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Attenti al mercato finanziario, è come un tossicodipendente

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banchieri-e-politicadi GERARDO COCO

I mercati finanziari, assuefatti alla morfina monetaria, sono come i tossicodipendenti che ne richiedono sempre dosi maggiori. E come i tossicodipendenti sono completamente alterati, inaffidabili e fuori controllo. Lo scorso ottobre Mario Draghi preannunciava un potenziamento del “quantitative easing”, il piano di acquisti per 60 miliardi al mese di titoli di stato e delle agenzie governative dell’Eurozona, degli abs e dei covered bond e un ulteriore taglio dei tassi sui depositi overnight delle banche.

Ora qualcosa è andato storto perché nella press conference del 3 dicembre, Draghi invece di annunciare questo potenziamento, come il mercato si aspettava, si limitava a mantenere invariato il piano di stimolo pur allungandone la durata di sei mesi, fino al marzo 2017. Il fatto è che il consiglio direttivo della BCE ha posto un veto all’incremento del piano. Ed è stato sufficiente non aumentare lo stimolo monetario per mettere subito in difficoltà i mercati; l’euro invece di svalutarsi si è rivalutato, i mercati azionari sono ribassati e i rendimenti obbligazionari sono lievitati. Esattamente tutto l’opposto del piano di Draghi. I principali media economici non hanno dato sufficiente risalto a questa vicenda, né hanno approfondito i motivi della scomposta reazione dei mercati.  Era invece un’occasione per spiegare  la natura e la dinamica del rapporto “simbiotico” tra mercato finanziario e banca centrale.

Primo: ogni volta che la banca centrale preannuncia misure monetarie espansive, la speculazione (banche, hedge funds e altre istituzioni finanziarie) la precede, precipitandosi a fare scorta di titoli prima che la banca li acquisti. Ne consegue che, non appena la banca vara l’espansione, il prezzo dei titoli sale e la speculazione vendendole realizza all’istante un “capital gain” gratuito. Per la speculazione ogni stimolo monetario è manna dal cielo.

Secondo: poiché l’obiettivo dell’espansione monetaria è il deprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute, la speculazione, in anticipo sulla svalutazione, si indebita in euro allo scoperto (short selling) acquistando valute che rendono di più e il cui cambio si apprezzerà rispetto all’euro. Tale operazione si chiama “carry trade” e si perfeziona quando la speculazione ripaga il debito in euro svalutati realizzando pertanto un secondo capital gain rappresentato dallo spread di rendimento tra le valute che si rivalutano e l’euro che si svaluta. Finché ci sarà il quantitative easing e Mario Draghi cercherà di creare inflazione, l’euro sarà la valuta ideale per indebitarsi e per speculare su altre valute attraverso il carry trade. La speculazione ringrazia.

Terzo: la speculazione può realizzare altri guadagni indebitandosi sempre in euro per vendere allo scoperto nel mercato dei future materie prime e preziosi ed è anche per tale pratica che questi mercati tendono al ribasso. Insomma, più la BCE cerca di inflazionare più deflaziona. Si tenga presenta che tutte le operazioni speculative sono a debito e pertanto assorbono il credito che si fa sempre più scarso per l’economia reale.

Il quarto regalo che la banca centrale dispensa alla speculazione è persino, incredibile a dirsi, il tasso negativo, applicato dalla BCE ai depositi delle banche per invogliarle a prestare all’economia reale. Ora Draghi non può non sapere che le banche del tasso negativo se ne infischiano perché, piuttosto che rischiare prestando a imprese e famiglie, conviene loro trasformare gli euro in dollari e depositarli presso le filiali americane, le quali a loro volta li parcheggiano alla Federal Reserve che li rimunera allo 0.25%. Questo è uno dei motivi per cui è il dollaro si è rafforzato e  apprezzato rispetto all’euro. Il movimento di capitali verso il dollaro dura dal luglio 2014, proprio da quando Draghi ha applicato il tasso negativo sui depositi “oziosi” che le banche tengono presso la banca centrale.

draghiInsomma, per chi non l’avesse ancora capito la banca centrale è la cornucopia del mercato finanziario e il quantitative easing e il suo correlato, l’inflazione,  funziona alla grande solo qui. Nel contempo tutte le operazioni speculative che genera destabilizzano i mercati aumentandone la volatilità e il rischio.

Ora, come accennato all’inizio, il 3 dicembre, la cornucopia, questa volta, non ha funzionato e il mercato è andato in bianco. Draghi, infatti, per non scontrarsi con Jens Weidmann Presidente della Deutsche Bundesbank e membro del consiglio direttivo della BCE, che non vede di buon occhio la politica della BCE, era costretto a venir meno alla promessa di aumento dello stimolo fatta qualche mese prima. Il mercato sentendosi tradito dal suo benefattore si è imbestialito. E a ragione, in quanto l’euro invece di svalutarsi, si è rivalutato (soprattutto rispetto al dollaro) costringendo il mercato ha smantellare precipitosamente il carry trade e coprire l’esposizione debitoria in euro vendendo in fretta, quel giorno obbligazioni, azioni, dollari, i cui valori sono tutti precipitati. Il DAX tedesco scendeva del 3.5%, il Dow Jones del 1.4%, i rendimenti dei bund tedeschi a dieci anni  salivano dello 0.59%, i rendimenti dei titoli USA a dieci anni del 7% e i rendimenti dei titoli italiani e spagnoli a due anni, da negativi diventavano addirittura positivi. Si badi bene: non è stata una stretta del credito a creare questo scompiglio, ma solo il mancato adempimento di una promessa. Cosa significa questo? Che ormai i mercati, assuefatti alla morfina monetaria, sono come i tossicodipendenti che ne richiedono sempre dosi maggiori. E come i tossicodipendenti sono completamente alterati, inaffidabili e fuori controllo.

In un articolo di qualche giorno faThe Apex Of Stupidity  (Il colmo della stupidità), Charles Gave, uno dei migliori economisti in circolazione, con riferimento a questa vicenda, scriveva, fra l’altro: «Il mercato azionario europeo ha perso il 4% mentre l’euro è salito nella stessa percentuale nello spazio di minuti: Cosa questo significhi è semplice: il valore nei mercati finanziari non è più una funzione dei rendimenti reali ma è determinato dall’ammontare del credito delle banche centrali e, in particolare, da quanto hanno intenzione di crearne. Siamo pertanto in un mondo in cui mi sento di postulare la seguente legge: le variazioni nel valore delle attività finanziarie sono in funzione dei cambiamenti attesi nella quantità di moneta creata dalle banche centrali». In altre parole i mercati finanziari, oggi, sono dei derivati di cui solo le banche centrali garantiscono il valore. Quanto dire che, privi di fondamentali, sono una bolla. E prima o poi le bolle scoppiano.

E l’economia reale? Draghi alla press conference ha detto: «Ci aspettiamo che la ripresa economica continui…  con la domanda interna  ulteriormente sostenuta dalle nostre misure di politica monetaria e dal loro favorevole impatto sulla situazione finanziaria».  Ma per favore…

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