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Pensioni, difficile dire chi dice più stupidaggini tra governo e sindacati

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di MATTEO CORSINI

Come è noto, i sindacati sono contrari all’adeguamento automatico (al rialzo) dell’età pensionabile previsto dalla normativa vigente. A sostegno di questa posizione c’è peraltro uno schieramento trasversale in Parlamento, con esponenti di punta (si fa per dire) i già ministri del lavoro Cesare Damiano e Maurizio Sacconi. Secondo i quali si potrebbe tranquillamente posticipare di qualche anno il ritocco dell’età pensionabile senza produrre effetti degni di nota sui conti dell’Inps.

I tre principali sindacati sottolineano chenon può scattare da qui ad un mese un automatismo per l’iniquità del sistema e perché sarebbe impossibile spiegare a lavoratrici e lavoratori che da una parte si dice di pensare ai giovani e dall’altra si allunga l’età in cui si va in pensione”.

In effetti mentre si pensa di rimandare l’adeguamento dell’età pensionabile, si vorrebbe anche introdurre una sorta di minimo per le pensioni contributive dei giovani di oggi. Di fatto reintroducendo nel calcolo dell’assegno pensionistico un elemento che nulla ha a che vedere con i contributi versati.

Il problema è duplice: da un lato, le proiezioni a lungo termine del Governo per stimare il rapporto tra spesa pensionistica e Pil sono tutt’altro che pessimistiche (per usare un eufemismo). Il che ha come conseguenza che, anche senza annacquare la normativa in vigore, la spesa potrebbe pesare in futuro (ben) più di quanto ipotizzato dal Governo. Dall’altro, pensare di fare un favore ai giovani non già abbassando tasse (a partire dai fondi pensione, al contrario di quanto fatto anche dall’autoproclamato riduttore di tasse, Matteo Renzi)) e contributi, bensì promettendo loro un assegno minimo che, come in ogni schema Ponzi, si dovrà sperare che sia pagato dai figli dei giovani di oggi, è una autentica presa per i fondelli.

Non a caso il Governo è più propenso a introdurre questa integrazione per i giovani di oggi, che avrebbe effetti sui già scassati conti previdenziali tra almeno due decenni, rispetto a posticipare l’aumento dell’età pensionabile, che avrebbe ricadute pressoché immediate.

Tutto molto cinico: una promessa che oggi non costa nulla e utile a portare qualche voto in più, nel caso ci fosse un numero di persone abbastanza stupide da ritenerla credibile. Ci penserà poi chi governerà tra molti anni a rimangiarsela. E’ davvero difficile stabilire chi è peggio tra governanti e sindacalisti.

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5 COMMENTS

  1. La Svizzera ha un sistema pensionistico privato, il Cile ha fatto recentemente il passaggio al sistema privato recentemente, senza tanti problemi. Più che continuare a discutere dell?inps e di come regolare le pensioni la soluzione è il passaggio al privato anche in Italia. Il motivo è duplice, il primo è che dovrebbe spettare al singolo individuo decidere se e quanto versare ogni anno durante il periodo lavorativo (prendiamo un artigiano: un anno le cose gli vanno bene e versa di più, l’anno dopo lavora poco e di conseguenza versa meno senza timore di cartelle, sanzioni, confisce, ecc.) e il singolo deve decidere a che età andare in pensione, consapevole che se va presto con pochi versamenti il suo assegno sarà basso e l’opposto al contrario. Chi fa lavori usuranti, chi perde il lavoro in tarda età andrebbe semplicemente in pensione all’eta che desidera.
    Il secondo motivo è di equità: vi sono pensioni che sono privilegiate, quelle d’oro, le baby pensioni, le pensioni sociali, le pensioni di postini e ferrovieri, quelle dei dipendenti pubblici, sono privilegiate nel senso che chi ne beneficia riceve più soldi di quanto ha versato. Ovviamente il prezzo da pagare sono che questi privilegi si pagano con le tasse (le pensioni sono una delle principali voci di spesa pubblica…) oppure opprimendo chi i contributi li ha sempre versati peggiorando le prestazioni erogate o ritardando l’età in cui si va in pensione (peggiorando così l’occupazione giovanile) Quello che non capisco è perché un pensionato d’oro abbia un dirittto acquisito e un commerciante che ha iniziato a pagare contributi con certe regole (in pesnsione con 40 anni di contributi e dopo i 60 anni) invece non abbia il diritto di vedere confermati i diritti con cui aveva iniziato a pagare.
    Un altra cosa strana per me è l’obbligatorietà dell’Inps o delle casse private per gli Ordini professionali e non sia consentito di sceglete tra più fondi pensioni, in base alle regole e alle prestazioni e ai rendimenti ottenuti. Probabilmente perché i soldi versati con i contributi non vengono accantonati e investiti ma immediatamente spesi per le pensioni in essere magari anche di chi non ne ha diritto perché non ha versato nulla, un sistema Ponzi per l’appunto, ma allora siamo in presenza di una truffa e qualcuno dovrebbe finire in galera….

