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Pdl 116: vogliono creare in veneto una minoranza veneta!

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veneto lengoadi ALESSANDRO MOCELLIN*

QUADRO INIZIALE

La proposta di legge regionale n. 116 mira, asseritamente, a far riconoscere il “popolo veneto” (virgolette della legge) come “minoranza nazionale”. Secondo la logica degli estensori di questa legge, come dedotta nella premessa che introduce alla legge, questo atto dovrà essere adottato dalla Regione, che riconoscerebbe ai Veneti di essere parte di una minoranza nazionale secondo i dettami della Convenzione Quadro per la Protezione delle Minoranze Nazionali. Spetterebbe alla regione la potestà legislativa in quanto la materia “minoranze nazionali” non è presente nell’elenco costituzionale del 117 comma 2 (potestà esclusiva dello Stato), né nel 117 comma 3 (potestà concorrente), e pertanto, secondo la ricostruzione degli estensori, ricadrebbe nella sfera della potestà legislativa regionale ex comma 4 dell’art. 117 Cost. Gli estensori chiariscono altresì un altro dato giuridico, ossia che la materia “minoranze linguistiche” (di cui all’art. 6 Cost) e la materia “minoranze nazionali” sono due cose diverse. Ciò è vero, ma nel senso che il concetto di “minoranza nazionale” è più ampio rispetto al concetto di “minoranza linguistica”.

LA CONVENZIONE SULLE MINORANZE

E’ il tenore letterale della Convenzione Quadro sulle Minoranze Nazionali a dimostrarlo. Infatti, i diritti ivi accordati attengono a quelle che sono appunto “minoranze nazionali”, ossia dotate di una specifica “identità etnica, culturale, linguistica o religiosa” (art. 6, comma 1, CQMN). Molta parte di questa convenzione infatti è dedicata alla tutela delle libertà religiose (per esempio art. 8 sulla libertà di manifestare la propria religione) nonché contro gli atti di discriminazione diretta e, persino, violenta (art. 6, comma 2), o promuovendo concetti di “tolleranza e di pluralismo” (art. 9). Appare chiaro che la ratio questa CQ non sta nella protezione di minoranze linguistiche come quella veneta o quella siciliana o napoletana, per quanto esse possano essere meritevoli di collocazione istituzionale, ma propriamente nella protezione di minoranze nazionali principalmente per etnia o religione, cosa che comporta, nella grandissima maggioranza dei casi, anche una conseguente diversità linguistica e culturale.

IL QUADRO ITALIANO

barbisan-legaLe minoranze linguistiche già riconosciute nell’ordinamento italiano, quali la tedesca, la friulana, la sarda, la ladina, non hanno utilizzato le norme sulle minoranze nazionali, ma quelle sulle minoranze linguistiche. In diritto, infatti, ad un mezzo di tutela superiore o indiretto si accede solo se sono oggettivamente impediti o assenti gli strumenti diretti ed appositamente pensati a tale scopo. Questo principio, che vale sia in diritto costituzionale che in diritto internazionale, è un corollario del principio di effettività della tutela. Nel caso della tutela culturale e linguistica – a prescindere da valutazioni de jure condendo – i mezzi attuali e diretti nell’ordinamento italiano sono la legislazione statale, come già si è fatto (legge 482/1999), e come conferma anche la Corte Costituzionale, nella sent. 159/2009, ove afferma che “il legislatore statale appare titolare di un proprio potere di individuazione delle lingue minoritarie protette, delle modalità di determinazione degli elementi identificativi di una minoranza linguistica da tutelare, nonché degli istituti che caratterizzano questa tutela” (in diritto, par 2.3), confermando che il riferimento costituzionale dell’art. 6 alla “Repubblica” come responsabile della tutela delle minoranze linguistiche indica un preminente diritto dello Stato di stabilire requisiti e di individuare quali siano queste minoranze linguistiche. In altre parole, individuati i 4 possibili criteri che la CQ dà per delineare una minoranza nazionale (cultura, lingua, religione, etnia), i veneti non potranno invocare la protezione della CQ in quanto “solamente” minoranza culturale e/o minoranza linguistica, perché per queste caratteristiche esistono già istituti di tutela (la legge 482/1999 tutela alcune “lingue minoritarie” ed elenca “le popolazioni di lingua e cultura” protette), e spetta al legislatore statale stabilire a chi spettino (v. supra, sent. 159/2009). Le uniche possibilità residue nel sistema italiano per invocare la CQ paiono dunque risiedere nel riconoscere alla “minoranza” necessarie caratteristiche di “diversità etnica” o di “diversità religiosa”. Se si vorrà ottenere tutela di un valore linguistico veneto come lingua minoritaria, il meccanismo già previsto è una legge statale. Il maggiore indizio di artificiosità di questa operazione sta nel fatto che, nonostante vi sia un esatto meccanismo per la tutela delle minoranze linguistiche, qui si utilizza il concetto più ampio di “minoranza nazionale”, salvo poi richiedere solamente tutele in campo linguistico, cosa riservata allo Stato. Per attivare questa legge sulle minoranze (anche se non ostassero tutti gli altri punti di forte criticità) si dovrebbe davvero individuare caratteristiche etniche o religiose dei veneti che giustifichino il ricorso ad un mezzo più ampio. A noi non pare che ciò sia percorribile per i veneti.

MINORANZA NAZIONALE, NON MINORANZA REGIONALE

Non si deve peraltro dimenticare che una legge regionale ha effetto nel solo territorio regionale. Qualora il Consiglio deliberasse che esiste una “minoranza veneta”, direbbe che esiste una “minoranza veneta” all’interno del territorio della Regione Veneto, giacché la Regione promulga leggi per il suo territorio, e non certo a nome dell’intero insieme dei cittadini o del territorio italiani. Infatti, lo scopo di tutte le Convenzioni internazionali sulle Minoranze è di fornire delle tutele di rango internazionale a quei gruppi omogenei di persone che, per questioni precipuamente numeriche, sono minoranze proprio nel senso quantitativo, tali da non aver nessuna speranza di poter eleggere una loro maggioranza in seno agli organi elettivi di riferimento, o addirittura nemmeno un proprio rappresentante. Appare sommamente chiaro che non è il caso dei veneti, che possono eleggere una propria maggioranza regionale ed una propria rappresentanza in seno al parlamento nazionale. Delicata è la questione se la si vede come un uso strumentale: poiché i veneti sono maggioranza nel territorio del Veneto, essi eleggono una maggioranza di governo, e questa maggioranza li dichiara minoranza al fine di concedere loro alcuni “speciali diritti di tutela” di cui il resto della popolazione regionale veneta non può godere. Si avranno in ogni caso da una parte i neo-veneti (quelli della minoranza), e dall’altro i non-più-veneti (cioè tutti gli altri). Ciò non pare compatibile con il principio di uguaglianza, oltre ad essere un evidente sovvertimento del meccanismo democratico atto a perpetrare proprio quelle discriminazioni e soverchierie delle maggioranze elettive che la CQ vuole invece combattere.

*Alessandro Mocellin, Parere tecnico sulla proposta di legge regionale n. 116 – reso ai richiedenti – 25.11.2016

 

Nella foto Riccardo Barbisan, il relatore della legge.

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