“Gli anti-global hanno vinto, i protezionisti sono al governo. E ora”? Con queste parole inizia un articolo di Federico Rampini, noto giornalista di Repubblica di stanza negli Stati Uniti (avvezzo a fare i copia e incolla nei suoi articoli, ndr). Rampini è il classico “left liberal”, di quelli che ancora stanno elaborando il lutto della sconfitta subita da Hillary Clinton e che, probabilmente, tengono nel portafoglio un santino di Obama. Ricordo che anni fa, quando fece per un certo periodo il corrispondente dalla Cina, era solito apparire nelle ospitate televisive in Italia vestito come Mao Tse Tung.
Come tutti i “left liberals”, Rampini confonde il crony capitalism con il libero mercato. Ne consegue che considera i trattati che ingannevolmente sono definiti di libero scambio come strumenti che effettivamente favoriscono il libero scambio. Cosa che è decisamente distante dalla realtà. Quei trattati non sono altro che la codifica degli accordi raggiunti tra Stati (con grande lavoro delle lobbies delle principali società multinazionali) per regolare le dosi di protezionismo reciproco da applicare agli scambi internazionali.
Rampini ci informa che “Nel programma dei primi 100 giorni di Trump ci sono già alcune risposte. Stop al Tpp, quel trattato con 11 nazioni dell’Asia-Pacifico che era arrivato a un passo dalla ratifica. Peraltro quell’accordo era moribondo: Barack Obama aveva rinunciato a chiederne l’approvazione al Congresso, perfino Hillary Clinton prese le distanze. Trump non parla dell’altro accordo di libero scambio, il Ttip con l’Europa. È realistico pensare che sia finito su un binario morto”.
Non dubito che l’intento di Trump sia effettivamente quello di incrementare il protezionismo, ricorrendo a provvedimenti la cui fallacia fu già messa in evidenza da Frederic Bastiat a metà dell’Ottocento. Credo, piuttosto, che sia bene evidenziare che il mercato libero è tale se gli Stati non si intromettono negli scambi, siano essi a livello nazionale o internazionale.
Come scrisse Murray Rothbard, “L’autentico libero commercio non richiede un trattato.” As simple as that.
Non sarei tanto certo del fatto che Trump introduca dazi a tutto spiano.
Può e deve, piuttosto rendere più facile e meno costoso produrre e consumare in madre patria, semplicemente riducendo le tasse a tutti e limitando l’ingerenza statale e federale negli affari privati.
Deve togliere la mordacchia al cavallo.
Vediamo se qualcuno glielo farà presente.