“E’ arduo vedere una qualsivoglia ragione per un metodo ridondante e indiretto che offrirebbe a poche persone affari d’oro, fornendo così sia i mezzi sia i motivi per una corruzione su larga scala. O probabilmente dovrei dire che è arduo vedere una ragione per questo schema a meno che la corruzione non sia parte integrante dello stesso e non un difetto”. Alle prese con le proposte sgangheratamente keynesiane del presidente eletto Donald Trump in merito alla spesa per infrastrutture, il keynesiano progressista Paul Krugman cerca di prendere le distanze da un progetto che, se fosse stato presentato dalla signora Clinton, con ogni probabilità avrebbe accolto gioendo.
Krugman storce il naso non già perché i conti pubblici, già notevolmente peggiorati negli ultimi otto anni, peggioreranno ulteriormente qualora Trump concretizzi le promesse elettorali, bensì perché le infrastrutture non sarebbero finanziate prevalentemente facendo ricorso al debito pubblico, bensì fornendo crediti di imposta a investitori privati.
Secondo Krugman ciò peggiorerebbe le disuguaglianze e, soprattutto, darebbe luogo a una grande corruzione. Ora, il problema è che la corruzione è sempre presente quando il committente è lo Stato, a prescindere dal fatto che aumenti la spesa pubblica per pagare le opere in questione, oppure che vengano concessi crediti di imposta a soggetti privati.
In ogni caso, chi si vuole aggiudicare i lavori può cercare di corrompere chi quei lavori li deve assegnare, e solitamente quando il committente è un ente pubblico le probabilità che si verifichino fenomeni di corruzione sono più elevate rispetto a quando il committente spende risorse proprie. Quindi se si vogliono limitare i fenomeni di corruzione occorre ridurre alla fonte le occasioni di corruzione. E la soluzione, contrariamente a quanto sostenuto dagli statalisti di ogni dove, non consiste nel mettere persone assolutamente incorruttibili nei posti chiave, perché la storia insegna, ahimè, che il detto popolare “l’occasione fa l’uomo ladro” ha un solido fondamento di verità.
La soluzione è ridurre il più possibile il perimetro degli investimenti pubblici (spesso peraltro definiti tali in base a considerazioni squisitamente politiche), siano essi finanziati con spesa o con crediti di imposta.