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La faccia della medaglia che i keynesiani non guardano

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di MATTEO CORSINI

Commentando l’andamento dell’economia statunitense, Fabrizio Galimberti osserva con soddisfazione come la crisi sia stata affrontata ricorrendo all’armamentario keynesiano: “Come si sa, l’economia americana si è tratta d’impaccio – dopo la Grande recessione – prima e meglio rispetto all’economia europea. Spesso il merito viene attribuito alla politica monetaria… Ma non è solo la politica monetaria e finanziaria a portare il merito del contrasto alla crisi. Anche la politica di bilancio ha contribuito e molto. Quando c’è una crisi, è stato detto, bisogna dare soldi subito, darne molti e darli alle famiglie. Da questo punto di vista il governo americano ha seguito quel consiglio”.

Dopodiché mostra in forma grafica il fatto che le famiglie americane dal 2008 abbiano pagato e continuino a pagare meno imposte di quanto incassato come trasferimenti a carico del bilancio pubblico.

Ci sono due problemi: il primo è che aggregando tutto quanto si perde di vista l’effetto della redistribuzione che sempre avviene quando c’è di mezzo il fisco.

Il secondo è che Galimberti non mostra l’altra faccia della medaglia, ossia un debito federale passato da 9.200 miliardi di dollari del 2007 ai poco meno di 20.000 miliardi di fine 2016. In rapporto al Pil si è passati dal 64.7 per cento del 2007 al 107.4 per cento del 2016.

Tutto molto keynesiano, in effetti.

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