Cosa distingue le azioni dello Stato da quelle della criminalità organizzata? Michael Huemer riflette su questa domanda in uno dei libri di filosofia politica libertaria più interessanti degli ultimi anni: “Il problema dell’autorità politica” (editore Liberilibri).
Ora, grazie al pregevole lavoro di sintesi di Cristian Merlo, è possibile leggere quest’opera in forma condensata su Trame d’oro.
Ecco l’attacco fulminante: «Huemer comincia la sua dissertazione con una storia ipotetica, supponendo che un vicino si presenti a casa vostra e, con tono perentorio, vi intimi l’acquisto di un servizio di protezione costoso e obbligatorio. Nel caso rifiutaste l’offerta vi verranno recapitate delle lettere intimidatorie e, nel caso perseveraste nel vostro comportamento omissivo, seguiranno, di lì a poco, delle visite poco gradite. Il vicino minaccia, infatti, di farvi perseguitare da alcuni suoi scagnozzi, energumeni grandi e grossi in divisa, che non esiterebbero certo a neutralizzarvi pur di spillare i quattrini necessari alla copertura del preteso servizio di protezione, che obbligatoriamente vi si vuole imporre.
Cosa si dovrebbe pensare di una siffatta situazione? La risposta è sin troppo banale e scontata. Il vostro vicino, senza mezzi termini, sta integrando una serie di reati, aventi tutti rilevanza penale: essi vanno dall’estorsione alla rapina; dalla minaccia al sequestro di persona per scopo di estorsione, passando – nei casi più gravi – per la lesione personale.
Ed è a questo punto che l’autore ci pone di fronte ad un bivio, proponendoci un affascinante esperimento mentale: sostituite la parola “vicino” con la parola “Stato”; il concetto di “intimazione d’acquisto” con quello di “tassazione”; e la nozione di “minaccia di perseguire” con quella di “caccia agli evasori”. Ed il gioco è fatto. Ci ritroveremo al cospetto dell’unica agenzia monopolistica coercitiva che la stragrande maggioranza delle persone ritiene buona e giusta.
Le stesse azioni che vengono universalmente giudicate come inique ed immorali quando compiute da un individuo vengono ritenute, quasi universalmente, legittime se effettuate da un agente dello Stato. Perché? Quali sono i reali motivi e le ipotizzabili leve psicologiche sottesi a questa bizzarra logica? È a questi interrogativi che cerca di fornire una risposta plausibile e pertinente l’autore».
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