“I prospetti finanziari costituiscono, oggi, fonte di assoluta oscurità. Spesso su operazioni delicate arrivano anche a mille pagine. Mi chiedo chi sia in grado di leggerli. Un prospetto così vasto è incomprensibile ai più”. Non è la prima volta che Giuseppe Vegas, presidente della Consob, fa affermazioni come quella che ho riportato.
Il problema è che i prospetti devono essere approvati dall’autorità da lui presieduta, che non ha fin qui fatto nulla per semplificare i prospetti e renderli comprensibili ai più. Semmai ha fatto il contrario. Ovviamente in Consob, come in qualsiasi altra struttura del genere, si trincerano dietro al fatto che a disciplinare la materia sono direttive e regolamenti comunitari, ai quali loro devono attenersi. Ma il fatto è che in altri Paesi dell’Unione europea i prospetti, a parità di strumenti finanziario e di quadro normativo, generalmente non sono così lunghi.
La preoccupazione principale di ogni burocrate è essere formalmente, ancor prima che sostanzialmente, conforme alle varie normative, onde tutelare se stesso da eventuali contestazioni. Così la lunghezza e la incomprensibilità sono una conseguenza inevitabile.
Non importa che il prospetto sia leggibile; ciò che conta è che chi lo ha approvato non possa in alcun modo essere ritenuto responsabile della eventuale carenza di informazioni. Questo lo sa chiunque abbia (malauguratamente) dovuto redigere un prospetto informativo. Credo che il problema fondamentale sia dovuto al modo errato con cui si intende fornire tutela ai risparmiatori, che spesso hanno competenze finanziarie carenti. Ma non è (ovviamente) con un prospetto di centinaia di pagine che si risolve il problema; probabilmente lo si aggrava, perché si può essere certi che nessun risparmiatore lo leggerà, men che meno per intero.
Se, poi, chi è il principale responsabile della lunghezza e incomprensibilità dei prospetti si mette perfino a fare certe affermazioni, non ci si stupisca se il problema persiste.
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