di REDAZIONE (Venetoeconomia)
L’hanno chiamata Venexit, per assonanza con Grexit e Brexit: è il progetto di legge 116 approvato il 6 dicembre 2016 dal Consiglio regionale del Veneto, dal titolo “Applicazione della convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali”, presentato per iniziativa dei consigli comunali di Resana (Treviso), Grantorto (Padova), Segusino (Treviso) e Santa Lucia di Piave (Treviso) – qui il testo presentato in Consiglio, in pdf. Afferma che il Veneto è una “minoranza linguistica” e di conseguenza beneficia dell’applicazione della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali (qui il documento) del Consiglio d’Europa, ratificata dall’Italia nel 1997.
Il patentino di bilinguismo e il lavoro
Premessa d’obbligo: il provvedimento è a forte dubbio di incostituzionalità, ed è probabile che la Corte Costituzionale lo boccerà. Tuttavia, dal momento che è stato approvato, vediamo che cosa comporterebbe. Avrebbe conseguenze pratiche importanti anche dal punto di vista economico: la legge prevede che il riconoscimento dei diritti per coloro che parlano la “lingua veneta” (concetto peraltro molto vago sul quale non c’è accordo fra gli studiosi) sia «subordinato al possesso del patentino di bilinguismo regolato da apposita delibera dell’Istituto della Lingua Veneta». Insomma: una “patente di veneticità” che regolerebbe l’accesso al pubblico impiego, per esempio.
Modello Alto Adige
La legge è stata approvata con 27 voti a favore di Lega Nord, Lista Zaia, tre consiglieri della lista di Flavio Tosi. Contrari in 16: il capogruppo dei tosiani, Stefano Canali, i consiglieri di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Lista Moretti. Astenuti in 5: Forza Italia e Fratelli d’Italia. La volontà della Lega e dei promotori è in sostanza di copiare il modello di autonomia spinta di Alto Adige e Trentino, province autonome dove la tutela delle minoranze linguistiche si sposa a misure che riservano ad ognuna di esse quote nei posti di lavoro pubblici: è la cosiddetta “proporz”, la proporzionale etnica, contenuta nello Statuto di autonomia dell’Alto Adige. Il principio è stato sancito nel 1976 e prevede il requisito del bilinguismo per l’accesso agli impieghi pubblici in provincia, e quote di accesso per i tre gruppi linguistici – italiano, tedesco e ladino – in proporzione alla loro consistenza sul territorio, stabilita con un censimento.
Diritti su base “culturale”
Il relatore di maggioranza del Pdl 116, il leghista Riccardo Barbisan, ha dichiarato: «Noi miriamo a veder riconosciuti ai Veneti gli stessi diritti assicurati agli altoatesini o ai trentini ai quali sono garantiti dallo Stato italiano risorse e mezzi per tutelare le minoranze di cultura tedesca, ladina, cimbra o dei Mòcheni». E ancora: «Il riconoscimento del Veneto come lingua minoritaria fa discendere – aggiunge Barbisan – tutta una serie di diritti e di competenze per la tutela dei cittadini veneti esattamente come avviene nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano. È un altro tentativo importante lungo la strada dell’affermazione dei diritto della nostra gente ad autogovernarsi».
Secondo i consiglieri del Partito Democratico invece «è un pasticcio totale quello della maggioranza che maschera delle rivendicazioni politiche camuffandole sotto l’aspetto di rivendicazioni culturali, ma questo è un corto circuito che non porta da nessuna parte. Troviamo imbarazzante, inoltre, che Zaia possa promulgare un provvedimento del genere e che possa essere pubblicato sul BUR ufficiale della Regione. Tenendo anche presente che, fino a quando la Legge non verrà dichiarata incostituzionale, produrrà comunque degli effetti».
Il patentino eliminato, ma resta l’albo
Il Pd aggiunge: «Alla fine è stato eliminato il patentino per la lingua veneta, ma la bocciatura rimane. È una presa in giro, quello che è uscito dalla porta è rientrato dalla finestra, perché resta la valutazione, con tanto di costituzione di un Albo presso la Giunta regionale per raccogliere le dichiarazioni spontanee. Ma chi è che valuta? E in base a quale criterio viene stabilito chi è in grado di verificare la ‘veneticità’ delle persone?»
Nella proposta di legge presentata, all’articolo 3 c’è anche un vistoso refuso: si parla della «ratifica ed esecuzione» di patti internazionali per la tutela delle minoranze, che sono «adottati e aperti a New Jork». Battuta facile: quando si parla di bilinguismo, una ripassata all’inglese non farebbe comunque male.
Mi pare che i commenti di Alessandro Mocellin chiudano bene il caso.
chiedo se succede che più della metà dei residenti in veneto dichiara di essere veneto e accede al “patentino” è ancora minoranza diventando maggioranza?
Dalla risposta a questa domanda dipende la seconda io che sono veneto, e che non voglio essere catalogato, subirò delle discriminazioni rispetto agli altri veneti?