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Dall’uscita dall’ue dell’inghilterra alla voglia di super-stato europeo

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j2di GERARDO COCO

Nel  mese di giugno gli elettori britannici andranno alle urne per decidere se restare nell’Unione europea o andarsene per sempre. Sebbene non sia vincolante è considerato per l’unione come test di solidità e in tal senso, molto significativo. Il primo ministro Cameron annunciando il referendum del 23 giugno, ha già votato: “Chiederò di restare nell’Unione europea”. Cameron chiede flessibilità e si illude di poter riformare l’Europa dall’interno senza cedere sovranità.

Il suo più illustre e lungimirante predecessore, Winston Churchill, disse che se l’Inghilterra avesse dovuto scegliere tra l’Europa e il mare aperto avrebbe scelto il mare aperto. E aveva ragione. Paventava, infatti, che l’Europa potesse essere costruita su base coercitiva e burocratica. Da liberale, credeva in una regolamentazione snella e leggera e sul governo laburista del dopoguerra disse «Se produci 10.000 leggi distruggi il rispetto per la legge».

Jean Monnet, ritenuto uno dei padri fondatori dell’attuale Europa, fu invece l’ispiratore di un’unione di questo tipo: «Le nazioni europee debbono essere guidate verso la costruzione di un superstato senza che le persone si accorgano di quello che accada. Questo progetto sarà realizzato un passo dopo l’altro, mascherandolo da fine economico, ma diretto inevitabilmente e irreversibilmente verso un’unione politica». Pronunciò tali parole come se le peggiori dittature dell’epoca moderna, non si fossero basate su questi principi. Eppure è stata la sua idea a plasmare l’Unione che assomiglia sempre più alla vecchia URSS: una Commissione che agisce come un Politburo decidendo sopra la testa dei cittadini, soprattutto quelli dei paesi dell’area monetaria comune che ricalca esattamente la vecchia struttura sovietica imperniata sulla Gosbank, la banca centrale che controllava le 15 banche nazionali dei paesi membri.

L’UE sta scivolando verso una dittatura. Il Rapporto Werner, il piano di attuazione di un’unione economica e monetaria che l’allora Primo Ministro del Lussemburgo, Pierre Werner, pubblicò nel 1970, illustra nel dettaglio come ideare un sistema di potere centralizzato per sottrarre ai paesi membri la sovranità politica ed economica e alimentarlo con la tassazione. Edward Heath, primo ministro britannico dell’epoca, lo liquidò come progetto pericoloso che andava ben oltre la formazione di un mercato comune.

L’unione mostrò il suo vero volto nel 2013 quando il sistema bancario cipriota implose e una delegazione europea arrivò per imporre il bail in ai depositanti. In quei giorni, il Wall Street Journal rilevò che il presidente cipriota, democraticamente eletto, fu estromesso brutalmente da tutte le discussioni con i modi spicci e brutali di una dittatura. Fu un test per misurare la tolleranza della popolazione a questo coup d’état finanziario e siccome nessuno protestò troppo, il bail in diventò legge europea recepita dal Regno Unito senza batter ciglio. E’ stato un assaggio di quello che potrebbe avvenire senza che gli inglesi, restando nell’unione, «si accorgano di quello che accada». Jean Monnet docet. Queste furono le ragioni per cui Margaret Thatcher era contro l’unione economica: intuì che si sarebbe trasformata in unione politica con un potere centrale capace di tutto. Povera Maggie, meno male che non ha assistito allo scempio. «Non posso sopportare la Gran Bretagna in declino. Proprio non posso», disse.

Per gli inglesi, il primo valido motivo per votare contro l’Europa è la salvaguardia del loro sistema legale e costituzionale. Tanto per cominciare loro hanno l’Habeas Corpus che sancisce il principio dell’inviolabilità personale e ne regola le garanzie, mentre nell’UE c’è il mandato di arresto europeo (European Arrest Warrant), senza una vera costituzione, tribunale comunitario, un appello europeo, insomma senza regole comuni. Pertanto finché i britannici se ne staranno fuori salvaguarderanno le loro libertà individuali. Nella UE, l’individuo esiste per servire il Superstato, in Gran Bretagna, esiste ancora lo Stato per servire l’individuo. Il Parlamento europeo che serve a ratificare ciò la Commissione/Politburo decide, ridurrebbe quello inglese al ruolo di passacarte. La loro monarchia che, a seguito del Trattato CEE aveva già abdicato al ruolo di custode dei diritti del popolo, potrebbe riprenderselo per prevenire incursioni incostituzionali da parte del governo.

