Enrico De Mita, costituzionalista e fratello del più noto politico democristiano Ciriaco, ha scritto un articolo pubblicato sul Sole 24Ore nel quale critica l’idea di adottare una flat tax, senza mai riferirsi direttamente alla Lega, ma, di fatto, rivolgendo la critica a quel partito.
Suppongo che nessuno ipotizzi che De Mita abbia utilizzato argomenti simili a quelli esposti da Murray Rothbard nel 1988 nell’articolo “The Case Against the Flat Tax”. Infatti De Mita è contrario alla flat tax ritenendo giusto il principio di progressività sancito dall’articolo 53 della costituzione. Rothbard ne sarebbe disgustato: “Tutti in Italia dicono di essere d’accordo nel non modificare i principi fondamentali della Costituzione. E quello di progressività e di capacità contributiva è uno dei pilastri dello Stato democratico. Difatti, quello della progressività è uno dei principi più comunemente accettati dalle democrazie occidentali, non come principio tecnico, ma come principio politico, come specificazione della parità di trattamento che nella materia tributaria vuol dire parità di sacrificio”.
Credo che De Mita avrebbe fatto meglio a specificare che probabilmente sono tutti i soggetti politici attualmente rappresentati in Parlamento a essere d’accordo nel non modificare i principi fondamentali della costituzione. Affermare “tutti in Italia” equivale a sostenere che ogni persona in Italia condivida quel punto di vista. Il che è indimostrabile. Anzi, è dimostrabile il contrario, dato che personalmente non condivido quel punto di vista, e non sono l’unico.
Quanto alla “parità di sacrificio”, De Mita afferma che “non occorre essere tecnici per capire che in materia di tasse la parità di sacrificio non può essere data da una tassazione che sia proporzionale”. Si tratta di un’affermazione priva di argomentazioni a supporto, evidentemente considerata autoevidente dall’autore. Ma non lo è affatto. L’idea di fondo è che il reddito abbia utilità marginale decrescente, quindi per far sostenere a tutti un pari sacrificio sarebbe necessario un meccanismo di progressività nella tassazione. Ora, non discuto che l’utilità marginale sia decrescente, ma discuto il fatto che si dia per scontato che tutti abbiano una stessa funzione di utilità, quando, al contrario, l’utilità è puramente soggettiva.
Prosegue De Mita: “Altra cosa è il limite che la progressività deve incontrare. Il limite è quello della sopportabilità. Una tassazione è insopportabile sia quando diventa causa di propensione all’evasione sia quando neutralizza l’interesse alla produzione di un maggior reddito”. Anche quella di “sopportabilità” è un concetto soggettivo. L’unica cosa che si può ragionevolmente affermare è che tanto maggiore è la tassazione, tanto minore, in via generale, è la sopportabilità. Ma ogni pretesa di fissazione di un limite che sia “sopportabile” è necessariamente arbitraria.
Ancora De Mita: “In uno Stato democratico che voglia continuare a riposare sulla proprietà privata, sulla libertà economica e sulla libertà politica e quindi non voglia ricorrere ad altri criteri incompatibili con quelle libertà, il problema fiscale non è soltanto tecnico, ma è un problema politico e morale, perché si tratta di dare a ciascuno il suo e di creare le basi di una società onesta nella quale la selezione avvenga secondo il criterio del merito e non secondo la maggiore o minore capacità di procurarsi una rendita fiscale”.
E’ evidente che la tassazione non è considerata una aggressione alla proprietà privata. Il che è assurdo, dato che non si tratta di uno scambio volontario. La logica conseguenza è ritenere la proprietà privata non già un diritto dell’individuo, bensì una concessione da parte dello Stato, che sarebbe il vero titolare del diritto. Una logica a mio parere aberrante.
Per dare “a ciascuno il suo”, la cosa migliore da fare è astenersi da prendere a qualcuno contro la sua volontà ciò che gli appartiene a seguito di scambi volontari. Come scrisse Rothbard criticando anche la flat tax, “non esiste una tassa giusta.”
Un altro con la sindrome da disconnessione del corpo calloso.