Come sempre dopo un periodo piuttosto lungo di bassa volatilità, l’arrivo di una correzione degli indici azionari è l’occasione per leggere giustificazioni ex post e previsioni sul futuro più o meno distante che destano perplessità. Il Sole 24Ore pubblica un articolo di Marco Giorgino, docente universitario, che sostiene, tra le altre cose: “L’«era» Yellen ha consentito di accompagnare la politica monetaria statunitense da una fase di stimoli straordinari, in particolare costruiti sul quantitative easing e su tassi di interesse vicini allo zero, ad una fase di maggiore normalizzazione.”
A mio parere si sta ripetendo con Yellen lo stesso errore di quando Alan Greenspan terminò il suo (peraltro molto più lungo) mandato alla guida della Fed. Lo chiamavano “maestro”, ma dopo lo scoppio della bolla e la crisi di dieci anni fa passò dalle stelle alle stalle.
Erano una netta minoranza (per lo più economisti di scuola austriaca) coloro che ne critivavano l’operato quando era in carica. Memorabile l’articolo del 1987 (quando iniziò l’era Greenspan alla Fed) di Murray Rothbard: “Alan Greenspan: A Minority Report”.
Yellen ha semplicemente continuato ad adottare una politica monetaria troppo espansiva e troppo a lungo, rendendo così ancora più complicato il percorso di normalizzazione, ammesso che di normalizzazione si possa parlare (già il suo predecessore, Ben Bernanke, le aveva lasciato una patata bollente).
Quando i nodi arriveranno al pettine, perché prima o poi ci arrivano sempre, sarebbe bene non dimenticare cosa fu fatto (o non fatto) quando le cose sembrava che andassero a gonfie vele.
Prosegue Giorgino: “La prospettiva del rialzo dei tassi di interesse ha creato però preoccupazione e una correzione al ribasso dei corsi azionari, sia perché a tassi di interesse più alti vi è una revisione del valore dei titoli sia perché l’aumento dei tassi può avere ripercussioni importanti sul mercato del debito, sul fronte degli emittenti che potrebbero avere meno capacità di remunerazione e rimborso e sul fronte degli investitori che vedrebbero ridurre il valore del proprio investimento.”
Chi si aspettasse una critica al fatto che i tassi sono stati mantenuti troppo bassi e troppo a lungo, rimarrebbe però deluso. Secondo Giorgino “non si può omettere di considerare i fondamentali dell’economia e delle imprese e delle loro relazioni con i prezzi dei titoli. I prezzi sono cresciuti molto e con essi i multipli di borsa sia sugli utili sia sui valori patrimoniali. Ma non si può non considerare come siano cresciuti moltissimo i risultati fondamentali delle società e anche l’ultimo trimestre 2017 conferma questa tendenza. L’analisi fondamentale rimane importante nella valutazione delle strategie di investimento di medio lungo termine anche se essa si deve confrontare con un’operatività, sempre più frequente, alimentata da meccanismi di trading automatico che spesso amplificano, in positivo e, negli ultimi giorni, in negativo, l’andamento dei mercati.”
Lasciando da parte la questione del trading algoritmico, il problema che pare non sfiorare i pensieri di Giorgino riguarda proprio l’analisi fondamentale. Se i fattori essenziali, ossia i tassi di interesse, sono pesantemente distorti, l’analisi fondamentale restituisce valutazioni altrettanto distorte.
In altri termini, proprio perché “l’aumento dei tassi può avere ripercussioni importanti sul mercato del debito”, i fondamentali che adesso sembrano solidi potrebbero rivelarsi precari. Un aumento del costo del debito ridurrebbe gli utili delle società, soprattutto laddove fossero a leva elevata. Talvolta gli utili diventerebbero perdite, e addio fondamentali solidi.
In definitiva, la distorsione provocata dalla politica monetaria nella struttura dei tassi di interesse ha ripercussioni sul valore attuale di tutti gli investimenti, falsandoli. Purtroppo non è semplice stimare quali sarebbero i tassi di interesse in assenza di distorsioni, ma credo sia prudente quanto meno stressare le analisi considerando in input un livello ben superiore a quello attuale, prima di concludere che le cose vanno bene.
Il mondo scricchiola sotto il peso degli errori e degli abusi di politica monetaria.