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Breve storia di un disastro monetario mondiale

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monete variedi GERARDO COCO

Nel 1971, durante l’estate di quarantacinque anni fa, il presidente americano Richard Nixon dichiarava l’inconvertibilità del dollaro in oro mandando all’aria, unilateralmente, gli accordi stipulati nel dopoguerra a Bretton Woods per regolare il funzionamento del sistema monetario internazionale. Un fatto storico eccezionale in quanto veniva reciso il legame con la moneta aurea che durava dal 1789, anno di fondazione degli Stati Uniti. La via crucis delle continue crisi economiche e finanziare è cominciata proprio dopo questa storica decisione.

Le regole di Bretton Woods si basavano su un sistema a cambio aureo, il gold exchange standard in cui il prezzo dell’oro era stato stabilito dal Tesoro americano a 35 dollari l’oncia mentre le valute dei paesi partecipanti erano convertibili a un cambio fisso in dollari e indirettamente in oro. Il dollaro diventò la vera moneta mondiale e strumento internazionale di riserva. Si trattava però di un pseudo sistema aureo perché la valuta mondiale poteva essere manovrata lasciando immutato il prezzo politico dell’oro. In virtù di questo regime le banche di emissione erano autorizzate a contare nelle loro riserve non soltanto l’oro e crediti in moneta nazionale ma anche divise estere convertibili e, ovviamente, dollari. Tuttavia questi dollari benché registrati nell’attivo degli istituti di emissione restavano depositati nel luogo di origine. Ad esempio, quando un paese europeo esportatore riceveva dollari, questi costituivano la base per espandere il credito interno ma poiché restavano depositati nelle banche statunitensi, anche qui venivano utilizzati per aperture di credito. In pratica, pur privandosi di disponibilità monetarie a seguito di importazioni, il potere di acquisto degli Usa non diminuiva mai e il suo deficit dava luogo a esportazioni di dollari inflazionati. Questa “duplicazione” di dollari istituì di fatto un dollar standard mascherato dal rapporto di convertibilità obbligatoria, permettendo agli Usa di importare senza pagare quello che i paesi partner guadagnavano esportando. (Il gold standard tradizionale si basa, invece, sul principio di equivalenza degli scambi per cui i deficit devono essere saldati o esportando di più o in moneta sonante, cioè in oro). Per tale motivo il dollaro, senza un vincolo di espansione, divenne uno strumento inflazionistico e veicolo permanente di contagio monetario. La dollarizzazione, all’inizio, non destò preoccupazioni perché il resto del mondo, dopo il 1945 ancora in corso di sviluppo, aveva fame di dollari. L’oro per diversi anni restò, per così dire, a guardare.

Ma durante gli anni ‘60 l’enorme spesa pubblica sostenuta dagli Usa per finanziare la guerra in Vietnam e altri programmi interni, inflazionò le riserve di dollari sia dei paesi europei (gli eurodollari) sia del Giappone col risultato di sottovalutare le loro valute rispetto a quella statunitense peggiorando le loro ragioni di scambio. Fu così che esercitarono l’opzione della conversione del dollaro in oro provocando un’emorragia nelle riserve auree statunitensi. Allora Nixon per tamponarla dichiarò il dollaro inconvertibile e lo lasciò fluttuare. Il resto del mondo subì l’imposizione del default valutario continuando a imbottirsi di dollari anche perché nel 1973 la valuta americana era diventata petrodollaro, il mezzo di pagamento necessario e esclusivo per acquistare il petrolio. Contrariamente alle previsioni degli economisti, l’oro demonetizzato, invece di scendere sotto al prezzo politico di $35 dollari l’oncia, ascese, nel mercato libero, sopra i $200 dollari evidenziando la sopravvalutazione del dollaro. Alla demonetizzazione dell’oro seguì un regime misto di cambi fluttuanti e di ancoraggi al dollaro e iniziava l’epoca delle monete “manovrate”, ovvero il marasma valutario. L’espansione creditizia dei sistemi bancari diventata un multiplo della base monetaria mondiale in dollari (dollari in Usa più riserve ufficiali all’estero) spostava capitali da un mercato e da una valuta all’altra seminando tempeste speculative al ribasso e al rialzo in Europa, Russia, Asia Messico. Le inflazioni delle materie prime negli anni 1973-74, 1979-80, 1990-91 e poi quelle recenti nel 2002-08, sono l’effetto esclusivo della amplificazione della base monetaria in dollari.

