L’introduzione dell’obbligo di utilizzo di sacchetti biodegradabili e del divieto di distribuirli gratuitamente è uno dei tanti esempi di quanto possa essere deleteria l’intromissione dello Stato quando pretende di fare del bene, in questo caso all’ambiente.
E’ certamente vero che la spesa pro capite annua non sarà proibitiva, ma una scemenza illiberale resta tale anche se ha un impatto economico limitato sui singoli consumatori.
A fronte delle perplessità diffuse presso chi dovrà utilizzarli e pagarli, Matteo Renzi, temendo di perdere altri consensi in vista delle elezioni del 4 marzo, si è affrettato a usare il classico “ce lo chiede l’Europa”, trattandosi in effetti del recepimento di una delle tante direttive europee. Ciò che Renzi omette di dire è che quella direttiva non imponeva nulla in merito ai sacchetti leggeri, che sono poi quelli che sono al centro della polemica in Italia. Infatti è specificato che “Gli Stati membri possono scegliere di esonerare le borse di plastica con uno spessore inferiore a 15 micron fornite come imballaggio primario per prodotti alimentari sfusi”.
Ed è una specificità italiana l’obbligo di farli pagare. Si noti che sacchetti di quel materiale sono già diffusi da anni e, generalmente, sono distribuiti gratuitamente. In altre parole, il mercato funzionava già.
Per di più, come nota Jacopo Giliberto sul Sole 24Ore, “le bioplastiche diventano poco biodegradabili nell’acqua fredda e salata, dove invece hanno dato ottimi risultati i polidrossialcanoati Pha di cui è fortissima una piccola azienda italiana poco nota, la Bio-On.” Peccato che non sia biodegradabile l’azione dello Stato.