La notizia mi giunge nel freddo di una capitale nordica, Amburgo. Dove pure sono conservate, e non solo nel nome, quelle tracce di “libera città anseatica”, che la rendono tuttora, una lunga ombra di libertà che ombra non è, ma luce, anche interiore, una delle metropoli più ricche non d’Europa, ma del mondo. Una città che gli sarà stata senz’altro cara.
Il mio rapporto con Oneto, diciamo la verità, da sempre fu di polemica, come quello tra due combattenti per la libertà separati da “differenze minori”, quelle differenze minori che secondo Freud tuttavia si costituiscono, o si possono costituire in barriere, attraverso il “narcisismo”, sempre per utilizzare la terminologia di Freud, che provocano, e da cui sono alimentate, per la comprensione reciproca, e possono sfociare addirittura in odio; che non era certamente, occorre chiarire da subito, il nostro caso.
Ripensando a lui, ai nostri pochi occasionali incontri, necessariamente, ora, in una luce diversa, comprendo forse molto più delle sue ragioni – magnificamente, coerentemente portate avanti per una vita – a favore della “Padania”, che personalmente, da una prospettiva liberale-classica che era solo parzialmente la sua, ritenevo infondate: o, perlomeno “infondate” solo, alla fine, a partire dalla “praticità” di un richiedere l’indipendenza (e lottare per essa) per il Veneto o la Lombardia, già belli e fatti ed esistenti come “regioni” particolari, piuttosto che una “Padania” vaga ed ancora da costituire.
In verità, mi convinco sempre più che la costruzione di una base culturale vasta e condivisa sia primaria, in vista dell’ottenimento dell’indipendenza, e allora i tratti costitutivi della Padania, che per una vita Oneto ha ricostruito con la pazienza e la cura dell’architetto, siano di estrema importanza, anche nel quadro del (per ora piccolo) avanzamento dell´indipendentismo veneto, e di quello ancor minore dell’indipendentismo lombardo. Una ricostruzione filologica ed una “invenzione”, giusto il titolo del suo famoso libro, nel senso però della “inventio” rettorica, piuttosto che dell’invenzione come libera creazione immaginativa.
E allora davvero la “Padania” assume un significato anche più radicale rispetto alla “regione amministrativa italiana”, Veneto o Lombardia che sia, costruzione di appannati teorici ottocenteschi che Oneto, insieme a Salvi, suo grande sodale, aveva abbondantemente smascherato. Se rimango nel mio orticello di studi, ad esempio, dell’ebraismo della prima età moderna, il mio collega Alberto Castaldini ha sviscerato, tra l´altro, la nozione, e i tratti caratteristici, della “Padania judaica”, delle comunità ebraiche che tra Verona, Mantova, Ferrara, Venezia, Padova, erano caratterizzanti proprio della “Padania” storica. Insomma, nel momento in cui affermavo, provocatoriamente, che la “Padania non esiste”, era solo per ribadire una nozione di “fattibilità” per l’indipendenza soprattutto veneta; una nozione poi messa alla prova del voto, cui per ora non ha resistito.
Oneto ha combattuto una vita per la verità. In ultimo, i suoi attacchi al “guerrone”, l’immonda strage di stato chiamata per miracolosa distorsione del vero “grande guerra”, lo hanno di nuovo, per l´ennesima volta, messo contro al “mainstream” dei servi di stato, degli storici prezzolati, degli adoratori del Male, che invece continuano ad osannare – ma come fanno, mi domando – quel macello immondo e immane come “forgiatore della nazione”, quell’improvvida mossa, e quel tradimento della Triplice, che resero l’Italia un paese di vedove e di torsi umani, offrendolo poi in pasto al fascismo, che ne fece agile boccone, in attesa che il medesimo alleato fosse tradito una seconda volta, in una seconda guerra che fu strage ancor peggiore.
Ma di Oneto vorrei ricordare anche gli inizi, di architetto, professione poi di una vita, di colui che conosce il paesaggio e le forme urbane e rurali, i manufatti, perché quel paesaggio innanzi tutto ara e ama, radicalmente, appassionatamente. E il legame tra indipendentismo ed architettura non è certo né casuale, né tantomeno privo di precedenti. La libertà è una costruzione, paragonabile, alla fine, ad un manufatto. La Catalogna sta costruendo, con la propria patria, la propria casa, alla fine. O, diciamo, ri-costruendo. Forse al di fuori della Sardegna non lo ricordano in molti – se gli indipendentisti sardi si degnassero di dialogare ogni tanto con i continentali, sarebbe meglio per tutti – ma Antoni Simon Mossa, nato casualmente a Padova nel 1916, e morto a Sassari nel 1971, uno dei padri del moderno indipendentismo sardo, fu un noto architetto. Lo ricordo ogni volta che salgo la “Scala del Capriolo” a Capocaccia. Che ha un nome catalano, per dire il vero: “Escala del Cabirol”. Architettura, essenziale, simbolica: raggiungere l´indipendenza mi pare quasi, ora, ascesa del monte Purgatorio. Una delle sue creazioni. Nella mia cara Palau, e lo ho scoperto solo di recente, suo è l’Hotel Altura. Ci sono passato mille volte, ci ho mandato tanti ospiti.
