L’OCSE è corsa in aiuto al governo, sostanzialmente approvando l’impianto della legge di bilancio, nonostante per l’ennesima volta l’Italia aumenti ad autunno gli obiettivi di deficit rispetto a quanto concordato pochi mesi prima con la Commissione europea. Secondo l’organizzazione con sede a Parigi, “I bassi tassi di interesse e la lieve espansione economica manterranno il deficit al 2,4% del Pil nel 2017 e 2018. Questa linea è ampiamente appropriata”.
Un maligno potrebbe ricordare che il ministro Padoan ha lavorato a lungo all’OCSE prima di entrare nel governo Renzi. Dietrologie a parte, che all’OCSE fossero sostanzialmente keynesiani e che aspettassero solo che il pendolo politico tornasse a essere propizio per benedire manovre in deficit non mi stupisce. In queste settimane si stanno valutando solo gli effetti di breve sul Pil e non gli effetti di lungo termine, men che meno quelli sul debito pubblico.
Resta il fatto che continuare a galleggiare senza approfittare delle condizioni esogene (soprattutto) degli ultimi due anni per iniziare a sistemare davvero i conti pubblici è l’ennesima occasione persa. In tal senso la miopia dell’OCSE non cambia la realtà: l’Italia resta estremamente vulnerabile a un rialzo anche non significativo del costo marginale del debito, data la enorme mole dello stock esistente e rinnovi annui mediamente per oltre 400 miliardi.
Stock che continua a essere alimentato da deficit che ogni anno lo Stato accumula, con una spesa pubblica che, contrariamente ai proclami renziani, non accenna a diminuire nonostante una ventina di miliardi di minori interessi passivi annui rispetto al 2014. Se poi ci si lamenta quando lo spread sale si finisce anche per essere patetici.
Allora è vero che al peggio non esiste limite.
Mi pare ci sia il rischio fondato di avere quale primo ministro uno che , invece, dovrebbe stare da ambulante a vendere uova nei mercatini rionali molisani.