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Senza “dolori” il debito pubblico non lo si cancella

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debitidi MATTEO CORSINI

“Fino agli anni Settanta c’era un rapporto stretto tra governi e banche centrali e l’«helicopter money» aveva il  nome più prosaico di «finanziamento monetario del deficit». In sostanza il governo faceva debito emettendo titoli sul mercato e la Banca centrale acquistava l’invenduto sganciando denaro fresco di stampa. La nuova moneta entrava in circolo nell’economia attraverso stipendi, pensioni ed investimenti pubblici in autostrade, ospedali, case popolari. In Italia e negli Usa il fenomeno è stato significativo: negli anni 70 la Banca d’Italia deteneva quasi il 35% di tutto il debito pubblico nazionale. Per capire le proporzioni, oggi ne detiene appena l’8%, nonostante gli acquisti del Quantitative Easing”. Marcello Minenna è tra i tanti che, in questi anni, ha avanzato proposte per risolvere i problemi dell’economia e del debito pubblico apparentemente indolori. Alla base di tutto, c’è sempre una qualche forma di ricorso all’illusione monetaria.

Occupandosi dell’argomento in voga in questo momento, ossia l’«helicopter money», Minenna ricorda che in Italia avveniva qualcosa di simile prima del divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro risalente al 1981. In realtà ciò non è tecnicamente vero, dato che quello che accadeva all’epoca era più simile al quantitative easing sulla parte residua dei titoli non collocati. E’ pur vero che la Banca d’Italia copriva l’invenduto alle aste di titoli di Stato, calmierando quindi il costo del debito pubblico. Ma è altrettanto vero che, a fronte della creazione di base monetaria, la Banca d’Italia otteneva titoli di Stato. Nel caso dell’«helicopter money», al contrario, la banca centrale crea base monetaria e accredita uno o più soggetti (in questo caso il Tesoro) senza ottenere nulla in cambio.

Ciò detto, Minenna ritiene che il finanziamento monetario del deficit pubblico sia un tabù nell’area euro e sia espressamente vietato perché, ai tempi dello SME, era considerato uno strumento di svalutazione competitiva.
Il tabù sull’«helicopter» money ai governi si inquadra dunque nella genesi dell’euro perché minava la stabilità dei tassi di cambio; da qui il divieto assoluto di monetizzazione scolpito nell’articolo 123 del Trattato sul funzionamento dell’Ue e nell’articolo 21 dello statuto Bce. Ora che la deflazione è globale, l’anacronismo di questa architettura è evidente”.

Certamente uno degli effetti delle politiche monetarie espansive, a maggior ragione se effettuate mediante monetizzazione del deficit pubblico, è la svalutazione verso le altre monete. Ma questo effetto redistributivo nei confronti delle altre monete non è certamente l’unico. A esso si affianca quello “interno”, ossia il beneficio che ottengono i primi percettori della moneta fresca di stampa a danno degli altri.
Ciò sembra non rientrare tra le preoccupazioni di Minenna, che vede il mondo afflitto da una deflazione globale. E, come sempre in questi casi, rilancia sugli investimenti da finanziare con moneta creata dal nulla.

Tuttavia ciò di cui ha bisogno l’Eurozona per riavviare la crescita è una politica di massicci investimenti «risk-shared» nelle infrastrutture e nel capitale d’impresa. Sarebbe cioè più auspicabile un trasferimento monetario al bilancio della Bei (Banca Europea degli Investimenti), con acquisto da parte della Bce di obbligazioni perpetue a tasso zero, da spendere in un piano Juncker potenziato fino a 1.000 miliardi di euro di cui beneficino innanzitutto i Paesi più svantaggiati. Non è vietato dalle norme, potrebbe essere attuato rapidamente e tutta l’Eurozona ne beneficerebbe”. Anche in questo caso, a prescindere dalle considerazioni sull’illusione che nessuno debba pagare il conto della monetizzazione, non capisco per quale motivo la BEI dovrebbe emettere obbligazioni perpetue a tasso zero da offrire in collaterale alla BCE. Un tale tipo di obbligazione equivale a denaro contante, essendo irredimibile e non producendo interessi.

Di fatto, si tratterebbe di un passaggio tecnicamente del tutto inutile. La BCE potrebbe accreditare direttamente la BEI senza ottenere nulla in cambio. Ma forse così non suonerebbe abbastanza “tecnico”.

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3 COMMENTS

  1. Ho letto l’articolo e mi sono chiesto:
    Ma Sig. Corsini, lo sa che la moneta è fantasia allo stato più sfrenato?
    Qui si sta diciamo tentando di solidificare l’aria.
    Mi fa mi ridere, quando sento parlare di debito pubblico.
    Mi spiego meglio… uno stato che sia stato, non ha bisogno di mettere moneta a DEBITO, come fino ad ora costantemente dichiarato… e non mi riferisco solamente a Lei. Ma a credito, operando per sostenere l’economia del paese.
    Per cortesia, non mi ripeta che questa idea è utopistica ed altre nazioni lo hanno fatto. In quanto e qui mi riferisco alla Germania di Hitler, la pseudomoneta i MEFO, e i marchi per il commercio estero “pochi”, hanno rimesso in sesto lo stato, SENZA CREARE DEBITI.
    Se poi Lei, mi dice che l’economia è una scienza, beh ho qualche problema a crederlo, visto che le banche centrali hanno in questi ultimi tempi hanno creato la bellezza di 19 trilioni di dollari.
    Poi credo che Lei sappia che Roosvelt, in una sua lettera al ministro Halifax inglese, disse che TUTTO QUELLO CHE AVEVA IMPARATO IN MATERIA DI ECONOMIA/MONETARIA era del tutto FALSA.
    Sono passati moltissimi anni da quella lettera, quasi 70, ma qui si continua ancora a credere alle favole.

  2. Tutto vero ! Le tasse sono altissime, gli impiegati pubblici sono troppi e, in compenso, lavorano poco. Si vuole pensare, tuttavia al rendimento scarsissimo ( e costosissimo) della gestione delle Leggi?
    Siamo al livello di rendimento di un motore scassato !

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