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Venezuela: la popolazione cerca cibo, ma il regime continua a reprimere

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venezuela-2di MARIETTO CERNEAZ

Benché in Italia si continui ad evitare di parlarne, la gravissima crisi politica-sociale-alimentare venezuelana ha raggiunto livelli di assoluta insostenibilità. (Come scritto in decine di articoli sul Miglioverde, vedi qui). La realtà quotidiana è all’insegna di scontri e proteste un po’ in tutte le città e nelle ultime settimane sono decine le rivolte spontanee causate dalla mancanza di cibo.

Il regime di Maduro usa il pugno di ferro e se da un lato non permette lo svolgimento del referendum revocatorio per cacciare dalla presidenza il despota (sono state raccolte milioni di firme, la genete continua a scendere per strada ma è repressa a colpi di lacrimogeni), dall’altro si comporta come il peggior regime cubano nel razionare gli alimenti, che tiene nascosti per consegnare solo ai propri fedelissimi, esercito in testa. E ridotta alla fame, la gente saccheggia negozi, camion, magazzini dove è disponibile il cibo.  Come riportato su IBTimes, “il New York Times ha usato di recente un’espressione emblematica per descrivere la situazione sociale in Venezuela: “convulsioni da fame”. Imprese e aziende assaltate e svuotate di macchinari e materiale, supermercati arrembati dalla folla e saccheggiati, il tutto in un clima da polizia militare che non aiuta il clima sociale. Il 72 per cento dei salari viene in media utilizzato oggi per l’acquisto di cibo, ma l’87 per cento dei venezuelani lamentano di non riuscire a comprarne abbastanza”. Bande armate, vicine al governo, scorrazzanno per le strade e saccheggiano le case dei civili, spargendo la paura un po’ ovunque.

Il Venezuela è un paese economicamente distrutto dalla dottrina socialista implementata da Chavez prima e Maduro poi. Il bolivar non vale e nulla e si svaluta giorno dopo giorno. Ha in parte retto fino a che il petrolio era a prezzi alti, ma con la caduta del valore dell’oro nero (unica risorsa dell’economia governativa), le entrate sono mancate. Da tempo è fame vera, insomma, a tutti i livelli della società. Il Venezuela non è più in grado di produrre cibo a sufficienza per la propria popolazione. il sistema produttivo è stato distrutto a suon di espropri e collettivizzazione.

bimbo-venezuelaGli effetti della collettivizzazione e degli espropri? Eccoli: “Nei magazzini il magro raccolto è lasciato marcire per l’impossibilità di distribuirlo mentre nei campi la mancanza di fertilizzanti ha ridotto di molto i raccolti di canna da zucchero, mais e riso, che fino a due anni fa il Venezuela esportava mentre oggi è costretto ad importarli in quantità insoddisfacenti. Gli attrezzi agricoli e i macchinari industriali per la lavorazione dei prodotti in molte aziende pubbliche sono fermi da mesi e la ruggine segue inevitabilmente il suo corso”. Gli imprenditori che han potuto sono fuggiti ma alcuni di loro, oggi, finiscono in carcere perché additati dal regime come speculatori. Generi di prima necessità sono diventati beni di lusso: dall’acqua al pane fino allo zucchero. Ma nella Repubblica bolivariana anche il sistema sanitario è allo sbando, mancano medicinali e mezzi, le strutture sono fatiscenti e mancano le cure per i bambini malati (Venezuela, dove i bambini muoiono per mancanza di medicinali).

Il Venezuela è sull’orlo del baratro, anzi è nel baratro, ma Maduro respinge le accuse e tiene ben saldo il potere politico, continuando ad additare l’opposizione di essere la sobillatrice delle rivolte e i fantomatici nemici esterni, Usa in primis. Il presidente insiste nel sostenere che è tutta una mossa della borghesia capitalista se il paese è nella miseria più assoluta.

Quanto potrà durare ancora questo inferno socialista?

 

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