di CLAUDIO BIZZOZZERO*
(testo del discorso tenuto oggi al sacrario dei caduti)
Che significato hanno le celebrazioni del 4 novembre? Per lo stato, questo è il giorno in cui si festeggiano l’unità nazionale e le forze armate. Noi qui a Cantù invece, fin dal primo anno del nostro insediamento, abbiamo voluto dare a questo giorno un senso del tutto differente: per noi, questo è il giorno in cui piangiamo le vittime di tutte le guerre, a partire da quelle del ’15/’18. La retorica nazionalista di allora invitava i giovani a correre alle armi per difendere il “sacro suolo patrio” dall’invasione straniera. In realtà sappiamo bene che nessuno aveva dichiarato guerra al regno d’Italia, nessuno l’aveva attaccato né invaso, mentre al contrario l’Austria aveva tutto l’interesse a concedere ai Savoia tutto ciò che desideravano, pur di scongiurare l’apertura di un terzo fronte. Quella terribile carneficina si poteva dunque tranquillamente evitare ma fu voluta dai potenti di allora per consolidare il loro potere economico e politico. Per questo, solo per questo, più di 650.000 giovani vite furono mandate al macello.
Mi è capitato in questi giorni di leggere due lettere di due protagonisti di allora: il comandante supremo pro tempore dell’esercito, Luigi Cadorna; ed uno dei tanti anonimi giovani fanti mandati al fronte a crepare.
Cadorna, cioè l’uomo che attribuì la disfatta di Caporetto “alla mancata resistenza dei reparti vilmente ritiratisi senza combattere ed ignominiosamente arresisi al nemico” (mostrando così tutto il suo sprezzante disprezzo per i molti che avevano perso la vita a causa dei suoi folli comandi), comunicò all’allora presidente del consiglio, con lettera in data 6 giugno 1916, la sua intenzione di assumere (come di fatto poi assunse) “le più energiche misure di repressione dei gravi sintomi di indisciplina, diserzione ed antipatriottismo, manifestatisi fra le truppe, ivi comprese le fucilazione immediate su vasta scala, rinunciando alle forme del procedimento penale, per troncare il male alle sue radici, ed assumendo anche, con inesorabile severità, provvedimenti estremi quali la decimazione dei reparti infettati dal contagio”, rimettendo così in vigore “un supremo atto di repressione” che in quel momento era, a suo dire, “un’arma più che mai necessaria, in mano al comando”.
Di segno del tutto opposto il contenuto della lettera di una giovane recluta venticinquenne che invitava i genitori a “non credere agli atti di valore dei soldati e a non dar retta alle fandonie ed alle menzogne dei giornali, perché i poveri soldati non combattono con orgoglio né con ardore, ma vanno al macello perché costretti dal timore della fucilazione” e concludeva la sua lettera scrivendo che se avesse avuto “per le mani il capo del governo, o meglio dei briganti, lo avrebbe strozzato personalmente”.
Stride il contrasto fra le folli farneticazioni del pluridecorato Cadorna e la lucidità di quel giovane anonimo soldato venticinquenne (non decorato ma condannato a quattro anni di carcere militare, proprio a causa di quella lettera) che aveva colto perfettamente il vero significato di quella carneficina: benedire col sangue di centinaia di migliaia di giovani e sancire con la retorica nazionalista, l’atto di nascita di una presunta nazione che in realtà altro non era che un insieme multiforme di popoli diversi, ciascuno dei quali legato alle proprie tradizioni locali, contro le quali (e non contro gli Asburgo) i Savoia dichiararono la loro guerra, pensando così di chiudere il conto aperto col precedente massacro di contadini, partigiani e patrioti del sud, battezzato dagli storici di regime col termine di “lotta al brigantaggio”.
Col sangue delle fosse comuni del sud e col sangue delle trincee del nord, si volle tentare di inoculare il virus del nazionalismo e del patriottismo (tanto caro al successivo mostro fascista che non a caso da quella carneficina prese vita) del quale le nostre genti, cresciute per secoli nel culto delle identità locali e delle autonomie comunali e regionali, erano state fino ad allora del tutto immuni.
E non è un caso che un grande maestro come Ermanno Olmi ci abbia così poeticamente ricordato come i soldati in trincea cantassero i canti malinconici delle loro terre e non invece gli inni retorici voluti dal regime ed imposti alle truppe a colpi di fucilazione.
Da una parte i Savoia ed i loro scagnozzi ad imporre il massacro, ben protetti nei salottini del loro potere; dall’altra parte la povera gente del popolo a morire nel fango delle trincee e dei campi di battaglia. Per i primi le decorazioni e le piazze da intitolare alla loro memoria; per i secondi il massacro e l’oblio.
