Si riaffaccia la ‘mina vagante’ catalana e mette ancora più a rischio i sempre più fragili e instabili equilibri politici della Spagna del dopo bipartitismo.
Il parlamento di Barcellona ha sfidato apertamente per la prima volta oggi le istituzioni di Madrid e soprattutto la corte costituzionale approvando una mozione che apre il processo di ‘disconnessione’ dalla Spagna. Il governo di Madrid ha annunciato un immediato ricorso alla corte costituzionale appunto contro il pronunciamento di Barcellona, definito “molto grave” dalla vicepremier Soraya de Santamaria. Si apre un conflitto politico e istituzionale dalle conseguenze ancora imprevedibili.
Dopo la vittoria dei partiti indipendentisti – maggioranza assoluta nel ‘Parlament’ di Barcellona – alle regionali catalane del 27 settembre scorso il nuovo presidente della Catalogna il secessionista Carles Puigdemont aveva confermato nonostante la granitica opposizione di Madrid l’obiettivo di arrivare a una ‘repubblica’ indipendente per la fine del 2017. La maggioranza indipendentista aveva fatto approvare dal parlamento una dichiarazione solenne verso l’indipendenza, subito annullata e dichiarata illegale dalla corte costituzionale spagnola, che aveva vietato al ‘Parlament’ di ripresentarla. Ma i 72 deputati indipendentisti, su 135, oggi hanno apertamente disobbedito, in nome della sovranità del popolo e del parlamento catalani. La nuova mozione prevede di “completare la disconnessione dallo stato spagnolo” unilateralmente e l’adozione di leggi preparatorie all’ indipendenza (cominciando da fisco e sicurezza sociale autonomi) già bocciate da Madrid. La sfida aperta allo stato spagnolo di Barcellona – duramente contestata dai deputati della minoranza anti-secessionista – interviene all’indomani di un sondaggio che per la prima volta dà i sostenitori della secessione in Catalogna nettamente in vantaggio sugli oppositori, 48% contro 43%, ma anche nel peggiore momento per le istituzioni di Madrid. Parlamento e governo spagnoli sono paralizzati dalle politiche del 20 dicembre, che hanno fatto esplodere il regime del bipartitismo Pp-Psoe con l’irruzione di Podemos e Ciudadanos.
La paralisi del Congresso ha costretto a ripetere le elezioni il 26 giugno, ma la situazione rimane bloccata fra i veti incrociati dei partiti. Re Felipe ha avviato consultazioni con i leader politici alla ricerca di formule per un nuovo governo. Ma per ora Rajoy, vincitore senza maggioranza delle politiche di giugno, non è riuscito ad ottenere l’appoggio di nessuno. Non è chiaro se Felipe gli proporrà di tentare di formare il nuovo governo, e se il leader popolare accetterà. La nuova esplosione di tensione con Barcellona complica ulteriormente la situazione della Spagna, senza governo eletto da 8 mesi, dopo essere stata fino ad allora il paese politicamente più stabile dell’Ue. La stampa aveva ipotizzato un avvicinamento fra il Pp e i secessionisti catalani moderati della Cdc di Puigdemont, che avrebbero potuto astenersi sull’investitura di Rajoy. Ora però sembra del tutto impossibile e lo spettro di nuove elezioni, le terze in meno di un anno, si fa minacciosamente più vicino. (*ANSAmed).
La Catalogna ha fatto quello che la Regione Veneto non oserebbe mai fare, nonostante tutti i proclami e le chiacchiere… per mancanza di statura, di coraggio e di convinzione, troppo legati alle loro poltrone ben remunerate da Roma che non osano mettere a repentaglio… paura di essere commissariati? eh, certo! quando si è sudditi fino al midollo è assolutamente cosa da evitare…
Eh già…