Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha rilanciato il monito del Papa contro l’imprenditore “speculatore”, il quale, secondo Francesco “non ama la sua azienda, non ama i lavoratori, ma vede azienda e lavoratori solo come mezzi per fare profitto; usa azienda e lavoratori per fare profitto, per cui licenziare, chiudere, spostare l’azienda non gli crea alcun problema, perché lo speculatore usa, strumentalizza, mangia persone e mezzi per i suoi obiettivi di profitto.”
Inveire contro la speculazione è un classico di molti esponenti delle gerarchie ecclesiali, a maggior ragione se di estrazione gesuitica. Tuttavia chi inveisce contro la speculazione dovrebbe considerare che tutti siamo in qualche misura speculatori.
Quando scegliamo un prodotto invece di un altro siamo speculatori. Quando andiamo a comprare un determinato bene in un certo negozio invece che in un altro siamo speculatori. E magari la nostra scelta contribuisce a determinare i profitti dell’uno e la chiusura dell’altro.
Utilizzando la stessa logica si potrebbe arrivare a sostenere che si sia “mangiato” il negoziante che ha chiuso i battenti perché si è preferito, per i propri obiettivi di profitto (che, come osservava Rothbard, è in primo luogo psichico) servirsi da un concorrente.
Non tutti gli speculatori sono angeli, ma neppure sono tutti demoni.
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