    • Lei pensa davvero che un sistema pensionistico privato con l’attuale volatilità dei mercati e dopo gli enormi danni ai fondi pensione (es. quelli della General Motors)e per di più in un regime a tassi negativi possa dare pensioni decenti dopo oltre 40 anni di versamenti ? Il sistema cileno data dalla presa del potere dei generali e significò anche il passaggio dal retributivo al sistema contributivo. Per tutti? Certo ma non per i militari. Il sistema cileno è controllato da tre fondi privati americani che reinvestono in pensioni il 30 % appena del loro budget ed è basato su un ritorno medio del 60%-70 % dello stipendio minimo pari a 385 $ .Quest’anno c’è stata una diminuzione delle pensioni (circa 350 $ le minime) del 3%.

    • Lei ha ragioni da vendere, ma pensa davvero che le cose in italia possano cambiare? Purtroppo hanno già depredato tutto, i prossimi passi saranno solo aumenti di tasse e imposte di successione.

      • Quello che accade in Italia ci deve interessare relativamente, per lo meno solo fino all’indipendenza. Il problema del sistema previdenziale italiano è che è destinato a saltare appena andranno in pensione quelli nati nel baby boom della metà degli anni sessanta.
        Ma torniamo al punto: siamo qui perché desideriamo l’indipendenza della nostra terra, non un misero federalismo e neppure un ridicolo federalismo fiscale ma solidale, l’indipendenza.
        Uno degli argomenti usati da Madrid contro l’indipendenza catalana è che nessuno avrebbe più pagato le loro pensioni.
        Andiamo al futuro, che spero breve, la Padania è finalmente indipendente.
        C’è un accordo con l’Italia? Bene, e chi pagherà le nostre pensioni? l’inps che campa con i contributi dei lavoratori in Padania? Non credo proprio. Chiedermo indietro all’Italia i soldi versati in questi anni dai padani? Non li hanno quei soldi e visto che campano alle nostre spalle dopo l’indipendenza ne avranno meno di adesso.
        Continuaimo con lo schema Ponzi per cui chi lavora paga le pensioni a chi si è già ritirato? In una situazione di detanalità non si può fare.
        Rimangono solo queste soluzioni: tassare maggiormente tutti i padani maggiormente per pagare le pensioni, stampare denato per pagare le pensioni oppure, e a mio avviso l’unica praticabile, si parte fin da adesso con la privatizzazione delle pensioni, ognuno riceve indietro quanto versato rivalutato e maggiorato del rendimento dell’inevstimento, prende il denaro e lo porta ad un fondo pensione, chi lavora inizia a versare nel fondo pensione di sua scelta.
        Inoltre in una realtà in cui uno fa un lavoro dipendente, poi autonomo, poi autonomo iscritto a cassa privata, poi nuovamente dipendente (per esempio) a me pare lapalissiano che non si può contunuare a versare all’Inps, Inps gestione separata, cassa professionale e poi avere problemi di ricongiunzione, totalizzazione, ecc si versa fin da subito in una cassa pensionistica.

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