DOLLAROIl dollar standard innescava le svalutazioni competitive. I partner occidentali scambiando prodotti reali contro dollari sempre più deprezzati e reinvestendoli nel debito statunitense, finanziavano consumi, deficit e forze militari americane dislocate in tutto il mondo ma per evitare che l’eccesso di dollari apprezzasse troppo le loro valute penalizzando le esportazioni, attuavano a loro volta espansioni monetarie cercando di mantenere stabile il cambio con il dollaro. Il resto del mondo adottava la stessa politica per aumentare le esportazioni e accumulare riserve per pagare i debiti. Parallelamente l’espansione abnorme dei governi causata dall’ascesa parabolica dei debiti pubblici e, di conseguenza del carico fiscale per ripagarli, rendeva i paesi industrializzati sempre meno competitivi rispetto ai paesi emergenti, il che spingeva a svalutare ancora di più ma col risultato di peggiorare le ragioni di scambio. Gli Stati Uniti con un deficit permanente che si manifestava esportando i dollari coniati senza produrre, imboccarono la strada del declino industriale trasformandosi da maggior esportatore e creditore nel maggiore debitore mondiale mentre il resto del mondo accumulava riserve in dollari sempre più svalutati. Se si ignora tutta questa dinamica di squilibri non si può capire il fallimento dell’integrazione e cooperazione economica mondiale: la globalizzazione.

La proliferazione di pratiche speculative, di strumenti finanziari e la torre di babele dei derivati (che non esistevano nel gold standard) sono frutto dell’instabilità e della volatilità del regime delle valute inconvertibili inflazionate dal dollaro a cui negli anni recenti si è affiancato l’euro che aggravando l’instabilità globale ha aumentato la necessità di coprirsi dal rischio continuo di default di terzi. L’ipertrofia del settore bancario e la sua insolvenza di fatto è conseguenza dell’accumulo nel bilancio di attività finanziarie che non sono altro che il passivo di debitori insolventi, governi compresi. La riduzione seriale dei tassi di interesse a partire dagli anni ‘80 fino al loro attuale annullamento, è il tentativo di puntellare il valore del dollaro e di tutte le attività che ha inflazionato e che hanno assorbito l’impatto delle emissioni delle valute principali. Il mondo ha pertanto continuato a oscillare tra gli scogli dell’inflazione e della deflazione, la prima creata dagli eccessi di credito e dai sovra-investimenti; la seconda dalla contrazione di credito dovuta all’ineluttabile liquidazione degli stessi.

Se gli ideatori della moneta unica, oggi seconda moneta di riserva, avessero fatto un’analisi razionale della sgangherata baracca del sistema monetario internazionale, avrebbero evitato, insieme alla presunzione di detronizzarla, di creare una pessima copia della valuta americana. Il dollar standard aveva una patologia insanabile. Gli Stati Uniti non si resero conto che eliminando l’oro avevano privato il sistema non solo dell’unità di conto più stabile mai esistita, ma anche del mezzo di estinzione definitiva dei debiti. Infatti a copertura della valuta di riserva, passività della banca centrale, restava all’attivo unicamente il valore degli strumenti di debito emessi dal governo americano. Ma una valuta di riserva, posta al passivo, non può avere, nel medesimo bilancio, la copertura all’attivo degli stessi titoli debito che vengono monetizzati per crearla e per usarla come strumento di pagamento internazionale. La conseguenza logica di questa autoreferenzialità (che in un bilancio privato sarebbe una frode contabile) è che la valuta non avendo un valore indipendente dal debito, non può in nessun modo essere strumento di pagamento definitivo. Solo l’oro che non è la passività di nessuno svolge questa funzione. La valuta di riserva identificandosi col debito del governo non può mai ripagarlo perché se lo facesse, annullerebbe se stessa come mezzo di pagamento creando deflazione. Pertanto come dimostra la cronaca contemporanea, può essere solo inflazionata e il debito a cui è legata può solo aumentare. Ma quando il debito diventa esponenziale finisce per comportarsi come combustibile nucleare: una volta superata una certa soglia innesca una reazione che fa esplodere il sistema. La reazione è già in atto e la dollarizzazione che ha contagiato tutte le valute potrebbe risolversi in catastrofe. Il mondo si salverà solo richiamando l’oro dall’esilio cui fu condannato quarantacinque anni fa.

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3 COMMENTS

  1. Va riletto più volte.
    Fluido nello stile, ma intensissimo nelle informazioni.
    E più lo capisci, più ci si rende conto di come agiscano gli americani.
    Senza scrupoli.

  2. In realtà il sistema era concepito come gexst dalla Conferenza di Genova del 1922 con due valute di riserva, dollaro e sterlina, che erano boomerang currency come definisce Rueff su Age of Inflation. Dal 1922 arriviamo diretti al 1929: occorre si la teoria ma anche la storia….
    Partiamo dalla crisi di borsa del 1913 con la chiusura anche di Wall Street per 6 mesi….la creazione Fed, l’enorme inflazione con l’ uscita dal gold Coin standard per finanziare le spese di guerra…ecc…per arrivare al 1922.

  3. Direi che copiare ciò che fece Hitler in materia economica/monetaria, sarebbe meglio.
    E’ per questo che fu attaccato.
    Per quanto dice Coco, nella parte finale del discorso, osservo che molte nazioni, cominciano a sganciarsi dal dollaro come pagamento… Cina e Russia docet.

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