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Non vai al cinema? chissenefrega, il biglietto glielo paghi lo stesso

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cinema_saladi MATTEO CORSINI

“C’è già un segnale positivo: per la prima volta abbiamo una legge che considera l’intera filiera dell’audiovisivo appostando risorse importanti. Viene poi riconosciuto il ruolo centrale della sala. È un bene che il sistema degli esercizi possa crescere, ma dovrà crescere con intelligenza nelle aree del Paese meno presidiate”. Tra le tante distribuzioni di denaro altrui praticate di recente dal governo Renzi, c’è anche un fondo per 400 milioni annui alla filiera del cinema. Di questo è grato, tra gli altri, Pier Luigi Cucinello, presidente dell’associazione esercenti del settore (Anec).

E si può capire che lo siano anche quei registi (da Benigni a Sorrentino) solitamente contrari alle azioni di governo e schierati con la parte più sinistra (in senso lato, direi) del sistema politico, che in occasione del referendum costituzionale hanno invece deciso di votare Sì.

Suppongo che sia solo un cattivo pensiero associare il sostengo alla posizione renziana al fondo da 400 milioni e, perché no, alla recente gita da Obama che Renzi ha offerto a questi signori, ovviamente con conto a carico dei pagatori di tasse. Che chi governa finanzi a spese dei cosiddetti contribuenti il mondo del cinema non ha alcun senso, e non solo dal punto di vista di un libertario che è contrario a qualsiasi forma di redistribuzione e contribuzione a mezzo tassazione.

Perfino chi ritiene che certi servizi debbano essere finanziati mediante tassazione invocando argomentazioni da pseudoscienza economica (si tratti di disquisizioni sul concetto di bene pubblico o di fallimenti del mercato) non credo possa trovare alcun argomento che non sia del tutto ridicolo per giustificare quel fondo da 400 milioni.

Quanto meno non può trovare argomenti che giustifichino quella spesa più di tante altre. Perché, per esempio, non finanziare la “filiera” del tennis o dello sci di fondo? In fin dei conti anche in quel caso c’è gente che fa investimenti e a cui piacerebbe far pagare il conto a qualcun altro.

Però nel cinema lavorano degli “intellettuali” che possono fare comodo al governo. E una buona euristica stabilisce che più sono “intellettuali”, più i prodotti del loro intelletto riscontrano una domanda insufficiente da parte del pubblico pagante (volontariamente).

Ma, si sa, il popolo è ineducato, come dimostrano le recenti elezioni americane.

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