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Fondatori: Gilberto Oneto, Leonardo Facco, Gianluca Marchi

Si accorgono che c’è voglia di libertà, ma ci scherzano sopra

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de IL TEMPO*

Volete rispondere soltanto alle vostre regole? Spezzare la spiacevole consuetudine del pagamento delle tasse? Tenere fuori dalla porta le ondate di migranti che premono ai confini? In sintesi volete essere, come recitava un vecchio slogan, padroni a casa vostra? Nessun problema, una soluzione (forse) c’è in quell’ atlante alternativo e un po’ scombiccherato che raccoglie le cosiddette micronazioni. Ministati nati grazie a rivendicazioni fulminee di isole, piattaforme marine o semplici scogli, o sfruttando qualche zona grigia del diritto. I nomi sono da libro d’avventura: Principato di Seborga, Isola delle Rose, Repubblica di Molossia, Liberland: realtà diverse ma accomunate dall’ossessione dell’indipendenza territoriale, politica e fiscale a tutti i costi. Ma anche dall’indifferenza delle nazioni “vere” che non le riconoscono e, talvolta, le osteggiano quando cominciano a rappresentare un problema.

Il caso più noto è quello di Sealand, piattaforma militare abbandonata nelle acque britanniche occupata nel ’67 dall’avventuriero Michael Bates. Un’utopia di libertà nata per trasmettere radio pirata e finita vendendo passaporti online come souvenir (pagando le tasse in Gran Bretagna). In Italia c’è stata la romagnola Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose», una sorta di palafitta costruita nell’Adriatico nel ’68 dall’ingegnere ex repubblichino Giorgio Rosa. «Fu buttata giù 55 giorni dopo la proclamazione – spiega Graziano Graziani, autore di “Atlante delle micronazioni” (Quodlibet Compagnia Extra, pp. 384) e autorità italiana in materia – L’Italia usò le maniere forti e fece valere il principio che in caso di emergenza si può raddoppiare l’area di controllo sulle acque territoriali».

Un caso di successo, al meno stando al suo fondatore, è Hutt River, fattoria australiana che ha dichiarato la secessione nel ’70. Il fattore che si fece re smise di pagare le tasse e grazie ad alcune lacune nella legge australiana pare che sia riuscito a ottenere un regime fiscale favorevole. Da quello che risulta, re Leonard I, al secolo Leonard Casley, le tasse le paga ma le chiama «regali» all’Australia. «Liberland nasce proprio per concretizzare un’idea radicale di libertà fiscale – continua Graziani – Un im prenditore ceco ha individuato e occupato un fazzoletto di terra tra Serbia e Croazia rimasto fuori dai trattati. Sognava la sovranità ma è stato sgomberato. Il progetto però è ancora in piedi. A disegnare la bandiera della micronazione è stato chiamato un italiano».

In effetti la solerzia degli stati “veri” appare motivata dalle tante truffe messe in piedi da sedicenti statarelli. Come il finto paradiso fiscale del Dominio di Melchizedek. Negli anni ’90 un americano mise in piedi una truffa ben riuscita vendendo titoli dista to e azioni di banche inesistenti.

Ma ci sarà pure il modo di fare la propria Brexit personale senza finire in galera o con una cartella esattoriale da infarto secco? «Senza contare i tentativi goliardici o di protesta politica, le rivendicazioni “serie” alla fine hanno fallito più o meno tutte, anche perché il diritto internazionale si è adeguato – spiega Graziani – Non basta mettere la bandiera su un atollo o uno speron di roccia. L’aggiornamento della legge del mare del ’98 stabilisce che tutto ciò che emerge appartiene al paese che ha sovranità sulla relativa placca terrestre. In pratica non c’ è scoglio nel mare che non appartenga a qualcuno. Però esistono altre opzioni. Ad esempio uno dei fondatori di PayPal, Peter Thiel, sta contruendo delle città fluttuanti (VEDI QUI), potenzialmente autonome perché nomadi e non collegate alla terra. Le micronazioni non sono riuscite finora a scardinare le barriere del diritto, ma questo progetto potrebbe ottenere dei risultati.

E poi c’è Asgardia». Si tratta del Regno Spaziale fondata dal magnate azero Igor Ashurbeyli, il quale ha lanciato una stazione orbitante che ambisce allo status di nazione. Attualmente è in corso la definizione della carta costituzionale, naturalmente online.

Il terzo esempio è italiano ed è quello del Regno dei Santi Pietro e Paolo, ordine filantropico che rivendica, carte bollate in pugno, lo status di autorità sovranazionale in virtù del pronunciamento nel 2010 di un tribunale araldico. Don Marcello Gentile, sovrano e gran maestro del – prendete fiato… – Sovrano Militare Ordine Ospedaliero degli Apostoli SS. Pietro e Paolo, invoca una extraterritorialità che si esprimerebbe, tra l’ altro, nella rivendicazione di una porzione di Antartide, in realtà contesa da molti. «Per vedere se questi casi recenti andranno lontano e riusciranno a conquistare una loro indipendenza bisogna solo aspettare – conclude Graziani – Le sortite di persone che hanno individuato un pezzo di terra, piantato la bandiera e detto: questo è uno stato indipendente, non hanno mai funzionato davvero».

La realtà è spietata. Per seguire la chimera della nazione a misura d’ uomo bisogna essere miliardari e costruire città galleggianti o stazioni spaziali. Oppure si può provare a piantare una tenda al Polo Sud.

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