Tutto questo spiega il motivo per cui oggi ho deciso di vestire una fascia a lutto e non quella tricolore, e noi tutti siamo qui insieme a ricordare le vittime e non i vincitori, che in realtà tali non furono perché anche alla fine di quella guerra, come di ogni altra guerra, non ci furono vincitori e vinti, ma solo sconfitti e la prima ad essere sconfitta fu anche allora, come sempre, l’umanità.
Concludo questo breve discorso esprimendo un augurio: che a 100 anni da quella immane tragedia, si trovi oggi il coraggio di fare finalmente giustizia, reintitolando vie e piazze non più ai carnefici di allora responsabili della carneficina, ma alle vittime innocenti di quel terribile massacro.
*sindaco libero
del Comune departitocratizzato di Cantù
Grazie al Sindaco di Cantù a nome dei tanti morti della mia famiglia paterna e materna per causa della guerra 15-18. Si dice che le colpe dei padri (Savoia e Company) non devono ricadere sui figli, ma gli ebrei (e io non lo sono) dicevano ..maledetti fino alla settima generazione. Credo che bisogna riflettere sulla VENDETTA. Magari scopriamo che è un VALORE. Il PERDONO cristiano mi pare sia servito molto di più ai POTENTI E MALFATTORI per tacitare le ire del POPOLO. La Chiesa ha dato sempre una mano al POTERE. Non certo la Chiesa dei pretini morti di fame, ma quella dei cardinali e papi.
Congratulazioni a questa persona perbene!!!
Un piccolo appunto, forse un refuso: il Cadorna non può aver comunicato al presidente del consiglio con una lettera datata 6 giugno 2016.
Condividerei tutto, soprattutto sul piano umano. Non riesco tuttavia a condividere la conlusione: non ci furono vincitori? Temo – invece – che ci siano stati: vincitori presunti, come i Francesi (che si fecero il loro “Versailles” spezzettando mezza Europa e creando i presupposti di una nuova guerra) e gli Inglesi (che eliminarono la concorrenza tedesca, al prezzo della propria insolvenza e del proprio declino) e i vincitori veri, gli Americani, che con quei milioni di morti (europei) gettarono le basi della loro futura superpotenza (di cui continuiamo a pagare – ad oggi – il conto).
Grazie Claudio, tutto detto molto bene.
Vorrei aggiungere che purtroppo la mente umana è fatta in modo tale che dopo aver dovuto subire un martirio mostruoso il popolo italiano ha interiorizzato questa mostruosità e per farsene una ragione la ha sacralizzata col culto della patria. Perché purtroppo la mente umana si rifiuta di accettare l’idea che un tale sacrificio non solo non fu inutile ma divenne a sua volta la causa di altre mostruosità. Dopo 3 anni di sofferenze indicibili il popolo si è convinto della santità della causa proprio a seguito di queste sofferenze. E’ tristissimo doverlo dire ma quella mostruosità è stato il cemento del nazionalismo italiano e ancora oggi si sente dire che” gli indipendentisti vogliono gettare al vento i sacrifici del popolo italiano”. Questa è la triste realtà che con la quale ci dobbiamo confrontare.
VERISSIMO..!
Sono davvero sbalordito e senza parole nel leggere il discorso ma quel che conta la fede nella VERITA’ con un CORAGGIO DAVVERO PATRIOTTICO.
MALEDETTI, ci hanno fato tribolare e morire e ancora non si vergognano. Perche’ proseguono col farci INVADERE.
Almeno tacessero…
Insultano e commemorano quelli che loro hanno mandato a soffrire e a morie.
Loro perche’ sono gli eredi.
Chi accetta l’eredita’ accetta anche le conseguenze negative.
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UN GRANDE APPLAUSO E UN BRAVO AL SINDACO DI CANTU’.
Ovviamente TANTE GRAZIE SIGNOR SINDACO.
Speriamo che lei sia di esempio.
Sa, ho i miei dubbi perche’ gente con le palle non se ne vedono mica tanti..!
AUGURI E BUONA FORTUNA.
PS:
mi scapperebbe di dire dell’altro… in positivo per lei ovviamente.
Va ben, un’altra volta.
Claudio Bizzozzero si merita un applauso scrosciante.
Sono commossa… finalmente un Sindaco che ha il coraggio della verita’ … dalla parte della sua gente, e non della retorica tricolorata!
era ora che un eletto facesse “outing”. Speriamo altri seguano.
Fantastico!
Bellissime parole! Sacrosante!