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Padoan: abbiamo tagliato la spesa. peccato siano solo chiacchiere

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Padoan, da Ue mi aspetto riconoscimento sforzidi MATTEO CORSINI

“La spesa pubblica è stata tagliata per 25 miliardi di euro. E’ stato tagliato talmente tanto che è difficile andare oltre. Ora lo sforzo deve essere sulla qualità dei meccanismi di spesa”. Affermazioni come quella che del ministro Padoan che ho riportato fanno cadere le braccia (per non essere volgari).

Se uno afferma che la spesa è stata tagliata di un certo ammontare ci si dovrebbe aspettare, consultando i dati ufficiali di finanza pubblica, di trovare riscontro a tale affermazione. In termini esemplificativi, se si sostiene che la spesa è stata tagliata di 25 miliardi, supponendo che prima del taglio la spesa fosse 100 miliardi ci si dovrebbe aspettare, dopo il taglio, un totale di 75 miliardi. Ebbene, in base ai dati di fonte Istat, la spesa delle amministrazioni pubbliche nel biennio renziano è passata da 818.982 milioni di fine 2013 a 824.669 milioni di fine 2015. Se non sono intervenuti cambiamenti a me ignoti nelle regole dell’aritmetica, la spesa è aumentata di quasi 5,7 miliardi.

Uno potrebbe allora sostenere che ci sono voci di spesa che non dipendono dal governo, per esempio gli interessi sul debito pubblico. Ciò è certamente vero, ma al netto degli interessi sul debito le cose peggiorano, dato che quella è la voce di spesa maggiormente diminuita nel corso del biennio in considerazione. La spesa al netto degli interessi è passata da 741.414 milioni di fine 2013 a 756.242 milioni di fine 2015, quindi è aumentata di 14,8 miliardi.

Ma c’è di più: sommando le sole voci di spesa in diminuzione, sempre al netto degli interessi passivi, si arriverebbe a un calo nel biennio di 7,5 miliardi. Il che dimostra che spesso, quando si parla di tagli, si considerano anche i minori incrementi rispetto all’inerziale. Ma se una certa voce di spesa aumentava ogni anno del 5% e a un certo punto si riduce l’incremento annuo al 3%, non si ha un taglio di spesa, bensì un minor incremento.

Anche guardando i dati in rapporto al Pil, la musica non cambia: tra il 2013 e il 2015 le uscite totali sono diminuite dal 51% al 50,4% del Pil, ma, al netto degli interessi, la spesa è rimasta invariata al 46,2% del Pil. Si potrebbe allora supporre che la spesa diminuirà quest’anno e i prossimi. I dati messi a disposizione dalla Ragioneria Generale dello Stato basati sulle previsioni contenute nella legge di Stabilità, però, mostrano una spesa in ulteriore (seppur non marcato) aumento, soprattutto quella di parte corrente. E va detto che generalmente le previsioni governative peccano di ottimismo.

Resta il fatto che, secondo Padoan, “è stato tagliato talmente tanto che è difficile andare oltre”. Indubbiamente ci sono voci di spesa più rigide di altre, ma su oltre 756 miliardi di spesa al netto degli interessi non dovrebbe essere difficile “andare oltre”. E tirare in ballo la “qualità dei meccanismi di spesa” ha tutta l’aria di essere l’ennesimo escamotage per non fare nessun taglio degno di essere definito tale.

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3 COMMENTS

  1. non capisco…le cifre di spesa riportate sono milioni, milioni di miliardi o miliardi, come dal conteggio delle differenze…

  2. Considerate che le 4 principali voci di spesa pubblica sono: interessi sul debito, dipendenti statali, pensioni, sanità.
    Da sole rappresentano il 50% della spesa pubblica. Appare evidente che tagliare la spesa pubblica vuol dire tagliare queste spese.
    Gli interessi sul debito si possono tagliare o con un default con conseguente fallimento in cascata della maggiori parte delle banche italiane, inzuppate di titoli di debito pubblico, e di conseguenza con il bail in sarebbero i correntisti ed i risparmiatori a pagare il debito pubblico, con conseguenze su fallimenti e consumi.
    I dipendenti pubblici sono più o meno il doppio dei necessari, mal distribuiti e troppo pagati. Provenendo in gran parte dalla Magna Grecia vorrebbe dire il deserto economico nel sud, visto che c’è un economia artificiale basata solo sui trasferimenti pubblici con i soldi della Padania. Le conseguenze sarebbero anche elettorali, questa gente vota. Inoltre costi per TFR e assegno di disoccupazione.
    Tagliare le pensioni vorrebbe dire passare al contributivo subito oppure privatizzarle. Le conseguenze sarebbero eliminazione delle pensioni d’oro, sociali, delle false pensioni d’invalidità, delle baby pensioni e delle pensioni statali, per cui lo Stato non ha mai versato i contributi. Conseguenze economiche nel meridione, elettorali e ostruzionismo degli alti papaveri statali ed infine milioni di cause per i cosiddetti “diritti acquisiti”.
    Tagliare la Sanità vuol dire colpire la potentissima lobby dei farmaci e la mangiatoia preferita dai partiti, si potrebbe privatizzare come in Svizzera e risolvere alla radice il problema.
    Detto questo, la struttura della spesa pubblica italiana è tale per cui è costantemente in crescita, non può essere tagliata e finirà semplicemente per implodere, non prima che vengano fatte cose inutili e distruttive tipo patrimoniali, ecc.
    L’Italia non è riformabile, la Padania può scegliere se scomparire con essa oppure ridiventare indipendente prima che sia troppo tardi.

  3. Naturalmente , non credo a padoan.
    Ma anche se fosse vero, cosa sono 25 miliardi di risparmio con un debito di 2300 miliardi e spese correnti pressoché incontrollabili?
    No, questi vivono su un altro pianeta.

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