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Mises, l’economista inesistente per il sole 24 ore

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di MATTEO CORSINI

Ogni mercoledì la corrispondenza con i lettori del Sole 24 Ore è curata da Fabrizio Galimberti. Qualche tempo fa, commentando un suo articolo sull’assegnazione del premio Nobel per l’economia a Richard Thaler, scrive un lettore: “Mi sembra che l’economia stia in un certo qual modo venendo alle stesse conclusioni di Ludwig Von Mises, sull’azione umana. Stiamo spostando l’economia dalla matematica alla psicologia, un cambiamento che forse abbiamo tardato troppo a intraprendere”.

Se è vero che molte delle critiche al razionalismo dell’homo oeconomicus sono state sviluppate, tra gli altri, proprio da Mises ben prima che dalle persone a cui negli ultimi anni è stato attribuito il premio Nobel, è altrettanto vero che Mises stesso era critico nei confronti dei “comportamentalisti” della sua epoca. Costoro, infatti, sostenevano (e lo fanno ancora oggi) che l’uomo agisca spesso irrazionalmente, di qui l’idea che si debba fare qualcosa per correggerne l’irrazionalità. E a fare qualcosa si suppone debba essere lo Stato.

Al contrario, secondo Mises l’azione cosciente è razionale e l’uomo agisce per rimuovere uno stato di insoddisfazione. Non esiste una azione che sia oggettivamente razionale per tutti, proprio perché l’utilità è soggettiva e cambia anche per lo stesso individuo in circostanze diverse. Ogni azione cosciente è quindi razionale, anche qualora l’individuo agente ritenga ex post di aver sbagliato.

In sostanza, l’individuo è molto meno stereotipabile non solo di come è rappresentato nell’economia neoclassica, bensì anche di come lo descrivono i comportamentalisti.

Ciò detto, se qualcuno si aspettava un accenno a Mises nella risposta di Galimberti, ovviamente si sbagliava. E chi è andato a pescare il nostro? Ovviamente il suo punto di riferimento, ossia Keynes. Non sarà irrazionale, ma un disco rotto sì.

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