EUSSR-europa statoPoiché il Brexit potrebbe innescare una crisi nella UE, la propaganda europeista ha seminato il panico sulle apocalittiche conseguenze soprattutto in campo commerciale. E’ stato diffuso uno scenario secondo il quale il Brexit comporterebbe una contrazione del prodotto inglese del 14%. Previsione poco plausibile in quanto il Regno Unito ha un deficit commerciale con il resto dell’Europa, cioè compra di più di quanto vende. Pertanto eventuali ritorsioni commerciali si ripercuoterebbero solo sugli autori. Inoltre la quota del prodotto UE su quello globale, ha un trend decrescente essendo passata dal 30% nel 1993 al 24% nel 2014, il che riflette la crescita dei paesi emergenti che, anche se oggi sono in difficoltà, rappresentano nel futuro le aree a maggior espansione e la Gran Bretagna è l’unico stato dell’Unione che vende all’esterno di più degli altri paesi membri. Per quanto riguarda il mercato dei capitali, Londra ha, sui potenziali concorrenti di un post Brexit, (Francoforte e Parigi), un vantaggio competitivo: è un hub finanziario secolare difficile da replicare.

Come stato sovrano indipendente, la Gran Bretagna può quindi prosperare come ha fatto nel passato prima che l’Unione si formasse. Perché dunque dovrebbe restare in un’area stagnante e destinata con ogni probabilità a sfaldarsi? Ciò che deve spingere i britannici fuori dall’unione è la ferma convinzione di voler governare il proprio paese attraverso le urne elettorali e non attraverso un apparato non eletto di stile sovietico per patire continue, angosciose sorveglianze, tensioni e misure arbitrarie e allo stesso tempo essere il maggior finanziatore, dopo la Germania, dei suoi immani sprechi. Tuttavia, se dobbiamo dirla tutta, il rischio Brexit esiste. L’unica cosa che la City londinese deve temere è un attacco alla sterlina nel mercato dei cambi dove si trattano giornalmente £3.4 trilioni ($5.3 trilioni) e nel quale la sterlina rappresenta il 41%. L’enorme flusso valutario potrebbe dirigersi verso l’Asia e le altre capitali europee. Non bisogna dimenticarsi, poi, del 16 Settembre 1992, il «mercoledì nero» provocato dal finanziere George Soros che scommettendo al ribasso 10 miliardi di dollari sulla sterlina sopravalutata rispetto al marco, la fece collassare, umiliando la Gran Bretagna. Coloro che hanno investimenti denominati in sterline devono quindi stare in guardia.

Ma, alla fine il Brexit, per la Gran Bretagna, potrebbe risolversi in un non evento. Non erano stati evocati scenari catastrofici anche dieci anni fa quando rifiutò di aderire all’euro? Il paese non ha mai coordinato le sue politiche economiche con quelle dell’eurozona. Diversa sarebbe la situazione se fosse nell’euro e volesse avvantaggiarsi dell’uscita per svalutare. Il Regno Unito è completamente separato dall’Unione e gode di indipendenza economica (tasso di cambio, di interesse, politica fiscale, tassazione, welfare) e non partecipa al trattato di Schengen. Nulla, quindi, cambierebbe se dovesse uscirne. Semmai l’evento significativo, in Europa, sarà lo spostamento del centro del potere dall’unione politica a quella monetaria già boccheggiante e che, per evitare l’implosione, non ha altra scelta che creare l’unione fiscale e bancaria. Dunque, alla fine, il Brexit accelererebbe solo il processo di integrazione politica dell’unione monetaria, rendendo quella dell’unione europea irrilevante. De profundis per quelli che restano nell’euro.

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1 COMMENT

  1. Io non capisco tuttora perché il Regno Unito non sia rimasto fuori fin dall’inizio da questa miserabile vicenda europea.
    Ricordo che esisteva il Commonwealth tanti anni fa. C’era già per l’inghilterra una specie di spazio comune coi territori d’oltremare.
    Quella era già una specie di unione, se non ricordo male.
    A me piacerebbe che l’inghilterra se ne andasse.
    Primo perché l’unione europea va a ramengo.
    Secondo perché rimarrebbe una specie di rifugio delle libertà poco distante.
    Sono curioso di vedere tra i politici italiani chi si schiererà con coloro che ne auspicano l’uscita.

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