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Pensioni riformate più volte, ma resta sempre e solo uno schema ponzi

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di MATTEO CORSINI

Dopo essere stato sottosegretario a palazzo Chigi ai tempi del governo Renzi, Tommaso Nannicini sta per andare a trascorrere un anno come visiting professor nientemeno che ad Harvard. Pensare che c’è chi si indebita pesantemente per studiare in quell’università mi fa riflettere ancora di più quando leggo notizie come questa.

Intervistato dal Sole 24Ore, in merito alle pensioni per i giovani, Nannicini afferma: “C’è sicuramente il tema dell’adeguamento delle pensioni dei più giovani, i lavoratori che andranno in pensione tra 20 o 30 anni. La prima leva resta quella di creare lavoro. La seconda è un sistema di integrazione al minimo che ora non c’è per il sistema contributivo. Ossia un assegno di garanzia modulato sugli anni di contributi versati, riconoscendo anche i periodi spesi nella formazione. Un meccanismo che, oltre ad andare nella direzione dell’equità sociale e intra-generazionale, è anche un incentivo a lavorare e a versare contributi per le fasce più deboli. Anche questo, per il Pd, è prendersi cura del futuro.”

A mio parere quanto prospettato da Nannicini non è “prendersi cura del futuro”, bensì prendersi cura delle prossime elezioni, rendendo ancora più vicina l’implosione dello schema Ponzi alla base del sistema previdenziale. Ogni sistema a ripartizione, nel quale i soldi di chi paga oggi i contributi non sono investiti in un conto a lui intestato ma servono a finanziare gli assegni di chi è già in pensione, è destinato a implodere quando il rapporto di dipendenza, ossia quello tra chi paga e chi riscuote, si sbilancia per via dell’aumento dei secondi rispetto ai primi.

Che esista un problema in tal senso è evidente considerando le dinamiche demografiche, non solo in Italia. Dalle nostra parti il problema è reso più consistente dalla carenza di crescita economica e dalla maggior disoccupazione rispetto ad altri Paesi. Resta il fatto che ogni sistema a ripartizione è uno schema Ponzi. Lo è fin dall’inizio; lo è anche quando la popolazione aumenta rapidamente. Anzi, più sembra funzionare nelle fasi iniziali, più è destinato a fare danni in futuro, perché sono meno evidenti le sue caratteristiche di intrinseca insolvibilità.

Nannicini afferma che la “prima leva resta quella di creare lavoro”. Certamente un maggior tasso di occupazione aiuterebbe, ma il fatto è che il lavoro non si crea per decreto. Men che meno facendo assunzioni nel pubblico impiego, espandendo il perimetro dello Stato. Così si creano per lo più degli stipendi, pagati sottraendo risorse a chi le ha legittimamente prodotte.

Quando alla seconda leva, ossia “un sistema di integrazione al minimo che ora non c’è per il sistema contributivo. Ossia un assegno di garanzia modulato sugli anni di contributi versati, riconoscendo anche i periodi spesi nella formazione”, si tratterebbe di introdurre un floor di tipo retributivo in un sistema che è passato troppo lentamente al metodo contributivo. Qui il problema resta sempre quello dello schema Ponzi, che fra 20 o 30 anni dubito potrà ancora reggersi, a prescindere da quanto oggi sostengano i Nannicini di questo mondo.

Eviterei, poi, di parlare a sproposito di “equità sociale e intra-generazionale”, perché né l’una, né l’altra sono compatibili con un sistema pensionistico pubblico, a maggior ragione se a ripartizione. Per rimediare in parte al fatto che oggi un numero decrescente di persone paga per consentire all’Inps di erogare pensioni retributive per lo più eccedenti la loro copertura finanziaria, si ipotizza di scaricare il relativo onere su chi oggi è ancora molto giovane o non è neppure nato.

Negli ultimi 25 anni il sistema pensionistico pubblico è stato riformato a più riprese, lasciando però intatto lo schema (Ponzi) a ripartizione ed evitando di mettere in discussione la mancanza di copertura per gli assegni retributivi. Quello che propone Nannicini non solo non risolverebbe i problemi, ma è una autentica presa per i fondelli a danno di chi, a parole, si dice di voler tutelare.

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1 COMMENT

  1. Il sistema pensionistico del mondo occidentale, lanciato e definito dal New Deal di Roosevelt, è basato sulla allucinazione che tutti gli uomini hanno il “diritto” (entitlement in inglese) a vivere con il denaro pubblico ad una certa età. Questo è indispensabile a sfasciare l’istituto della famiglia, il sogno del socialismo, perché rende non necessaria la solidarietà inter-generazionale nella famiglia trasferendo sullo stato l’onere del mantenimento dei vecchi. Il problema è che sfasciando la famiglia gli occidentali hanno smesso di fare figli e oggi lo stato non riesce più a tenere in piedi la baracca.
    L’allucinazione comunque non vuole cedere e le nuove generazioni continuano a “credere” che qualcuno pagherà la loro pensione. Per questo si stanno inventando che gli immigrati gli pagheranno la pensione. Questo delirio non conosce alcun freno. Nulla sembra possa arrestare questa psicosi collettiva che si rifiuta di riconoscere la realtà.
    Prima o poi lo stato italiano dovrà dichiarare fallimento. Chi lo farà? Cosa succederà?
    Il nostro futuro è un buco nero.

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