Gilberto Oneto ci mancherà, questo ligure nato a Biella e morto a Verbania, questo rappresentante della felice “tribù degli Oneto”, su cui scrisse uno dei suoi libri che onora la mia e la Sua Terra, la Liguria, questa nostra patria straziata dallo statalismo e dall’interventismo di ogni tipo, lugubre esempio del malaffare di Stato: ma speriamo pronta a rinascere, anch´essa, libera. Un giorno. Un giorno non lontano, speriamo, anche.
Quella Genova nostra dove ancora sono aperte, tra le altre, le ferite inferte ad essa, brutalmente, ciecamente e cinicamente da uno dei macellai di Stato italiani, il beccaio La Marmora, nel 1849, su cui Oneto, con Bampi, ha pubblicato un altro bel libro “ligure”, “L’insurrezione genovese del 1849. Il generale La Marmora bombarda e saccheggia la città”; uscito nel 2010 da “Il Cerchio”.
Addio dunque, “ladro di paesaggi”, come racconta il titolo di un Tuo libro sulla tua mirabile attività professionale, addio profeta di verità, costruttore di edifici e di idee, che, alla fine, vuol dire la stessa cosa. Tu hai scritto un libro sul nostro San Giorgio, “il Santo Uccisor del Drago”, questa figura cara alle città di mare, solo la settimana scorsa ne ho visto alcuni, lignei e rinascimentali, feroci e pre-riformati, nella città anch’essa libera (e fino al 1937!) di Lubecca. A noi spetta, invece, se ci riusciremo, di por fine alla vita di un drago che ha minato e anchilosato per sette generazioni la nostra, di vita, e che non nomineremo, per evitare che si metta in guardia e spalanchi quelle sue fauci malandate.
Ti sia lieve la terra, ma non riposare in pace: continua a mandarci idee e provocazioni, spunti e appunti dal luogo, celeste o ctonio, ove ora dimori. Ti abbraccio.
21/11/2021
ho condiviso con te, Gilberto, tanti sogni splendidi di libertà e saggezza: non troverò mai più un amico così. A presto per sognare ancora… A. M.
Rileggo il mio commento , vedo che ci sono alcuni errori , ma generalmente scrivo in lingua veneta la quale non usa la q , ma sempre la c … .mu capita quindi di confondermi 🙁
Il problema più grosso è stato cuello di aver appoggiato un percorso politico fatto, alla fine, di truffe , ruberie e comoletamente inconcludente.
Chi ha dato corda al percorso “bossiano” ha la colpa di non acer capito a cosa servivano tutte quelle parola ,….ma alla fine si è visto : a escogitare un pagliaccio come salvini propedeutico a riportare i ribelli nell’alveo del politicamente corretto .
Una cosa voglio sottiliere : non si deve parlare di indipendentismo Veneto, ma di indipendenza del Popolo Veneto che trova le sue radici nel territorio che comprende metà Lombardia e tutto il FriuliVG
Oneto è unico. Ci mancherà molto. Ce ne fossero molti altri come lui.
Apprezzavo anche il suo sottile umorismo, eccelso nello sbertucfiare i “pelasgici” protagonisti (e il loro stato) che si nutrono delle nostre risorse.
Grazie Signora Caterina! Un saluto caro. Io sono qui a Amburgo che medito qual sia la via migliore per raggiungere l´indipendenza. Spero che mi accada come al disegnatore del granchio nella famosa storiella Zen.
Grazie, Professore! finalmente capisco Oneto, io veneta incallita e irriducibile che ama tuttavia molte altre regioni e popoli di questa nostra pregnante dolorosa e stupenda penisola… leggevo i suoi interventi appassionati che tuttavia non condividevo fino in fondo… non mi ritrovavo nelle conclusioni…non sapevo di lui, della sua attività, della sua storia, delle sue passioni…
Grazie! spero mi perdonerà…ci perdonerà guardandoci dall’aere, fuori dalla mischia… senza più soffrirne.