), il corso forzoso, il monopolio dello stato sulla moneta, la manipolazione del denaro e del credito da parte del sistema bancario, la banca centrale, l’interventismo da parte dello stato, la tassazione, la progressività fiscale, la spesa pubblica, il cosiddetto “stato sociale”, ecc. Questo scenario porterebbe alla luce il fatto che il principio di autodeterminazione in nome del quale viene portata avanti la battaglia per l’indipendenza non sarebbe altro che una zattera usata per attraversare il fiume ma da gettare via appena viene raggiunta la riva opposta.
Un altro scenario in teoria possibile (ma in pratica altamente improbabile) è, invece, che a svolgere la funzione della zattera non sia il principio di autodeterminazione ma il processo “democratico” attraverso il quale è stata raggiunta la riva del principio dell’autodeterminazione. In questo scenario, il principio di autodeterminazione non potrebbe essere gettato via ma costituirebbe il solido e fertile terreno sul quale il sistema sociale ed economico cambierebbe spontaneamente forma, passando dalla società collettivista e quindi totalitaria alla società libera. In questo scenario la “democrazia” intesa come regola della maggioranza, il corso forzoso, il monopolio dello stato sulla moneta, la manipolazione del denaro e del credito da parte del sistema bancario, la banca centrale, l’interventismo da parte dello stato, la tassazione, la progressività fiscale, la spesa pubblica, il cosiddetto “stato sociale”, ecc. verrebbero rigettati in toto in quanto incompatibili col principio di autodeterminazione.
Questo secondo scenario è reso altamente improbabile da diversi ostacoli interni al movimento indipendentista catalano: non ultimi quelli culturali. Esiste tuttavia un grande ostacolo esterno: le moderne “democrazie” totalitarie occidentali farebbero una guerra senza esclusione di colpi a un’eventuale società libera che nascesse al loro interno (anche ammesso per assurdo che ci fossero le condizioni culturali e di altro tipo che ne consentissero la nascita). Per avere un’idea della violenza con cui le “democrazie” totalitarie occidentali si scaglierebbero contro un’ipotetica società libera basta vedere quella con cui si sono scagliate contro i cosiddetti “paradisi fiscali” (che comunque sono lontani dall’essere società libere, dato che generalmente anch’essi hanno il monopolio statale della moneta, la banca centrale, la manipolazione della moneta e del credito da parte del sistema bancario, la tassazione, ecc.).
In ogni caso, comunque vada, qualunque sia lo scenario che si verificherà, il processo che sta portando all’indipendenza catalana ha dato una grande lezione che è preziosa per le prossime generazioni: i principi generali uniscono, i provvedimenti particolari dividono. In altre parole, la Legge (cioè la regola generale di comportamento individuale valida per tutti, stato per primo ove ci fosse, allo stesso modo) unisce, la “legge” fiat (il sistema di provvedimenti specifici decisi arbitrariamente dall’autorità in funzione del raggiungimento di obiettivi particolari e secondo le procedure burocratiche previste) divide.
Se l’indipendenza catalana vedrà la luce, questo sarà dovuto al fatto che, anche se per un solo istante storico, le persone si sono unite attorno al principio di autodeterminazione (magari per buttarlo nel cestino un istante dopo adottando il corso forzoso della moneta per esempio). Se persone con alle spalle storie diverse, situazioni economiche diverse, interessi diversi, talenti diversi, debolezze diverse, priorità diverse, gusti diversi, avranno ottenuto l’indipendenza, l’avranno ottenuta perché si sono unite nel nome del principio di autodeterminazione, e cioè della Legge (ripeto, magari per gettarlo via subito dopo). Se non fosse stato possibile appellarsi a questo principio, non credo che il processo indipendentista catalano avrebbe avuto alcuna possibilità di successo.
La Legge è la forza che tiene unite insieme le persone più diverse. Per questo lo stato totalitario moderno l’ha sostituita con la “legge” fiat: perché la prima unisce al di là delle necessarie differenze particolari mentre la seconda, facendo leva su queste ultime, divide al di là della condivisione di regole generali di comportamento individuale. In altri termini, perché la prima avrebbe impedito allo stato di perseguire la strategia del divide et impera senza la quale non avrebbe potuto mettere le persone le une contro le altre e quindi dominare su tutte.
L’autodeterminazione come principio mentre serve ad unire disciplina anche le controparti. Davanti alla coerenza anche gli unionisti s’avvantaggerebbero nella dinamica complessiva.
Proprio come prescrive la teoria dell’azione umana.
Ogni pattuizione non violenta in materia di indipendenza non sarà un gioco di sottrazione o divisione, ma di vantaggio per entrambe le fazioni. “No serìa un juego que suma cero”.
Se fossi il re di Spagna sarei io a proporla componendo e sublimando le ridicole scaramucce bulletti di paese in cambio del mantenimento del folclore di una tradizione. Ma (Thank’sGod) non lo sono, e non credo che i politici sapranno cogliere l’occasione storica da entrambe le parti.
A volte manca solo la consapevolezza di non disporre sempre di tutta la conoscenza e di tutte le soluzioni. La creatività umana è una risorsa che può allargare una torta che non è semplicemente da dividere.
Le ragioni generali per rimanere saldi nei principi ci sono, le ragioni culturali di tipo particolare per disfarsene prevarranno ancora per parecchio tempo. Solo di recente e grazie ad una minoranza di apparente indole carbonara si sta riscoprendo che chi è più ricco e benestante lo deve al fatto di aver ben servito il prossimo.
Complimenti a Giovanni Birindelli, che riesce sempre ad affrontare le questioni da una visuale diversa dal solito.
La considerazione che i principi generali (la Legge) uniscono, mentre la legislazione concreta (la legge fiat) divide, è illuminante.
I catalani, si chiede Birindelli, nel caso riescano a conquistare l’indipendenza, metteranno in sordina il principio generale di autodeterminazione, ricreando uno Stato uguale a quello dal quale si sono staccati, solo più in piccolo?
E’ possible. Questa infatti è la stessa critica che Albert Jay Nock nel libro “Il Nostro Nemico lo Stato” mosse ai rivoluzionari americani, che dopo aver conquistato l’indipendenza si dimenticarono dei principi di autodeterminazione contenuti nella Dichiarazione redatta da Jefferson, impegnandosi pochi anni dopo nella creazione di un governo federale centralizzato con l’approvazione della Costituzione (che Nock considera un vero e proprio colpo di Stato).
E’ molto probabile che qualcosa del genere accada anche in Catalogna.
Tuttavia credo che dalla riduzione e dalla moltiplicazione degli Stati, dei sistemi giuridici, dei sistemi fiscali, si crei sempre una situazione di maggior concorrenza, e quindi si aprano spazi di maggior libertà, anche nel caso peggiore in cui al governo della nuova Catalogna indipendente andasse un partito di idee socialiste.
In ogni caso dobbiamo sperare nella vittoria dell’indipendentismo, quali che saranno i suoi esiti specifici e temporanei.
Grazie Guglielmo del commento. Sono perfettamente d’accordo con te. Quando nell’articolo scrivo che anche l’indipendenza della Catalogna sulla base del principio di autodeterminazione “usa e getta” è un miglioramento rispetto alla situazione attuale, mi riferivo fra le altre cose proprio alla maggiore concorrenza da frammentazione degli stati. Dall’articolo dovrebbe essere chiaro che faccio il tifo per l’indipendenza della Catalogna, anche se faccio un tifo ancora maggiore per la coerenza col principio di autodeterminazione su cui la sfida politica per la prima si basa (coerenza a cui non credo che assisteremo)